Roma , martedì, 26. maggio, 2020 14:00 (ACI Stampa).
In Bangladesh il virus covid 19 ha colpito molte persone e c’è ancora il rischio che il virus possa aggravare pesantemente la situazione: “Scuole e fabbriche sono chiuse, le attività sospese. Il traffico è bloccato e gli spostamenti vietati. I giornali non escono, ufficialmente perché non possono essere consegnati agli abbonati (qui non ci sono ‘edicole’); ma è ammissibile un sospetto di controllo sull’informazione. Non è possibile verificare il reale stato della situazione virale nel Paese”.
Così scriveva qualche settimana fa il saveriano padre Marcello Storgato, che ha trascorso 21 anni nel Paese, dal 1972 al 1993, e dal 2016 a Jessore ed ora a Khulna: ora come è la realtà in Bangladesh?
“Milioni di persone e famiglie che non riescono a lavorare e neppure a mangiare. Marta, una donna del quartiere, non ce la fa più. Il figlio barbiere, l’unico a mantenere la famiglia, da marzo è forzatamente disoccupato, con i bimbi da sfamare e il papà infermo. ‘Ho fatto debiti, ma ora non ce la faccio più; speravamo di riprendere il lavoro, invece siamo ancora fermi!’. La prima vittima è deceduta il 18 marzo. All’11 maggio, i casi ‘ufficiali’ confermati sono 15.691 (rispetto a domenica 10, +1.034); di cui curati 2.902 (+252) e i morti 239 (+11); per un totale di casi attivi di 12.550 (+771) persone… Mentre sono solo 122.657 le persone sottoposte al test. Su 5000/6000 test al giorno che si riesce a fare, risultano circa 600/700 infetti. Tra i il personale medico circa 200 sono infetti (2 dottori deceduti), mentre tra le Forze dell’ordine gli infetti sono 1.200 circa. La ‘zona rossa’ è sempre Dhaka e dintorni, l’area metropolitana più sovrappopolata e movimentata del Bangladesh”.
Come è arrivato il virus nel Paese?
“Il virus è arrivato in Bangladesh il 7 marzo con due bangladeshi tornati dall’Italia, che hanno contaminato le famiglie; poi tanti altri, a cui era stata concessa la quarantena in famiglia ... Generalmente gli emigrati portano soldi e regali; questa volta, invece ... Anche questo è uno degli effetti della globalizzazione. Sono molti i bengalesi che lavorano all’estero, nei Paesi contaminati. E sono circa 200 le vittime bengalesi solo negli USA! C’è da rilevare che la quarantena in famiglia -il cosiddetto ‘Io sto a casa’- non è efficace nella situazione generale del Bangladesh anzi, è impossibile, perché spesso una famiglia vive in una sola stanza, chi ha una casa. Molto peggio per coloro che vivono nelle baraccopoli delle città. Occorrono centri appositi per una quarantena seria, sia per i migranti sia per i residenti”.