Città del Vaticano , venerdì, 12. gennaio, 2018 12:10 (ACI Stampa).
Il prossimo 28 gennaio Papa Francesco potrebbe sostare in preghiera davanti alla tomba del vescovo Stephan Chmil. Perché fu il vescovo Chmil a insegnare al giovane Papa il rito orientale, e creare quelle connessione con l’Est della Chiesa che sono così cruciali per il Pontificato. Sarà questo pezzo di storia che si concretizzerà con la visita di Papa Francesco alla Basilica di Santa Sofia della Chiesa Greco-Cattolico Ucraina, a Roma.
La notizia è stata annunciata oggi con una dichiarazione di Greg Burke, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Il Papa dunque, andrà nella chiesa che fu costruita con una imponente raccolta fondi lanciata dall’arcieparca Josip Slipyi nel 1963, quando era appena uscito dalla prigionia nei gulag. San Giovanni Paolo II fece di questa basilica un titolo cardinalizio nel 1985, e poi la fece Basilica Minore nel 1998.
Questa basilica, modellata sui progetti di quella che doveva essere la cattedrale greco-cattolica di Kiev, è considerata “casa” da circa 14 mila ucraini nella diocesi di Roma, e 200 mila in tutta Italia. Ma è stata considerata casa e punto di riferimento per tutti gli ucraini in diaspora sotto il regime sovietico, e in particolare da quando, con lo pseudo sinodo di Lviv del 1946, la Chiesa Greco Cattolica fu soppressa e incamerata nella Chiesa ortodossa.
Fu Paolo VI in persona a consacrare la nuova casa degli ucraini a Roma il 28 settembre 1969, per simboleggiare una attenzione viva che si era concretizzata, durante il Concilio Vaticano II, con la decisione nel 1963 di traslare il corpo di San Giosafat sotto l’altare della confessione, a fianco a San Pietro, proprio mentre al Concilio Vaticano II si parlava di ecumenismo. È lì, davanti alla tomba di San Giosafat, che i greco cattolici ucraini vanno ogni anno in pellegrinaggio.
La presenza del Papa a Santa Sofia rappresenta un ulteriore segno di unità della Chiesa Greco Cattolica (la più grande delle Chiese cattoliche sui iuris) con Roma. Non a caso, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, a capo della comunità greco-cattolica ucraina, ha sottolineato con ACI Stampa che la visita del Papa è “un segno di solidarietà con il popolo ucraino”.