Città del Vaticano , martedì, 11. aprile, 2023 12:30 (ACI Stampa).
L’11 aprile 1963 era un Giovedì Santo, e fu in quel giorno che Giovanni XXIII volle simbolicamente firmare la Pacem In Terris, la sua ottava e ultima enciclica. Gli era stato diagnosticato un tumore qualche tempo prima, morì poco dopo, e quella enciclica è rimasta come uno dei testamenti spirituali di Giovanni XXIII. E, sessanta anni dopo, la Pacem In Terris è ancora profondamente attuale, nonostante il mondo sia cambiato profondamente in tutto questo tempo.
Giovanni XXIII aveva scritto l’enciclica a seguito della crisi dei missili di Cuba, quando il mondo fu sull’orlo della guerra nucleare. Era una enciclica che nasceva dalla volontà di dare delle fondamenta alla pace, e che spiegava come la pace non poteva nascere solo dal negoziato, né dagli equilibri contrapposti. La pace poteva esserci solo se gli esseri umani avessero riconosciuto l’ordine divino proveniente da Dio, perché solo quest’ordine divino permetteva all’uomo di realizzarsi al massimo delle sue aspirazioni. Si parla, da allora, di “sviluppo umano integrale”, che è un tema costante dell’enciclica.
Ogni capitolo dell’enciclica comincia proprio con una dichiarazione riguardava le aspirazioni degli uomini, alla pace, alla dignità, alla libertà. La Pacem In Terris definisce i diritti dell’uomo, e li collega ad altrettanti doveri, ma tutto è letto alla luce della rivoluzione divina. Perché, come spiegava Giovanni XXIII, “se si considera la dignità della persona umana alla luce della rivelazione divina, allora essa apparirà incomparabilmente più grande, poiché gli uomini sono stati redenti dal sangue di Gesù Cristo”.
L’enciclica è il primo riconoscimento formale dei diritti umani, ma lo fa attraverso una prospettiva cristiana. Non c’è spazio per i cosiddetti “nuovi diritti”, perché i diritti di cui parla l’enciclica sono radicati nel cuore dell’uomo, ma c’è invece necessità di portare avanti i diritti della persona umana, perché questa possa svilupparsi davvero in maniera “integrale”.
Tra questi diritti, c’è quello della “libertà della ricerca del vero, della manifestazione del pensiero e nella sua diffusione”, il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza, il diritto al culto di Dio privato e pubblico. È la questione della libertà religiosa, legata indissolubilmente alla libertà di coscienza (e il tema dell’obiezione di coscienza è fondamentale).