Città del Vaticano , lunedì, 21. dicembre, 2020 14:00 (ACI Stampa).
Nessuna apertura all’aborto, nessun cambiamento dottrinale. E però, in queste particolari condizioni, mentre non c’è ancora una varietà di vaccini anti-COVID, il cattolico può anche accettare di farsi somministrare i vaccini che sono stati sviluppati con linee cellulari ottenute da feti abortiti. E questo perché, specifica la Congregazione per la Dottrina della Fede, perché “il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota”.
È una nota breve, in sei punti, che serve ad affrontare un punto fondamentale che riguarda proprio la liceità di vaccini che sono stati sviluppati – scrive la nota – “facendo ricorso, nel processo di ricerca e produzione, a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso”. Una nota necessaria perché ci sono stati vari pronunciamenti e dubbi da parte di vescovi e fedeli.
La Congregazione rimanda al documento del giugno 2005 della Pontificia Accademia della Vita su “Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule prevenienti da feti umani abortiti”, ma anche alla Dignitatis Personae della Congregazione stessa del 2008, e su una nota successiva dell’Accademia per la Vita del 2017.
La CDF ci tiene a sottolineare che il chiarimento non giudica la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, “ma soltanto riflettere sull’aspetto morale dell’uso di quei vaccini contro il Covid-19 che sono stati sviluppati con linee cellulari provenienti da tessuti ottenuti da due feti abortiti non spontaneamente”.
Già nella Dignitatis Personae si parlava di responsabilità differenziate di cooperazione all’aborto, per esempio “nelle imprese, che utilizzano linee cellulari di origine illecita, non è identica la responsabilità di coloro che decidono l’orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione”.