Roma , venerdì, 28. dicembre, 2018 18:00 (ACI Stampa).
In questi lunghi giorni di festa e di probabili eccessi gastronomici rischiamo di avere dei soprassalti di coscienza, sentendoci forse troppo appesantiti. Per liberarci da simili opprimenti sensazioni possiamo rivolgerci fiduciosi alle pagine di un volume uscito proprio in prossimità del Natale.
Si tratta del saggio "Monaci a tavola. La Regola di san Benedetto e le consuetudini alimentari", edito dalla Tau e scritto dalla studiosa Nadia Togni che si confronta, per analizzare la questione, con Giustino Farnedi, abate del monastero benedettino di Perugia.
Il senso di colpa, definiamolo così, si allegerira'e seduta stante ricevendo chiara conferma del fatto che il gusto per il buon cibo e per la convivialità è insito nel senso cristiano di gioia per le feste, e tanto più a Natale, la festa per eccellenza della letizia e dell'abbondanza, dei doni avuti e ricevuti, che si riversa anche sulle tavole.
San Francesco d'Assisi desiderava che a Natale si mangiassero cibi "ricchi", che si facesse in modo che poveri e abbandonati potessero godere di un buon pasto e che anche per gli animali si provvedesse a sfamarli con razioni doppie.
Il cibo certamente non è un fine, ma un mezzo, prima di tutto per il sostentamento, poi anche occasionalmente di piacere, attraverso il quale si può sperimentare la bellezza della vita, i doni di cui essa ci ricolma. I monaci, questo, lo sanno bene. E lo sanno tutti coloro che possiedono una fede radicata e forte, dalla quale non può prescindere l'amore per la vita. Il cardinale Biffi diceva: "Mangiare tortellini con la prospettiva della vita eterna, rende migliori anche i tortellini più che mangiarli con la prospettiva di finire nel nulla".