Erevan , giovedì, 19. ottobre, 2023 10:00 (ACI Stampa).
Da quando il Nagorno Karabakh è stato assegnato alla gestione dell’Azerbaijan, musulmano, negli Anni Venti del secolo scorso, gli studiosi hanno dettagliato quello che hanno ritenuto essere una sorta di “genocidio culturale”, ovvero la scomparsa dei “khachkar” (le tipiche croci armene), persino di chiese ed edifici religiosi della antica popolazione cristiana. Quando negli Anni Novanta del secolo scorso l’etnia armena ha preso il controllo della regione proclamandola indipendente (ma lo Stato non è mai stato riconosciuto dall’Armenia stessa) si è verificato, secondo gli azerbaijani, l’opposto, ovvero che l’eredità musulmana della regione è stata estirpata. Ora, però, dopo la guerra del 2020 e la cosiddetta “operazione antiterrorismo” di settembre 2023, il Nagorno Karabakh è sotto controllo azerbaijano. Centinaia di migliaia di armeni hanno lasciato le loro case, i loro terreni, e la custodia dei luoghi santi. L’allarme per la perdita del patrimonio cristiano è risuonato di nuovo nella regione.
Anche Papa Francesco, nell’Angelus del 15 ottobre, ha chiesto non solo di superare la tragedia umanitaria che si sta vivendo, ma di preservare anche i luoghi cristiani. E così facendo ha dato voce a diverse organizzazioni internazionali che dal 2020 ad oggi si sono appellate all’Azerbaijan, ammonendolo di non distruggere il patrimonio cristiano della regione. Si può enumerare, in questo senso, una risoluzione del Parlamento Europeo, una risoluzione dell’UNESCO, una dichiarazione della Corte Penale Internazionale dell’Aja.
In cosa consiste il patrimonio cristiano di quello che gli armeni chiamano, da tempo immemore, Artaskh? Si tratta di circa 400 edifici – chiese, monasteri, tombe – alcuni risalenti addirittura all’XI secolo. Alcuni di questi siti religiosi sono unici, scolpiti con cavalieri armati che risalgono all’Impero Mongolo del XIII e XIV secolo.
Tra questi, c’è il monastero Dadivank, già passato sotto il controllo armeno nel 2020, che si dice sia stata fondata da San Dadi in persona. Ma anche la chiesa armena di San Gregorio a Baku. A dire il vero, questa chiesa figura nel registro dei monumenti religiosi dell’Azerbaijan, ma è attualmente chiusa al pubblico.
Ma è considerata a rischio anche la cattedrale del Santo Salvatore a Shusha, tra l’altro colpita dai razzi nel conflitto del 2020. Gli azerbaijani considerano Shusha come la loro capitale culturale, la cattedrale cristiana si trova in questo momento in restauro, dietro un muro di impalcature.