Compito della Chiesa è non alienarsi “da questo processo nell’annunciare il Vangelo”, serve una collaborazione “rispettosa con i movimenti popolari” per “potenziare questi sforzi e rafforzare i processi di cambiamento. Non è così facile da definire il contenuto del cambiamento. Non aspettatevi da questo Papa una ricetta. Né il Papa né la Chiesa hanno il monopolio della interpretazione della realtà sociale né la proposta di soluzioni ai problemi contemporanei. Oserei dire che non esiste una ricetta. La storia la costruiscono le generazioni che si succedono nel quadro di popoli che camminano cercando la propria strada e rispettando i valori che Dio ha posto nel cuore”.
Il Papa ha tuttavia proposto tre grandi compiti chiedendo l’aiuto dei movimenti popolari.
Il primo “è quello di mettere l’economia al servizio dei popoli: gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio del denaro. Diciamo no a una economia di esclusione e inequità in cui il denaro domina invece di servire. Questa economia uccide. Questa economia è escludente. Questa economia distrugge la Madre Terra. L’economia non dovrebbe essere un meccanismo di accumulazione, ma la buona amministrazione della casa comune”. Questa economia è necessaria e possibile. “Non è un’utopia o una fantasia. È una prospettiva estremamente realistica. Possiamo farlo. Il problema è un altro. Esiste un sistema con altri obiettivi. Un sistema che a forza di accelerare in modo irresponsabile i ritmi della produzione, a forza di incrementare nell’industria e nell’agricoltura metodi che danneggiano la Madre Terra in nome della produttività, continua a negare a miliardi di fratelli i più elementari diritti economici, sociali e culturali. Questo sistema attenta al progetto di Gesù”.
“L’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano – ha ammonito Francesco – non è semplice filantropia. E’ un dovere morale. Per i cristiani, l’impegno è ancora più forte: è un comandamento”.
Secondo compito proposto da Papa Bergoglio “è quello di unire i popoli nel cammino della pace e della giustizia. I popoli del mondo vogliono essere artefici del proprio destino. Vogliono percorrere in pace la propria marcia verso la giustizia. Non vogliono tutele o ingerenze in cui il più forte sottomette il più debole. Chiedono che la loro cultura, la loro lingua, i loro processi sociali e le loro tradizioni religiose siano rispettati. Nessun potere di fatto e costituito ha il diritto di privare i paesi poveri del pieno esercizio della propria sovranità e, quando lo fanno, vediamo nuove forme di colonialismo che compromettono seriamente le possibilità di pace e di giustizia”. E in particolare “i popoli dell’America Latina hanno partorito dolorosamente la propria indipendenza politica”.
Francesco ha poi puntato il dito contro le nuove facce del neocolonialismo: esistono “il potere anonimo dell’idolo denaro: corporazioni, mutuanti, alcuni trattati chiamati di libero commercio e l’imposizione di mezzi di austerità che aggiustano sempre la cinta dei lavoratori e dei poveri. In altre occasioni, sotto il nobile pretesto della lotta contro la corruzione, il traffico di droga e il terrorismo - gravi mali dei nostri tempi che richiedono un intervento internazionale coordinato - vediamo che si impongono agli Stati misure che hanno poco a che fare con la soluzione di queste problematiche e spesso peggiorano le cose”.
Bisogna guardarsi anche dalla “concentrazione monopolistica dei mezzi di comunicazione che cerca di imporre alienanti modelli di consumo e una certa uniformità culturale è un altro modalità adottata dal nuovo colonialismo. Questo – ha avvertito il Papa – è il colonialismo ideologico. Il colonialismo, vecchio e nuovo, che riduce i paesi poveri a semplici fornitori di materie prime e manodopera a basso costo, genera violenza, povertà, migrazioni forzate e tutti i mali che abbiamo sotto gli occhi... proprio perché mettendo la periferia in funzione del centro le si nega il diritto ad uno sviluppo integrale. Questo è inequità e l’inequità genera violenza che nessuna polizia, militari o servizi segreti sono in grado di fermare. Diciamo no a vecchie e nuove forme di colonialismo. Diciamo sì all’incontro tra popoli e culture. Beati coloro che lavorano per la pace”.
Il Pontefice non ha dimenticato che anche la Chiesa è stata coprotagonista di una certa forma di colonialismo, pertanto Bergoglio – citando i suoi predecessori ha chiesto perdono. “Chiedo che la Chiesa si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli. Chiedo umilmente perdono, non solo per le offese della propria Chiesa, ma per i crimini contro le popolazioni indigene durante la cosiddetta conquista dell’America”. Oggi invece dobbiamo denunciare il martirio di tanti cristiani “in questa terza guerra mondiale a rate che stiamo vivendo, c’è una sorta di genocidio in corso che deve fermarsi”.
Terzo compito, infine, è la difesa della Madre Terra. “La codardia nel difenderla è un peccato grave”. Il Papa ha denunciato i fallimenti dei vertici internazionali e non è possibile “consentire che certi interessi – che sono globali, ma non universali – si impongano, sottomettano gli Stati e le organizzazioni internazionali e continuino a distruggere il creato. I popoli e i loro movimenti sono chiamati a far sentire la propria voce, a mobilitarsi, ad esigere – pacificamente ma tenacemente – l’adozione urgente di misure appropriate. Vi chiedo, in nome di Dio, di difendere la Madre Terra”.
Francesco ha infine ricordato che il futuro della Terra e dell’umanità “non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. E' soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi ed anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento”.
In questo cammino – ha assicurato il Papa concludendo il suo intervento – “io vi accompagno”.
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