Bari , martedì, 25. febbraio, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Domenica scorsa Papa Francesco ha chiuso il meeting Mediterraneo frontiera di pace, organizzato a Bari dalla Conferenza Episcopale Italiana con la presenza di una sessantina di vescovi di diocesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Tra i presenti anche il Cardinale Juan Josè Omella, Arcivescovo di Barcellona. Acistampa lo ha intervistato per tracciare un bilancio conclusivo di questo incontro.
Una grande allegria partecipare in un incontro con le chiese che conformano il Mediterraneo, soprattutto per conoscerle meglio. E in qualche modo renderci partecipi delle gioie e delle pene, delle sofferenze, che è la Gaudium et Spes, capitolo primo, che ci dice che le gioie e le sofferenze del mondo sono anche le nostre. Ma io lo traduco, le gioie e le sofferenze anche delle chiese che conformano il Mediterraneo devono essere anche le nostre e di tutti. Io credo che quella conoscenza mutua che è cresciuta è un gran segno di comunione per avanzare nel cammino della pace.
Il Papa ha voluto chiudere questo incontro. Quale significato legge nella presenza di Francesco a Bari?
Io credo che il Papa in qualche modo ci ha lanciato tutti verso una Chiesa in uscita. Non possiamo rinchiuderci nelle nostre proprie comunità, nelle nostre chiese, invece dobbiamo insieme aprirci al mondo, come missionari, come apostoli, per annunciare il gran tesoro, la grande gioia del Vangelo, del messaggio di Gesù. Lui ci ha dato il programma appena nominato Papa, appena iniziato il suo ministero petrino, che è la Evangelii Gaudium. Cioè la gioia del Vangelo che dobbiamo portare. Per noi, chiese del Mediterraneo, ed essendo il Papa presente in questo incontro, ci sta dicendo di continuare a seguire quel cammino di apertura, di Chiesa in uscita, ma gioiosamente, perché abbiamo un messaggio bellissimo di pace da portare al mondo.
Anche l’Europa dovrebbe essere in uscita?