Rouen , martedì, 28. luglio, 2020 14:00 (ACI Stampa).
“Sono il vescovo di padre Hamel”: Si presenta così l’arcivescovo Dominique Lebrun di Rouen, a chi gli chiede della sua diocesi. E tutti comprendono. Succede dal 26 luglio 2016, quando padre Jacques Hamel, 85 anni, fu ucciso da due giovani militanti islamici, sgozzato durante la celebrazione della Messa. Non è morto senza ragione, padre Jacques. Ora, c’è un processo di beatificazione in corso, di cui si è conclusa la fase diocesana. Ma, soprattutto, ci sono migliaia di pellegrini che giungono ogni anno a Rouen, alla chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, dove il sacerdote è stato ucciso.
È lì che lo scorso 26 luglio, per il quarto anno dalla morte del sacerdote, c’è stata una marcia silenziosa, e poi una cerimonia di commemorazione e infine una Messa. Alla cerimonia, c’erano l’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza Episcopale Francese, e Il ministro degli Interni Gerald Darmanin, che ha nel suo “portafoglio” anche le competenze per il culto.
Nel suo discorso, l’arcivescovo Moulins de Beaufort ha voluto ricordare i mesi di “storie di misfatti e di crimini erano usciti dalla parte, ma non erano state viste, non guardate o trattate come tali, mentre la Francia scopriva con stupore che c’erano anche violenti nel suo cuore”.
Prima dell’assassinio di Padre Hamel, in effetti, in Francia c’era stata una escalation di attacchi alle chiese e persino ai siti internet delle parrocchie, un clima di violenza crescente che sembra essere diventato la norma nella “Figlia primogenita” della Chiesa che pure lascia passare tutto nell’indifferenza. Proprio il ministero dell’Interno ha contato quasi mille attacchi anticristiani nel 2019, e quasi altrettanti nel 2018.
Per il presidente della Conferenza Episcopale Francese, padre Hamel è stato “il volto di tanti buoni sacerdoti, che servivano come dovevano servire, senza farsi notare, portando molta consolazione, speranza, fiducia nei piccoli o grandi drammi della vita”.