Papa Francesco ammonisce che “la pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale”, mentre si possono ottenere solo con “un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità dell’intera famiglia umana di oggi e domani”.
Da Nagasaki, Papa Francesco lancia un monito contro la “corsa agli armamenti”, afferma che “i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere armi, sempre più distruttive, sono un attentato continuo che grida al cielo” di fronte a milioni di bambini e famiglie che vivono in condizioni disumane.
Papa Francesco chiede la cooperazione di tutti (dagli Stati alle persone, dalle comunità religiose alle comunità civili) per trasformare l’ideale di “un mondo in pace libero di armi nucleari”, con una risposta “collettiva e concertata, basata sull’ardua ma costante costruzione di una fiducia reciproca che spezzi la dinamica di diffidenza attualmente prevalente”.
È la sfiducia, afferma Papa Francesco, che fa correre il “rischio di arrivare allo smantellamento dell’architettura internazionale di controllo degli armamenti”.
Papa Francesco denuncia una “erosione del multilateralismo, ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi”, e questo è un approccio che “appare incoerente nell’attuale contesto segnato dall’interconnessione”.
Papa Francesco ribadisce quindi l’impegno della Chiesa per la pace, un “obbligo davanti a Dio”, e il lavoro della Santa Sede per sostenere “i principali strumenti giuridici internazionali di disarmo e non proliferazione nucleare, compreso il divieto sul trattato nucleare”. Come è noto, la Santa Sede ha votato il trattato alle Nazioni Unite, comportandosi, per la prima volta nella sua storia da Osservatore nell’organizzazione, alla stregua di un Paese membro.
Tra gli impegni della Chiesa, Papa Francesco ricorda l’appello dei vescovi del Giappone dello scorso luglio per l’abolizione delle armi nucleari, e i dieci giorni per la pace celebrati ogni mese di agosto dalla Chiesa Giapponese.
“Possano – dice Papa Francesco - la preghiera, la ricerca instancabile per la promozione di accordi, l’insistenza sul dialogo essere le ‘armi’ in cui riponiamo la nostra fiducia e anche la fonte di ispirazione degli sforzi per costruire un mondo di giustizia e solidarietà che fornisca reali garanzie per la pace”.
Papa Francesco si appella quindi a leader politici di non dimenticare che le armi nucleari “non ci difendono dalle minacce alla sicurezza nazionale e internazionale del nostro tempo”, hanno un “impatto catastrofico dal punto di vista umanitario e ambientale”, mentre le dottrine nucleari creano “un clima di paura, diffidenza e ostilità”, nonché mettono a rischio il pianeta, tanto che questo richiede “una seria riflessione su come tutte queste risorse potrebbero essere utilizzate”.
Papa Francesco riprende la proposta di Paolo VI di un fondo mondiale per i diseredati alimentato con una parte di spese militare (ne aveva già parlato nel suo discorso all’IFAD lo scorso 14 febbraio), definisce “cruciale creare strumenti che garantiscono la fiducia e sviluppo reciproco”, nonché poter contare “su leader che siano all’altezza delle circostanze”.
Nessuno può essere indifferente, nessuno “può essere cieco davanti alle rovine di una cultura incapace di dialogare”, e per questo Papa Francesco chiede a tutti di pregare ogni giorno “per la conversione delle coscienze e per il trionfo di una cultura della vita, della riconciliazione e della fraternità.”, e in particolare di una fraternità che “sappia riconoscere e garantire le differenze nella ricerca di un destino comune”.
E quindi, Papa Francesco prega con la preghiera semplice attribuita a San Francesco d’Assisi (in realtà nata in ambiente francese nel 1912) e chiede di confidare in Dio, perché ci insegni ad essere strumenti efficaci di pace e a lavorare per non commettere gli stessi errori del passato.
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