A Roma, in una sala di un elegante hotel del centro, l’Australia ha organizzato tutto. Tra giornalisti e pubblico anche una diecina di vittime e familiari arrivati appositamente per essere presenti.
Hanno i riflettori puntati addosso, fanno dichiarazioni e conferenze.
E questa mattina il cardinale ha avuto un colloquio di due ore con le vittime che sono state presenti alla audizioni in queste notti.
Alla fine, davanti ad una folla di giornalisti, il Prefetto della segreteria dell’ Economia, ha letto una dichiarazione personale. “Ho incontrato i sopravvissuti e i loro sostenitori ed ho ascoltato la loro sofferenza, è stata dura”. Poi ha confermato il suo impegno a “continuare a cooperare con i sopravvissuti” agli abusi dei preti pedofili “per migliorare la situazione”.
Sarebbe “meraviglioso”, ha detto Pell, se la città di Ballarat, dove sono avvenuti molti degli abusi trattati dalla commissione, divenisse un esempio di sostegno a coloro che sono stati colpiti dalla piaga degli abusi. Il cardinale ha anche parlato del dramma dei suicidi di alcune vittime: “Mi impegno a lavorare con il gruppo di sopravvissuti per porre un termine a ciò, in modo che il suicidio non sia più un’opzione per coloro che soffrono”. Il cardinale ha aggiunto: “tutti vogliamo far sì che le cose migliorino effettivamente e sul terreno, specialmente per i sopravvissuti e le loro famiglie” anche con “strutture che abbiamo qui come Chiesa di Roma e in particolare la Pontificia commissione per la tutela dei minori”.
E proprio padre Hans Zollner, membro della Pontificia commissione ha ricevuto in mattinata il gruppo di australiani: “Abbiamo avuto un dialogo estremamente positivo” ha detto il portavoce del gruppo.
Eppure nelle 16 ore di audizione, così come nel film, che sarà campione di incassi, nella notte degli Oscar, non si è parlato dell’impegno della Chiesa.
Come se niente avesse significato l’operato del cardinale Ratzinger prima, di Benedetto XVI dopo e di Francesco oggi.
A cominciare da quegli emotivi e coraggiosi incontri del Papa in paesi come l’ Australia appunto.
Era il 21 luglio del 2008, Benedetto stava per lasciare l’ Australia dopo la GMG e una mattina ha celebrato la messa con loro, le vittime: “ha ascoltato le loro storie e li ha consolati. Assicurando la sua vicinanza spirituale, ha promesso di continuare a pregare per loro, per le loro famiglie e per tutte le vittime. Con questo gesto paterno, il Santo Padre ha voluto dimostrare ancora una volta la sua sollecitudine nei confronti di tutti coloro che hanno sofferto per gli abusi sessuali. Due uomini e due donne, con i loro accompagnatori e un sacerdote incaricato della pastorale di sostegno”. E con il Papa a concelebrare c’era proprio il cardinale Pell.
Il cardinale però non si è tirato indietro, davanti ai lunghi interrogatori ai quali ha deciso di sottoporsi anche se la Royal Commission non ha formale giurisdizione su di un cittadino di un altro stato.
Non per difendere l’indifendibile, ma per fare chiarezza come hanno chiesto i Pontefici e chiedere perdono, come disse Benedetto XVI in volo verso Sydney nel 2008: “Penso che sia meglio e più importante il contenuto della formula e penso che il contenuto debba spiegare in cosa il nostro comportamento è stato carente, che cosa dobbiamo fare in questo momento, in che modo prevenire e come guarire e riconciliare”.
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