Ci sono stati oltre settanta anni di comunismo, di Unione Sovietica, di ateismo di Stato, di persecuzione della religione. E questi settanta anni hanno in qualche modo eroso il senso cristiano del popolo russo, lo hanno sradicato dalla sua mentalità.
Come mai, dopo la caduta del Muro di Berlino, non si è riusciti a superare questa mentalità sovietica così radicata?
L’Occidente ha adottato un altro modello, una formula, specialmente in Germania: quello della trasformazione attraverso il mercato – “Wandel durch Handel”. Si pensava sarebbe bastato coinvolgere la Russia nel sistema economico occidentale perché avessero luogo le riforme democratiche che avrebbero portato alla libertà. Era una illusione, e anche quanti sostenevano questo sistema hanno riconosciuto di essersi sbagliati.
Eppure, i Paesi che erano stati sotto l’orbita sovietica, anche la stessa Ucraina, avevano messo in guardia da questa eccessiva semplificazione. Perché non sono stati ascoltati?
Perché sarebbe stata una via più esigente e anche impegnativa. Si doveva investire di più nello sviluppo, nella trasformazione vera e propria delle società. Ma la trasformazione vera e propria avviene nel cuore degli uomini, non negli attributi di un Paese. Non basta cambiare la bandiera sovietica in bandiera nazionale per essere una società già matura dal punto di vista culturale e spirituale. Noi ucraini abbiamo fatto questo sforzo di trasformazione dei cuori, e non è facile. Non si può rinnovare in un anno ciò che è stato distrutto per settanta anni. Ci vuole un impegno durevole.
E ora la guerra sembra riportare tutto a zero, vi costringerà a ricominciare…
No, non siamo sul livello zero. La difesa della nostra libertà e della nostra dignità durante questa guerra è, paradossalmente, parte di questo sforzo, di questo nostro esodo dal passato comunista e coloniale. Siamo stati attaccati perché volevamo vivere diversamente dai russi. Ma colpisce notare che, nei territori occupati, gli oppressori stabiliscono subito le organizzazioni comuniste per i bambini e giovani, per esempio. Il che dimostra che sognano un ritorno dell’Unione Sovietica, perché lo ritengono un modello ottimo per la propria gente. È il sogno del ritorno di un fantasma.
Cosa ha salvato l’Ucraina?
In Ucraina abbiamo avuto due autorità non statali ma popolari che ci hanno orientato verso il futuro.
La prima è la Chiesa, e direi soprattutto la Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Questa, infatti, non è stata contaminata dalla collaborazione con il governo sovietico, gode della fiducia della società, e ha strutture proprie ecclesiastiche e anche intellettuali venuti dall’estero per aiutarci. Abbiamo così avuto un appoggio enorme dagli intellettuali in diaspora, una sorta di “trasfusione di sangue” che è mancato alla Russia. La Chiesa Greco Cattolica Ucraina si è impegnata a formare e orientare le coscienze della gente verso un Paese costruito sulla libertà, la giustizia, la dignità umana. Verso un mondo, insomma, che risponda appieno allo sviluppo umano integrale che è l’obiettivo della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica.
Quale era invece l’altra forza?
L’altra forza popolare, e non statale, è stata costituita dai dissidenti. Erano gli intellettuali che, a causa delle loro convinzioni, erano stati esiliati o messi in prigione dal governo comunista. Questi hanno portato nuove idee, idee democratiche nella società ucraina.
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Questo non è accaduto in Russia, e pian piano si è scoperto tra di noi un abisso di mentalità e di cultura. I russi amano ripetere di essere un popolo solo con gli ucraini. Non si sono accorti che non siamo mai stati un popolo solo, abbiamo sempre avuto le nostre differenze, ma che ormai le nostre differenze si sono acuite, ci siamo allontanati sempre di più da quelli che sono i loro progetti di vita e dal modo in cui loro pensano sia opportuno svilupparli.
Certo, russi e ucraini sono costretti a vivere come i popoli e paesi vicini, la storia non cambia la geografia. Ma noi ucraini siamo interessati ad avere un vicino che non sia imprevedibile, ma che piuttosto rifletta i valori umani e segua le leggi internazionali. Solo questo ci può aiutare a costruire una società più libera e degna dell’uomo.
Lei diceva che non si cambia la geografia. Il problema di questa guerra è il dopo. Come faranno ucraini e russi a vivere insieme? Ci potrà essere una riconciliazione?
La riconciliazione è una meta che dobbiamo avere nel nostro orizzonte spirituale, e soprattutto nell’orizzonte spirituale di noi credenti. La riconciliazione, alla fine, è una condizione sine qua non per la pace nel nostro continente. Tuttavia, prima che si arrivi alla riconciliazione, ci sono diversi passi da fare. E saranno passi difficili, perché siamo ancora chiamati a resistere all’aggressione, alla violenza da parte dei russi. E saranno passi dolorosi, anche per i russi, perché loro sono chiamati a scoprire la verità dell’aggressione, ed è una verità che sicuramente a loro non piace. Saranno chiamati a prendere una responsabilità, perché è vero che non esiste una responsabilità collettiva, ma c’è comunque una responsabilità. Non si tratta dell’umiliazione, ma dell’umiltà.
Questa è una distinzione molto importante, direi…
Ho sentito, anche nel Forum di Sant’Egidio “Il grido della pace”, opinioni che sostengono che “non si debba umiliare la grande nazione russa”. Mi sembrava una affermazione del genere molto strana, perché non definiva in ciò consisterebbe detta “umiliazione”, e da altra parte si potrebbe chiedere: ma è lecito permettere e tollerare che “una grande nazione” non solo “umilia” le altre nazioni “più piccoli”, ma mette in questione l’esistenza stessa di esse, commettendo dei crimini contro l’umanità che gridano verso cielo e provocano una crisi internazionale che adesso assistiamo? Come continuando i miei pensieri uno dei relatori di quella serata ha posto una giusta domanda: cosa significherebbe quella “umiliazione per il popolo russo”? - si può chiamare l’umiliazione il dire della verità, oppure considerarlo piuttosto un aiuto fraterno al popolo russo di ottenere una libertà vera e ristabilire la propria dignità, entrando in questo modo nella comunità dei popoli europei democratici?”. Aggiungerei, da parte mia, che la più grande umiliazione la nazione russa sta subendo dai propri governanti, dai propri leader politici e spirituali che non sono all’altezza delle esigenze vere del popolo, alle esigenze che permettessero uno sviluppo armonico e la convivenza pacifica con il mondo della civiltà moderna europea.