Etchmiadzin , mercoledì, 18. novembre, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Il primo katholikos di Armenia fu San Giuda Taddeo. E il suo discepolo Dadi fu colui che andò ad evangelizzare l’Armenia orientale. Fu così che cominciò a delinarsi la prima nazione cristiana. Le reliquie di San Dadi sono ora nel monastero di Dadivank, nella regione di Karvacar. E questa regione entrerà sotto il controllo azero. Il monastero resterà così isolato, visibile agli occhi, ma difficile da raggiungere per la popolazione armena. Un po’ come l’Ararat, un segno ulteriore del paradosso di cui vive il popolo armeno.
È ancora tutto da definire, dopo l’accordo di pace che ha portato al cessate il fuoco del conflitto in Nagorno Kharabak, o Artsakh, come la regione viene chiamata in lingua armena. In cento anni, da quando Stalin consegnò la regione all’Azerbaijan, moltissimi manufatti e monumenti della presenza armena, e dunque cristiana, nel territorio sono stati distrutti o rovinati, tanto che si parla di un vero e proprio genocidio culturale. Nel 1994, alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la regione proclamò l’indipendenza, e si costituì in uno Stato con capitale Stepanakert. Da allora, i conflitti, caldi e freddi, si sono succeduti nella zona, fino all’ultimo, durato 40 giorni, che si è risolto in un accordo “doloroso” per l’Armenia, costretta a cedere territori e ad arrendersi di fronte al ben equipaggiato esercito azero, supportato dalla Turchia e, è stato denunciato, anche rimpolpato da mercenari Daesh.
Tra questi territori da cedere, c’è anche la zona di Karvacar. Negli scorsi giorni, a centinaia sono andati a rendere l’ultimo tributo al monastero, mentre alcuni addirittura hanno bruciato le loro case per non permettere agli azeri di occuparle successivamente. L’abate del monastero, padre Yovhannes, ha già fatto sapere che rimarrà nel monastero, insieme ai monaci, succeda quel che succeda. E ha mostrato orgogliosamente alle troupe di giornalisti andati a documentare quella che in Armenia viene definita come una “catastrofe” i khachkar, le tipiche croci di pietra armene, da lui recuperati e ripuliti, quando il monastero poté essere abitato di nuovo, dopo anni di abbandono. Quei khachkar dovevano essere destinati a un luogo sicuro, per paura che fossero distrutti. Sono per ora rimasti dove erano, perché sembra che il monastero sarà protetto dalle forze di pace russe. Sembra.
“Secondo l’accordo congiunto tra leader russi, armeni e azeri – dice ad ACI Stampa padre Shahe Ananyan, portavoce della Chiesa Apostolica Armena – è purtroppo chiaro che la regione di Karvacar, dove si trova il monastero di Dadivank, sarà ceduta all’Azerbaijan. L’accordo non include in alcun punto il futuro status dei monasteri e delle chiese nel territorio. Rimarranno alcuni monaci e sacerdoti, che assicureranno la continuità della preghiera. Sarà certamente un tema speciale durante i negoziati diplomatici, se consideriamo le informazioni ufficiali e non ufficiali che trapelano”.
Il monastero resta un simbolo di incertezza in tutta l’area, perché tutti gli edifici cristiani sono a rischio. Padre Ananyan denuncia che “dopo l’accordo, sono apparse immagini e video che attestano la profanazione della Chiesa del Salvatore di Shushi e di altre chiese e santuari dell’Artsakh. Siamo rattristati dal dover constatare che i modi delle autorità azere sul tema siano sempre le stesse. Si tratta del risultato della politica anti Armena da parte degli azeri che nel 2002, 2005-2006 portò ad abolire nella regione di Nakhijevan migliaia di khachkar e vari santuari. È chiaro dunque che c’è un rischio che la stessa politica sarà messa in atto nel caso delle centinaia di chiese, santuari, croce, reliquie culturali che saranno sotto il territorio passato all’Azerbaijan”.