Per Papa Francesco si tratta di “precisazioni necessarie” di fronte a “certe opinioni sprezzanti e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica”.
Quella del Papa è un’analisi senza possibilità di appello. Papa Francesco definisce anche il problema del nuovo paradigma tecnocratico, sottolinea che “l’intelligenza artificiale e i recenti sviluppi tecnologici si basano sull’idea di un essere umano senza limiti, le cui capacità e possibilità si potrebbero estendere all’infinito grazie alla tecnologia”, afferma che “vi sono stati momenti della storia in cui l’ammirazione per il progresso non ci ha permesso di vedere l’orrore dei suoi effetti”.
Per il Papa, l’essere umano deve essere “parte della natura”, perché “la vita, l’intelligenza e la libertà dell’uomo sono inserite nella natura che arricchisce il nostro pianeta e fanno parte delle sue forze interne e del suo equilibrio”. Invece, denuncia Papa Francesco, “la decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi”. E così vengono promossi, dice ancora il Papa, progetti a forte impatto inquinante con l’illusione del progresso e delle nuove opportunità economiche e occupazionali, senza dire che invece lo stesso progetto porterà “una terra devastata, condizioni molto più sfavorevoli per vivere e prosperare, una regione desolata, meno abitabile, senza vita e senza la gioia della convivenza e della speranza; oltre al danno globale che finisce per nuocere a molti altri”.
Presentando questo scenario apocalittico, il Papa mette in luce anche le idee a suo dire sbagliate della “cosiddetta meritocrazia”, diventata piuttosto un “meritato potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo. Un conto, spiega, è un sano approccio al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, la meritocrazia diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere”.
Come uscire da questa situazione? Papa Francesco propone – ma questo è da diversi anni un tema della Santa Sede – una nuova architettura multilaterale, che “non dipende dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi e che abbia un’efficacia stabile”. Un multilateralismo dal basso, favorito anche dalla cultura postmoderna che “ha generato una nuova sensibilità nei confronti di chi è più debole e meno dotato di potere”.
In questo nuovo multilateralismo, “l’etica” deve prevalere “sugli interessi locali e contingenti”, ma senza “sostituire la politica” perché “d’altra parte le potenze emergenti stanno diventando sempre più rilevanti e sono di fatto in grado di ottenere risultati importanti nella risoluzione di problemi concreti, come alcune di esse hanno dimostrato nella pandemia”.
Papa Francesco sottolinea anche che è necessaria “la vecchia diplomazia”, oggi in crisi, e serve un “un modello di diplomazia multilaterale che risponda alla nuova configurazione del mondo”, così come è “necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace”, reagendo con “meccanismi globali alle sfide “ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune”.
Ci vogliono soprattutto “regole universali ed efficienti”, ed “una nuova procedura per il processo decisionale e per la legittimazione di tali decisioni”, con una sorta di “maggiore democratizzzazione della sfera globale”, in quanto – secondo Papa Francesco – “non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti”.
Quindi, Papa Francesco guarda alla COP28 degli Emirati Arabi Uniti, sottolinea che “se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare che la COP28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente”.
Insomma, la COP28 “può essere un punto di svolta”, ma solo a patto che si ponga termine “all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, ‘verde’, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti”. Il Papa, pur non appoggiando i gruppi di pressione, nota che alla fine questi occupano uno spazio che invece dovrebbe essere di famiglie ed istituzioni.
Solo a partire dal punto 61, il Papa dà una giustificazione teologica del suo impegno. Ricorda che “Dio ci ha uniti a tutte le sue creature” e che “la visione giudaico-cristiana del mondo sostiene il valore peculiare e centrale dell’essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri”, e che dunque va riconosciuto che “la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature”.
Alla fine, Papa Francesco invita a “mettere fine all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato”, e invece chiede di “ripensare noi stessi per comprenderci in una maniera più umile e più ricca”.
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