Roma , martedì, 20. dicembre, 2022 9:00 (ACI Stampa).
“Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato”: con tali parole l’apostolo Paolo ha raccontato in una lettera all’amico Tito la bellezza della nascita di Gesù.
Partendo da tale lettera al teologo Giuseppe Falanga, docente di Liturgia alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma, ed autore di diverse pubblicazioni e di numerosi articoli e recensioni in riviste scientifiche e divulgative, chiediamo di spiegarci in quale modo la liturgia racconta la bellezza del Natale: “I nostri fratelli di tradizione orientale hanno dato al Natale il nome di ‘Festa delle Luci’. Infatti, nelle icone della Natività possiamo contemplare sempre un fascio di Luce che scende dal cielo e si irradia sul bambino Gesù: lui è la manifestazione della Santa Trinità. Di fronte a tanto Splendore, Sapienza e Potenza, il sentimento di quelli che si dicono cristiani si deve esprimere nella preghiera, con un infinito rispetto della maestà e della grandezza divina. Una grandezza, quella di Dio, che non ci spaventa e non ci tiene a distanza, anzi ci attrae, perché nel Dio che si rimpicciolisce per venire accanto all’uomo si manifesta la sua ‘filantropia’, cioè il suo amore per noi, quello che i padri della Chiesa chiamavano ‘eros folle’, un desiderio talmente smisurato per l’uomo che lo spinge fino alla follia della grotta di Betlemme e del monte Calvario. Perciò la liturgia, con la bellezza e la ricchezza delle sue preghiere e con l’abbondanza della Parola proclamata, crea una sorta di congiunzione tra i due poli della nostra fede in Gesù Cristo: l’incarnazione e la sua passione, morte e risurrezione”.
Per quale motivo Dio ha sentito la necessità di farsi uomo?
“Su questo sono stati versati fiumi d’inchiostro. Ma, riprendendo quanto dicevo poc’anzi, mi preme aggiungere soltanto che nella nostra fede si muove tutto tra due poli: la Pasqua della Natività già racconta la Pasqua della Risurrezione. Dio guarda l’uomo da lui creato che, a causa del peccato, è diventato mortale, ma non lo vuole lasciare nell’ombra della morte. Allora, come canta il Salmo, ‘piega i cieli e scende’: fatto uomo ci riscatta dal peccato e dalla morte. La ‘passione’ per l’uomo è stata l’urgenza di Dio. Che Egli, in Gesù, si sia incarnato, sia diventato il Dio-con-noi è già un abisso di grazia. Ma è ancora più sorprendente che Egli, in Gesù, si sia fatto servo dell’uomo fino a morire per amore dell’amore suo. Sono convinto che, in questo Natale infestato dalle guerre, la nostra coscienza di credenti si debba lasciare interrogare ancora molto da questo”.
Quale ‘novità’ ha introdotto nel mondo il Natale?