Tbilisi , mercoledì, 28. settembre, 2016 15:00 (ACI Stampa).
Non ci saranno proclami politici, per una visita che già si preannuncia ecclesialmente delicata. Ma di certo il mondo georgiano avrebbe voluto che Papa Francesco – a Tbilisi il 30 e 31 ottobre – affrontasse la questione, o perlomeno andasse verso il confine, e lo guardasse, un po' come ha guardato il confine tra Turchia e Armenia volgendo lo sguardo verso l'Ararat. Perlomeno perché la questione dell’Ossezia del Sud è una ferita aperta, che rischia di non rimarginarsi più quando ci sarà il referendum per l’indipendenza della regione.
Vista da lontano, sembra la solita crisi tra i territori della ex sterminata Unione Sovietica. Oggetto di un conflitto nel 2008, quando le truppe georgiane invasero la Regione, l’Ossezia del Sud, insieme all’Abkhazia, furono create repubbliche autonome, sotto la diretta influenza di Mosca. E Mosca questa influenza non la vuole perdere.
La politica estera del Cremlino guarda, in questo senso, più ad Est che ad Ovest, nel tentativo di ridare una compattezza territoriale a quello che prima era sterminato territorio russo. Ed effettivamente la creazione di Repubbliche indipendenti in territori in situazioni di conflitto è una delle metodologia utilizzate anche nel conflitto ucraino.
La piena integrazione del’Ossezia meridionale nel territorio russo è stata sancita da un trattato dello scorso anno, simile a quello che il Cremlino aveva sottoscritto con l’Abkhazia. Vale a dire che l’Ossezia del Sud sarebbe stata incorporata militarmente ed economicamente dalla Russia. Un trattato “distruttivo” della sovranità e l’integrità territoriale della Georgia, aveva denunciato il presidente georgiano Giorgi Margvelashvili.
L’Ossezia del Sud in realtà è formalmente indipendente dal 1991, ma il suo status non è riconosciuto dal governo internazionale. L’attacco georgiano del 2008 ha rappresentato per la regione anche l’occasione di staccarsi da Tbilisi. La via definitiva per entrare nella Federazione Russa come repubblica indipendente sarà data dal referendum popolare, rinviato però al 2017.