Una occasione per ricordare San Pio X come era davvero. Così come fece Giovanni Paolo II che ricordò la fanciullezza del Papa così: “il piccolo Bepi Sarto ricevette quell’impronta cristiana, che penetra nell’anima e nel cuore, e non si cancella più. Qui egli, accompagnato da mamma Margherita, veniva da fanciullo e imparava a colloquiare con Dio. Qui tornava da seminarista, ogni qualvolta rientrava per le vacanze. Qui sostò in preghiera prima dell’ordinazione sacerdotale, e qui venne poi a celebrare una delle sue prime Messe. Vi tornò in seguito, in occasione delle visite alla famiglia e al paese. Anche da lontano, a questa sacra immagine, che il popolo chiama “delle Cendròle”, correva spesso il suo pensiero, come si arguisce dalle parole scritte a Roma: “Oh, quanto volentieri volerei da questo luogo alla solitudine delle Cendròle per inginocchiarmi davanti a Maria e udire ancora il gaio squillo di quelle campane”.
Il piccolo Bepi crebbe in una casetta che Giovanni Paolo II visitò: “Molti valori ai quali egli impronto il suo ministero pastorale, così molteplice e fecondo, trovano la prima spiegazione negli elementi che costituirono qui il suo ambiente: la preghiera assidua nella famiglia e nella comunità parrocchiale; il catechismo, da cui apprese l'amore a Dio e alla Chiesa; lo spirito di sacrificio in una vita povera e semplice; l'impegno severo nello studio e nel lavoro. E, soprattutto, la carità, quell'amorosa attenzione ai bisognosi a cui san Pio X rimase fedele per tutta la vita: egli, che ne aveva acutamente sperimentato il bisogno, rammento sempre, in seguito, il dovere della carità verso ogni povero”.
Un saluto alla cittadinanza e poi una approfondita riflessione per il clero della diocesi di Treviso per comprendere il “vero” Pio X : “Ha lottato e sofferto per la libertà della Chiesa, e per questa libertà s’è rivelato pronto a sacrificare privilegi e onori, ad affrontare incomprensione e derisione, in quanto valutava questa libertà come garanzia ultima per l’integrità e la coerenza della fede. Non si lasciò bloccare da alcun rispetto umano, né da calcolato opportunismo, quando si trattò di difendere i diritti di Cristo, della Chiesa e dei più piccoli tra i fratelli. Chi lasciò dietro a sé senza tentennamenti nostalgici, ogni attrattiva per il potere temporale, ogni pur minimo collegamento con la “civitas terrena” che non fosse contrassegnato dalla carità, se non Pio X? Sì, questa è la grandezza di Papa Sarto; qui egli svetta in maniera incomprimibile. Non solo cronologicamente egli chiude un’epoca e ne apre un’altra, e poi è quella che ci avrebbe condotti al Concilio Ecumenico Vaticano II, e alla caratteristica fondamentale e imprescindibile di esso, la pastoralità. Cioè, quel modo singolare e originale di valutare ogni situazione, che è proprio della Chiesa, in continuazione dell’opera del Buon Pastore, secondo la quale nulla dell’uomo le è estraneo o indifferente, ma tutto le interessa sul piano esclusivo del servizio, “usque ad effusionem sanguinis. Ecco perché vede riduttivamente, quando non erroneamente, chi parla di immobilismo e di restaurazione della Chiesa dei tempi di Pio X: l'"instaurare omnia in Christo", contrariamente alle apparenze, è quanto di più dinamico e innovativo possa esserci in ordine al tenere il passo coi tempi e al corrispondere con intrepida franchezza alle sempre nuove esigenze del cuore umano e cristiano”.
Questa sera alle 20.30, con la presenza di numerosi amici dell’UNITALSI e di alcuni malati, sarà celebrata l’eucarestia presieduta dall’assistente spirituale dell’Unitalsi Mons. Antonio Guidolin nella parrocchia a ricordo dell'incontro di 35 anni fa.
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