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Papa Francesco in Romania, il nunzio: “Viene in una Romania più aperta”

Arcivescovo Miguel Maury Buendia | L'arcivescovo Miguel Maury Buendia, dal 2015 nunzio in Romania | Gianluca Teseo / ACI Group Arcivescovo Miguel Maury Buendia | L'arcivescovo Miguel Maury Buendia, dal 2015 nunzio in Romania | Gianluca Teseo / ACI Group

È una Romania che vive ancora le ferite del passato, ma che è sicuramente più aperta d quella che visitò San Giovanni Paolo II. E Papa Francesco la visiterà in maniera estesa, sottolinea l’arcivescovo Miguel Maury Buendia, che è nunzio apostolico in Romania dal 2015.

In questa intervista con ACI Stampa, l’ “ambasciatore del Papa” nel Paese guarda alle sfide con uno sguardo di speranza, certo che il viaggio di Papa Francesco possa davvero smuovere qualcosa in una nazione che, dopo 30 anni, ancora vive le ferite e le divisioni del comunismo.

Quanta è l’attesa per la visita di Papa Francesco?

C’è una grande aspettativa, non solo da parte della comunità cattolica, ma di tutti i romeni. San Giovanni Paolo II è venuto proprio venti anni fa ed era la prima vola che un Papa faceva visita ad un Paese a maggioranza ortodossa, facendo di questo viaggio un viaggio storico. Tra l’altro, la Romania ancora bussava alla porta dell’Europa e voleva entrare. Ma in questi venti anni si è fatto un grande percorso.

Quale è stato il percorso?

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Non solo la Romania è entrata in Europa, ma quest’anno ha avuto un semestre di presidenza della comunità europea, che si chiude praticamente proprio durante la visita di Papa Francesco. C’è speranza che il Papa rivolga dalla Romania una parola a tutta l’Europa. Anche questo è un evento da sottolineare. Venti anni fa, la Romania era un Paese chiuso, che usciva dal comunismo. I romeni non avevano grande esperienza del resto del mondo. In questi venti anni, però, milioni di romeni hanno dovuto abbandonare il Paese. E fuori dalla Romania hanno conosciuto la Chiesa cattolica come è, non come veniva raccontata in epoca comunista. Tornando, hanno avuto una immagine diversa. Hanno ora un approccio diverso, una maggiore conoscenza del Papa. Possiamo dunque dire che Papa Francesco viene a visitare una Romania più aperta, più formata. Un Paese che si può definire pienamente europeo, sebbene ci siano ancora settori rurali che devono essere sviluppati.

Come sarà il viaggio?

Torniamo a quel viaggio di venti anni fa: San Giovanni Paolo II poté visitare solo Bucarest, ma la comunità cattolica che vive in Romania da secoli, nelle diverse regioni, era rimasta delusa di non essere visitata dal successore di Pietro. Papa Francesco vuole supplire a questa mancanza. Sarà la prima volta che un Papa andrà in Moldova e la prima volta che un Papa va in Transilvania. Non solo: il Papa viista le diverse comunità cattoliche, dai greco cattolici di Blaj ai siculi-ungheresi di Sumuleu Ciuc. Per questo si tratterà di un viaggio esteso nel Paese. Doverosamente, poi, Papa Francesco incontrerà il Patriarca Daniel, pregherà con lui il Padre Nostro nella nuova e grande cattedrale che ancora non è finita. E primo donatore per la costruzione di quella cattedrale fu Giovanni Paolo II. In fondo, alle volte dovremmo sottolineare più quello che ci unisce da quello che ci separa.

Si riferisce anche alle ferite tra cattolici e ortodossi, rimaste vive dai tempi del comunismo…

Ogni Paese e ogni cultura ha i suoi tempi. In Romania, ci sono ancora alcuni capitoli aperti, non chiusi, e c’è bisogno che passino generazioni prima di poter guarire le ferite che restano aperte a lungo. Certamente, tutti hanno sofferto la persecuzione del comunismo.

Come sono le relazioni tra Santa Sede e Romania?

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Abbiamo un rapporto buono, diplomaticamente normale. Come tradizione, il nunzio è decano del corpo diplomatico e rappresenta il Papa presso lo Stato e la Chiesa cattolica, ma anche presso gli altri credenti. C’è un dialogo con gli ortodossi, con i protestanti. Ci sono temi aperti che sono oggetto di trattative, e ci vorrà molto tempo per risolverli. Sono soprattutto questioni di proprietà e di restituzione di proprietà. Sono questioni giuridiche, con molte sfumature. Non basta la volontà a politica a risolverli. Eppure, c’è un grande spirito di collaborazione. Ho potuto sperimentare, nella preparazione della visita del Santo Padre, una disponibilità straordinaria a lavorare insieme e cooperare per la riuscita della visita da parte di diversi settori della società che normalmente non hanno un grande rapporto con la Chiesa cattolica. La visita di Papa Francesco ci sta aiutando a lavorare tutti insieme. Non è poco. Possiamo dunque aspettarci anche frutti di unità.

E quanto ci vorrà per questi frutti?

Io sono un uomo credente, quindi so che anche il Signore si serve di queste cose per mandare il suo spirito, per dare la sua pace. Sono sicuro che ci saranno tanti frutti spirituali, che la gente nemmeno osa pensare. Questi frutti sono quelli che meno si vedono, ma quelli che contano più per la salvezza di ogni persona. Sono questi i frutti che veramente contano.