La Santa Sede – aggiunge – chiede “riconoscimento, protezione e rispetto” e allo stesso tempo “esorta al dialogo e alla riconciliazione per risanare ogni ferita”.
Però – nota il Papa – di fronte alla tragedia perpetrata a danno degli yazidi “si comprende, come dice il Vangelo, che dal cuore dell’uomo possono scatenarsi le forze più oscure, capaci di giungere a pianificare l’annientamento del fratello, a considerarlo un nemico, un avversario, o addirittura un individuo privo della stessa dignità umana”.
Infine, l’appello: “Ancora una volta alzo la mia voce in favore dei diritti degli Yezidi, anzitutto il diritto ad esistere come comunità religiosa: nessuno può attribuirsi il potere di cancellare un gruppo religioso perché non fa parte di quelli detti ‘tollerati’.”
Il Papa infine pensa “ai membri della vostra comunità che sono ancora nelle mani dei terroristi: auspico vivamente che si faccia tutto il possibile per salvarli; come pure per rintracciare i dispersi e per dare identità e degna sepoltura a quanti sono stati uccisi”.
“La Comunità internazionale – afferma Papa Francesco - non può restare spettatrice muta e inerte di fronte al vostro dramma. Incoraggio pertanto le istituzioni e le persone di buona volontà appartenenti ad altre comunità a contribuire alla ricostruzione delle vostre case e dei vostri luoghi di culto. Non si tralascino concreti sforzi per creare le condizioni idonee al ritorno dei profughi alle loro case e a preservare l’identità della comunità Yezidi”.
L’incontro con i rappresentanti della popolazione yazida in Germania è, per Papa Francesco, l’occasione di presentare ancora una volta la solidarietà a quella popolazione che è stata tra le più perseguitate durante il conflitto in Iraq.
I numeri sono pesantissimi: si parla di oltre 736 mila yazidi sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, altri sono stati obbligati a convertirsi al’Islam. Secondo dati dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, almeno 5500 yazidi sono stati assassinati, in migliaia sono stati rapiti, e bambini fino a due anni sono stati portati alla Madrasa Jihadia, mentre migliaia di donne sono state rapite e diventate schiave del sesso.
Sin dall’inizio del conflitto, le organizzazioni umanitarie della Chiesa cattolica hanno soccorso e assistito queste popolazioni, discriminate da musulmani e cristiani, e tra l’altro di etnia curda, costretti tra tre differenti Stati senza un luogo
Ma chi sono gli yazidi? Sono un gruppo di popolazioni ordinate a tribù, di origine e lingua curda e con religione propria, lo yazidismo. Si tratta di una religione monoteista, che crede in un Dio sommo e ineffabile in relazione con il mondo attraverso sette angeli creatori, il più importante dei quali è Melek Taus, l’angeo pavone padrone del mondo ed origine del bene e del male.
Gli yazidi pregano due volte al giorno, in direzione del solo, e non in presenza di persone estranee al culto di Melek Taus, e hanno come libri sacri il Kitab al-Jilwa (Libro della Manifestazione) e il Mishefa Res (Libro Nero).
Sono perseguitati dall’Islam wahabita che li considera apostati, mentre i sunniti li chiamano “adoratori del diavolo”, interpretando in maniera sbagliata la figura di Melek Taus, che confondono con Iblis, l’angelo ribelle della popolazione islamica.
Gli yazidi, che parlano curdo, sono così ditribuiti: 650 circa sono in Iraq, 50 mila son in Siria, 40 mila in Germania, 40568 in Russia, 35272 in Armenia, 20843 in Georgia e circa 4 mila in Svezia.
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Alla vigilia della visita del presidente turco Recep Tayyp Erdogan a Papa Francesco, prevista per il prossimo 5 febbraio, l’incontro con la popolazione yazida rappresenta anche un segno ulteriore di vicinanza alla popolazione, che teme una nuova persecuzione nell’ambito del conflitto mosso dalla Turchia alla provincia curda di Afrin, al confine con la Siria. Secondo l’Associazione Yazida tedesca ci sono 15 mila yazidi ad Afrin.