Roma , martedì, 24. dicembre, 2024 16:00 (ACI Stampa).
Il Presepe è sì nato a Greccio, grazie all’ispirazione di San Francesco d’Assisi, ma dobbiamo a una città in particolare il suo sviluppo e, in una certa misura, la sua fama: Napoli, con i suoi colori, i suoi sentimenti, il suo popolo sempre creativo. Ripercorriamo, allora, le tappe più importanti della storia del cosiddetto “presepe napoletano”. Sono stati due secoli, in particolare, a segnare il cammino artistico di questa antichissima tradizione: il Seicento e il Settecento.
Il Seicento, secolo colmo di capovolgimenti sociali e politici in tutta Europa. Ed è proprio questo secolo che vede nascere lo scenario del presepe che un po’ tutti conosciamo: la teatralità scenografica, le quinte dei palazzi, i personaggi del popolo animano lo spazio scenico. Non poteva essere, certo, altrimenti, visto la grande attenzione dell’epoca per il teatro e per l’attenzione allo spazio scenico dovuta agli architetti dell’epoca. E’ un trionfo del teatro. E questo dato non potrà non coinvolgere la stessa arte presepiale che nel Seicento napoletano trova il suo massimo sviluppo. Tutto questo viene arricchito dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, a rappresentare la quotidianità della città partenopea che animava piazzette, vie e vicoli. Apparvero nel presepe statue di personaggi del popolo come i nani, i mendicanti, i tavernari, gli osti, i ciabattini. Siamo davanti a un’umanità di umili e ultimi della società: le persone tra le quali Gesù nasce. Quello che colpisce di più - in tutto questo pullulare di statuette - è il vestiario, o meglio i costumi che indossano: stoffe, dovizie di particolari, cuciture ben rifinite. Il tutto richiama la moda del ‘600. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine del paganesimo, secondo un'iconografia già conosciuta nella pittura dell’epoca. E’ proprio di quegli anni la scoperta di diversi siti archeologici: dunque, nell’arte presepiale, abbiamo questa combinazione tra il sacro dettato dalla Nascita di Gesù, dall’altra parte questa commistione tra società e sacro: una fotografia dell’epoca attraverso le scene sacre del Presepe.
Poi, abbiamo il Settecento. Un secolo che vede il Presepe in una nuova fase storica: le statuette che fino adesso avevano animato soprattutto le chiese della città, cominciarono a fare il loro ingresso nelle case nobili partenopee. C’è un cambiamento: ciò che principalmente era pubblico, diviene anche un’arte “personale”, “privata”: le famiglie nobili o più facoltose cominciano, così, anche delle “gare” per il Presepe più bello. In quest’epoca così fiorente per la città partenopea, entra “in scena” uno dei più grandi scultori napoletani: Giuseppe Sanmartino (1720-1793). Sarà lui a definire - ancor meglio - le statuette in terracotta del presepe. Spontaneità, veridicità le sue cifre stilistiche. Un approfondimento psicologico (visibile nei dettagli dei volti) che fa rimanere a “bocca aperta” chiunque. Dobbiamo, infatti, ricordare che Sanmartino è lo stesso scultore del Cristo Velato, conservato nella Cappella Sansevero di Napoli (1753), uno dei capolavori della scultura partenopea del XVIII secolo per gli impressionanti dettagli dell’anatomia umana e per lo splendido panneggio.
Seicento e Settecento, i secoli d’oro dell’arte presepiale. Un’arte da ammirare, conoscere e vivere, ogni Natale, contemplando la bellezza della nascita di un bambino, il Bambino Gesù.