Erbil , domenica, 7. marzo, 2021 11:00 (ACI Stampa).
L’incontro tra Papa Francesco il Grande Ayatollah al Sistani non ha portato alla firma di un nuovo documento della Fraternità Universale, come era successo ad Abu Dhabi. Ma ha portato di certo alla proclamazione di una “Giornata Nazionale della Tolleranza e della Coesistenza in Iraq”, annunciato da un tweet nella giornata di ieri dal Primo Ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi. E c’è già un logo per la giornata, disegnato da Chocolate Sarayi, che sarà celebrata dal prossimo anno.
Così, come il documento di Abu Dhabi ha portato alla celebrazione di una Giornata della Fraternità che è poi diventato un appuntamento nazionale delle Nazioni Unite, così dà luogo ad una celebrazione nazionale anche la giornata del dialogo del breve viaggio di Papa Francesco in Iraq, caratterizzata dall’incontro con al Sistani, ma anche dall’incontro interreligioso nella piana di Ur da dove Abramo partì per la terra promessa.
“Una giornata storica”, ha detto il premier al Khadimi. Una giornata cominciata con Papa Francesco che ha percorso a piedi una stretta strada di Najaf per arrivare alla residenza del Grande Ayatollah Al Sistani. Il 90enne leader dell’Islam sciita, ascoltatissimo in Iraq e nel mondo, portavoce di una visione “quietista” della religione, si è alzato in piedi per accogliere il Papa, lui che, a motivo della sua autorità, riceve ogni ospite da seduto. Il Papa ha tolto le scarpe in segno di rispetto, alla maniera araba.
Quindi, davanti alla ziggurat antica di 6 mila anni della piana di Ur, Abramo, Isacco e Ismaele si sono riuniti per dar luogo ad una preghiera per la pace, un evento che ha importanza specialmente in un Iraq diviso in maniera settaria. La comunità ebraica è piccolissima, e non era presente per questo, e anche perché non hanno un leader di riferimento, o perlomeno così è stato spiegato. Ma c’era tutta l’intenzione di includere tutti. Lo voleva il Patriarcato Caldeo, che ha organizzato gran parte della visita, ma anche il governo di Iraq voleva dare un messaggio: nei suoi incontri con Papa Francesco, il presidente Barham Salih aveva sempre parlato di coesistenza, soprattutto per chiedere un ritorno dei cristiani nella regione. Non solo. C’è bisogno anche di riguadagnare un credito internazionale, e il dialogo e la fraternità sono una chiave per trovare un nuovo protagonismo, come è successo per gli Emirati Arabi Uniti, in tutto il percorso che ha portato alla Dichiarazione di Abu Dhabi, e ora con il comitato internazionale che punta a costruire un Abrahamic Family House ad Abu Dhabi.
Non è un caso che il presidente Salih, introducendo il Papa di fronte a diplomatici e società civile di Iraq, si è augurato “che venga portata avanti l’iniziativa per istituire la ‘Casa di Abramo per il dialogo religioso’ e che sia istituita la conferenza o il simposio permanente per il dialogo, sotto la supervisione dei delegati del Vaticano, di Najaf, di Al-Azhar, di Zaytuna e dei principali centri religiosi che ricercano la storia comune e multiforme alla luce degli oggetti sacri e del patrimonio cuneiforme”. È una chiamata al non isolamento, e anche al dialogo con mondo islamico sunnita. Perché, come ha spiegato più volte padre Samir Khalil Samir, il fenomeno dell’ISIS nasce come una guerra interna, un conflitto che poi è andato a toccare i cristiani.