L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica è considerata la “banca centrale del Vaticano”.
Con il motu proprio I beni temporali del 4 luglio 2016, Papa Francesco aveva “aggiustato” la grande riforma dell’economia di Papa Francesco, che con il motu proprio Fidelis Dispensator et Prudens aveva portato alla formazione della Segreteria per l’Economia, del Consiglio per l’economia e del Revisore Generale vaticano.
Del motu proprio aveva parlato anche il Promotore di Giustizia Giampiero Milano all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, sottolineando che “la sezione di controllo e vigilanza della Segreteria per l’Economia esercita vigilanza sull’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, la struttura amministrativa della Segreteria formula linee guida, e indica “le migliori prassi in materia di appalti per l’acquisizione di beni e servizi”, mentre l’APSA “amministra il patrimonio mobiliare ed immobiliare della Santa Sede e quello degli enti che ad essa hanno affidato i propri beni” e “acquisisce beni e servizi dai fornitori esterni per se stessa, per i Dicasteri della Santa Sede e per le Istituzioni collegate, secondo le procedure e svolge altri compiti di carattere amministrativo, anche nei confronti del personale”.
Con la riforma del fondo pensioni del Vaticano del 29 maggio 2015, il presidente dell’APSA aveva anche perso la presidenza del Consiglio di Amministrazione del Fondo, che con i nuovi Statuti veniva nominato, e non era più appannaggio diretto dell’APSA.
Si è trattato di una serie di aggiustamenti che erano cominciati nell’ottobre 2016, quando l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica aveva subito una piccola riforma che aveva cambiato le funzioni dei consultori, divenuti parte di un “supervisory board”, un annuncio arrivato proprio mentre venivano avviate le pratiche di due diligence (adeguata verifica) affidata agli esperti americani del Promontory Financial Group.
Questa prima riforma aveva creato un corto circuito, perché sembrava trattare l’APSA come una banca sebbene non lo fosse.
Basta, in fondo, dare una scorsa al rapporto MONEYVAL del 2012 per comprendere che il problema APSA non potesse essere liquidata come una questione meramente bancaria.
Perché è vero che la Sezione straordinaria (sulla base della Pastor Bonus e del Regolamento dell’APSA) poteva fornire alcuni servizi finanziari a persone naturali (membri del clero o laici) che non sono organismi della Santa Sede sotto l’approvazione del cardinale presidente. Ma era anche vero che questi servizi erano sono ormai limitati a sole 23 persone (15 membri del clero e 8 laici), per un totale di 10 milioni di euro. I conti dei membri del clero – si leggeva nel prima rapporto MONEYVAL, al paragrafo 118 – servono “allo scopo di depositare contributi caritativi fatti in loro nome, o in favore della Curia romana o delle loro diocesi di origine”. Mentre le otto persone che hanno conti nell’APSA “hanno tipicamente donato beni mobili e immobili alla Santa Sede e in cambio ricevono un vitalizio annuale che è accreditato nel loro conto nell’APSA”.
Già dal 2001 – si legge al punto 119 del Rapporto – “il consiglio dei Cardinali aveva preso la decisione di limitare gradualmente l’erogazione di servizi finanziari a persone individuali (sia chierici che laici) che non sono organismi o dicasteri della Santa Sede/Stato di Città del Vaticano”. E il 27 gennaio del 2006 “il Consiglio dei Cardinali ha deciso di cominciare il processo di chiudere tutti i conti rimanente con quelle persone appena possibile”. Non solo. Nessun nuovo deposito è stato accettato dal 2001 per i rimanenti 23 conti delle persone naturali.
La chiusura dei conti è terminata nel 2016, e quindi l’APSA non è più entrata sotto la giurisdizione dell’AIF, come sottolineato nel terzo rapporto sui progressi del Comitato del Consiglio d’Europa MONEYVAL.
Nel frattempo, l’APSA era andata incontro ad un’altra piccola riforma, con la nomina, lo scorso 19 dicembre 2017, di Gustavo Zanchetta, vescovo emerito di Oran, come assessore, un incarico che non era previsto nell’organigramma. Sacerdote dal 1991, scelto come vescovo di Oran da Papa Francesco nel 2013, aveva lasciato solo ad agosto 2017 la sua diocesi per “problemi di salute”, dando adito a varie speculazioni da parte dei media che parlavano anche di una cattiva gestione finanziaria.
(articolo aggiornato alle ore 12.39 con le dichiarazioni del Cardinale Bassetti)
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