Città del Vaticano , giovedì, 19. marzo, 2020 7:24 (ACI Stampa).
La domanda di Papa Francesco è netta: “I nostri fedeli, i nostri vescovi, i nostri sacerdoti, i nostri consacrati e consacrate, i Papi, sono capaci di entrare nel mistero? O hanno bisogno di regolarsi secondo le prescrizioni che li difendono da quello che non possono controllare?”
È una domanda che resta sospesa, nell’omelia quotidiana nella Domus Sancatae Marthae che Papa Francesco ha voluto in diretta ogni giorno per continuare a pregare per la fine della pandemia. Con una chiosa: “Quando la Chiesa perde la possibilità di entrare nel mistero, perde la capacità di adorare. La preghiera di adorazione soltanto può darsi quando si entra nel mistero di Dio”.
Papa Francesco dedica la Messa ai “fratelli e le sorelle che sono in carcere”. Sono ancora fresche nella memoria le immagini delle rivolte in carcere perché i carcerati non potevano ricevere i familiari. “Loro – afferma Papa Francesco - soffrono tanto per l’incertezza di quello che accadrà dentro il carcere e anche pensando alle loro famiglie: come stanno, qualcuno è malato, manca qualcosa. Stiamo vicini ai carcerati oggi che soffrono tanto in questo momento di incertezza e dolore”.
L’omelia cade nel settimo anniversario della Messa di inizio del ministero petrino di Papa Francesco. Ed è tutta dedicata a San Giuseppe, “un uomo giusto, ovvero un uomo di fede, che viveva la fede”, sottolinea Papa Francesco.
Spiega Papa Francesco: “Giuseppe è un uomo di fede, per questo era giusto, non solo perché credeva ma viveva questa fede. È stato scelto per educare un uomo che era uomo vero, ma che anche era Dio”.