Città del Vaticano , venerdì, 13. novembre, 2015 9:00 (ACI Stampa).
Era quasi scontato che il presidente dell’Iran Hassan Rouhani facesse tappa da Papa Francesco durante la sua visita in Italia sabato 14 novembre. È il ritorno dell’Iran sulla grande scena internazionale, dopo le difficili trattative che hanno portato all’ormai famoso accordo sul nucleare iraniano. Un accordo che anche la Santa Sede ha lodato, perché ci vede in fondo un ponte con il mondo mediorientale. E, chissà, magari anche un ponte per risolvere situazioni difficili come quella in Siria.
Nonostante le ovvie differenze e difficoltà, i rapporti tra Santa Sede e Iran sono di lunga data. Sotto Benedetto XVI, ci fu addirittura un fiorire di nuovi rapporti, un miglioramento di relazioni. Nel 2006, l’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad auspicò in una lettera a Benedetto XVI “l’instaurazione di nuove relazioni umane e politiche” tra Santa Sede e Iran, basandosi sugli insegnamenti comuni “dei due profeti.” Era la risposta al messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quell’anno, intitolato “La persona umana, cuore della pace,” che Ahmadinejad ricevette al pari dei capi di Stato e delle Cancellerie di tutto il mondo.
Nel 2010, fu il Cardinal Jean Louis Tauran a fare da tramite, in un viaggio in Iran che portò ad un ulteriore scambio di lettere. E ancora si chiedeva una comune alleanza contro il secolarismo, cui Benedetto XVI rispondeva ancora una volta parlando della centralità della vita umana.
I rapporti tra Santa Sede e Iran non si sono mai interrotti. Lo scorso febbraio, Shahindokht Molaverdi, vicepresidente della Repubblica Islamica di Iran, ha visitato il Vaiticano e ha potuto anche incontrare Papa Francesco. È stata anche al Pontificio Consiglio della Famiglia, che subito dopo ha dato l’annuncio della presenza di una delegazione iraniana all’Incontro mondiale delle Famiglie di Philadelphia.
Molti i temi in comune, per una alleanza tra Stati che diventa anche una alleanza tra le religioni: il ruolo della famiglia e della donna, l’impegno comune contro il diffondersi della procreazione assistita (ad esempio, l’utero in affitto) e contro l’ideologia del gender.