Dopo aver percorso il corridoio centrale della chiesa voluta dal Cardinale Slipyi, e modellata sul progetto di quella che doveva essere la cattedrale di Kiev, Papa Francesco ascolta il saluto dell’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk. Poi, pronuncia un discorso, con dei rimandi precisi.
A partire dal ringraziamento per “la fedeltà a Dio e al successore di Pietro, che non poche volte è stata pagata a caro prezzo” – e qui il riferimento è anche a ciò che successe sotto la dominazione sovietica, quando – con lo pseudo Sinodo di Lviv – la Chiesa Greco Cattolica fu assorbita dalla Chiesa ortodossa e fu costretta a vivere in diaspora e clandestinità.
Sono tre le figure su cui Papa Francesco centra il suo discorso.
La prima è il Cardinale Slipyi, di cui si è celebrato nel 2017 il 125esimo della nascita, che ha “voluto ed edificato questa luminosa Basilica, perché splendesse come segno profetico di libertà negli anni in cui a tanti luoghi di culto l’accesso era impedito”.
Quindi il vescovo Chmil, “una persona – dice il Papa – che mi ha fatto tanto bene”. Il Papa lo conobbe in Argentina, quando lui era seminarista e padre Chmil serviva la comunità greco cattolica di Buenos Aires, primo missionario salesiano greco cattolico ad essere mandato laggiù. Ricorda Papa Francesco: “È indelebile in me il ricordo di quando, da giovane, assistevo alla sua Messa: da lui ho appreso la bellezza della vostra liturgia; dai suoi racconti la viva testimonianza di quanto la fede sia stata provata e forgiata in mezzo alle terribili persecuzioni ateiste del secolo scorso”.
Infine, Papa Francesco ricorda il Cardinale Lyubomir Husar, scomparso lo scorso anno. Egli -dice il Papa - “non è stato solo 'padre e capo' della vostra Chiesa, ma guida e fratello maggiore di tanti”.
Sono testimoni del passato che “danno speranza del presente”, sottolinea Papa Francesco.
Papa Francesco chiede alla comunità di fare memoria, si sofferma sulle nonne, che hanno "battezzato", trasmesso la fede, e sottolinea che le donne ucraine hanno "una fede coraggiosa". "Dentro ognuno di voi c'è una mamma, una nonna che ha trasmesso la fede. Le nonne ucraine sono eroi!".
Quindi, il Papa ricorda che la rettoria di Santa Sofia è “riferimento stabile” per la comunità di Roma, mette in luce il programma pastorale della parrocchia, che è intitolato “La parrocchia vivente è il luogo d’incontro con il Cristo vivente. Due parole vorrei sottolineare”.
In particolare, Papa Francesco sottolinea la parola “incontro”, perché l’incontro va oltre la tentazione “di isolarsi e chiudersi” e la comunità è “il luogo dove condividere le gioie e le fatiche, dove portare i pesi del cuore, le insoddisfazioni della vita e la nostalgia di casa”.
Ma sottolinea soprattutto la parola “vivente”, perché “Gesù è il vivente, è risorto e vivo e così lo incontriamo nella Chiesa, nella Liturgia, nella Parola”, e quindi ogni comunità “non può che profumare di vita”, in quanto “la parrocchia non è un museo di ricordi del passato o un simbolo di presenza sul territorio, ma è il cuore della missione della Chiesa, dove si riceve e si condivide la vita nuova, quella vita che vince il peccato, la morte, la tristezza, ogni tristezza, e mantiene giovane il cuore”.
“Se la fede nascerà dall’incontro e parlerà alla vita, il tesoro che avete ricevuto dai vostri padri sarà ben custodito”, commenta il Papa. E aggiunge: "I giovani hanno bisogno di sentire che la Chiesa non è un Museo, non è un sepolcro, che la Chiesa è viva, la Chiesa dà vita e Dio è Gesù Cristo in mezzo alla Chiesa".
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Quindi, Papa Francesco guarda alla comunità ucraina, la quinta per presenza etnica in Italia, e ringrazia le tante donne che “sono apostole di carità e di fede”, le quali portano “in molte famiglie italiane l’annuncio di Dio nel migliore dei modi, quando con il vostro servizio vi prendete cura delle persone attraverso una presenza premurosa e non invadente”. Il Papa sottolinea: "Questo è molto importante: la testimonianza nel servizio".
Non si tratta solo di un mestiere – dice il Papa – ma una missione, perché queste donne “sono punti di riferimento nella vita di tanti anziani”, e compiono “un grande ministero di prossimità e di vicinanza”. Questo è il "servizio che fate agli anziani", e "saranno loro ad aprire la porta a voi".
Infine, Papa Francesco conclude con una confidenza. "La notte prima di andare a letto, e al mattino quando mi sveglio, sempre mi incontro con gli ucraini", racconta. Questo perché l'arcivescovo maggiore Shevchuk gli ha regalato una icona della Madonna della Tenerezza quando fu eletto arcivescovo maggiore, dopo che era stato responsabile della comunità di Buenos Aires, e quando fu eletto Papa, si fece portare "le cose più essenziali, tra cui la Madonna della tenerezza", che bacia ogni mattina e ogni sera. "Così - aggiunge - si può dire che inizio la giornata e finisco la giornata in ucraino".
Questo è il saluto di Papa Francesco alla comunità greco cattolica, che vive con un pensiero costante al cconflitto in patria. Tanto che l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, accogliendo il Papa, ha sottolineato come gli ucraini considerano Francesco “un autentico messaggero e costruttore di pace”. Quella pace – aggiunge – tanto “desiderata dal nostro Paese che da quattro anni subisce il flagello costante della aggressione russa che sta provocando in Europa una delle crisi umanitarie più gravi registratesi alla fine della guerra mondiale”.
Si tratta – nota l’arcivescovo maggiore – di “una guerra dimenticata dalla società internazionale, che ogni giorno provoca nuovi lutti, causati dagli scontri armati, dal freddo, dalla fame, da una crudele indifferenza da parte dei potenti di questo mondo”.
Da qui, il grazie al Papa, per l’azione umanitaria “Il Papa per l’Ucraina” che scuote “la coscienza del continente europeo” per renderla sensibile “nei confronti di poveri, sofferenti, stranieri e vittime dell’ingiustizia”.