Di queste settanta chiese, quattro ebbero una straordinaria importanza: la Blakernes, la Kalkopratia, l’Odigitria e la Fonte di vita
Blakernes era tra il Corno d’Oro e le mura, e c’era anche la “veste” della Vergine trafugata dalla Terrasanta nel 471.
Alla Blakerniotossa si attribuiva la salvezza dai tantissimi pericoli corsi dalla città e dall’impero: lì la Vergine era invocata come Stratega Protettrice.
Nella Kalkopratia era custodito il cinto della Vergine, mentre nell’Odigitria si venerava l’icona omonima attribuita a San Luca, che fece da prototipo a tutte le immagini di questo modello
Maria Fonte di Vita è l’unico santuario tuttora esistente e come centro ha il culto di una fonte sacra.
Tra il 726 e l’843 scoppiò la bufera dell’iconoclastia. San Giovanni Damasceno, il Papa di Roma, i monaci si opposero all’iconoclastia e molti di questi subirono il martirio, mentre la maggior parte delle immagini furono distrutte inesorabilmente, con un danno enorme non solo per la devozione, ma anche per la cultura, e con la perdita di moltissime opere del periodo più fiorente dell’arte bizantina. Altre immagini si salvarono in circostanze più o meno fortunose.
Quindi cominciò l’ascesa del Monte Athos, santa montagna dell’Oriente ortodosso, con un numero sempre crescente di monaci: nel 1400, si arrivò al numero record di 40 mila. L’isola divenne una autentica repubblica monastica, e fu rispettata anche dagli occupanti turchi, e a Maria sono dedicati espressamente alcuni dei venti monasteri principali, dove si venerano numerose icone mariane ritenute prodigiose.
La Quarta Crociata portò alla conquista e al saccheggio di Bisanzio, con la nascita dell’Impero Latino d’Oriente, che durò dal 1204 al 1261.
Nel 1453, le truppe di Maometto II presero d’assalto Costantinopoli e la saccheggiarono facendo strage degli abitanti. Le chiese della città vennero quasi tutte trasformate in mosche o distrutte, ma rimase la fisionomia di nazione cristiano ortodossa, in quattro secoli di dominazione, grazie proprio alla fiducia nella Vergine.
Il culto mariano era molto sviluppato fra i marinai delle isole dell’Egeo, che erano spesso protagonisti di trafugamenti di immagini. I marinai veneravano l’icona Kardiotissa, il cui prototipo è la Madonna del Perpetuo Soccorso che si trova nella chiesa di Sant’Alfonso de’ Liguori a Roma.
La lotta per l’indipendenza greca comincia nel 1821, e viene legata indissolubilmente al culto mariano. I rivoluzionari si legarono con giuramento al santuario di Aghia Lavra, fecero voti in onore della Tuttasanta, e proclamarono il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, come festa nazionale.
Tra i santuari più noti di Grecia c’è quello di Tinos, dedicato a Nostra Signora dell’Annunciazione. Battelli di ogni tipo, ad agosto, vanno verso questa isola delle Cicladi.
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Il ritrovamento dell’icona risale al 1823. Si tratta dell’icona dell’Annunciata (Euanghelistria in greco), rinvenuta in seguito a un sogno fatto da una suora. Si scavò dove indicato dal sogno, si trovarono le rovine di una chiesa dedicata a San Giovanni Battista, e con le pietre recuperate gli operai costruirono sul posto una piccola cappella dedicata alla Vergine. Al termine dei lavori, un piccone spezzò la vecchia tavola, e rinvenne così l’icona.
Sul Monte Athos, c’è la Tuttasanta Portatissa, icona genere odigitria tra le più venerate che apparteneva ad una vedova di Nicea, tenuta nascosta durante l’iconoclastia. Un soldato la scoprì nell’829, la colpì con la spada e l’immagine fu colpita al volto e dalla ferita sgorgò sangue. Il soldato si convertì. La vedova affidò l’icona al mare e questa approdò così sulla spiaggia dalle parti del monastero georgiano di Iviron. I monaci misero l’icona nella chiesa, ma questa veniva sempre ritrovata sulla porta d’ingresso, e la cappella si dovette costruire proprio all’ingresso del monastero. La portatissa è veneratissima, in particolare in Russia e Serbia.
Il legame della Serbia con il monte Athos è molto forte. La Serbia era ripartita in due principati patriarcali. Nel XII, Stefano Nemanja riuscì a fondare un regno autonomo. Alla fine della sua vita, si ritirò nel monastero di Studenica, dedicato alla Vergine Maria. Lì, c’era già suo figlio Sava. E padre e figlio andarono poi sul monte Athos. La prima cosa che fecero lì fu di inchinarsi davanti alla Madre di Dio, che è la Madre di tutte le chiese che sono sul Monte Athos.
Lì fondarono il monastero di Hilander, anch’esso dedicato alla Vergine Maria, che avrebbe rappresentato per molti secoli il cuore spirituale e culturale della Serbia stessa.
Il monaco Sava fece un pellegrinaggio in Terrasanta, dove acquistò l’icona detta delle tre mani, che secondo la tradizione appartenne a San Giovanni Damasceno. La terza mano dell’icona sarebbe un ex voto applicato dal Santo sull’icona a seguito di un prodigio: i nuovi dominatori arabi gli avevano amputato la mano destra, che gli si sarebbe riattaccata al braccio.
Nel 1219, Sava fu richiamato in patria per dare vita alla chiesa autocefala serba, fatto che diede un immenso sviluppo alla religiosità del posto. Sava fu venerato come santo, portò con sé l’icona delle tre mani, e la collocò nella cattedrale di Skopje, dove sarebbe rimasta fino alla caduta della Serbia sotto il dominio turco. Quindi, per precauzione, fu riportata nel monastero di Hilandar, dove la Vergine è ritenuta l’igumena, mentre il monaco che regge il monastero è semplicemente il Vicario della Vergine.