Vienna , sabato, 7. gennaio, 2017 16:00 (ACI Stampa).
Quello che accade in Medio Oriente è un genocidio? La domanda non viene posta dal punto di vista del senso comune, ma dal punto di vista legale. Da quando il termine genocidio è stato coniato (nel 1944 da Raphael Lemkin) a quando poi è stato ufficialmente adottato dalle Nazioni Unite (già nel 1946), il problema è sempre stato di trovare un confine certo e legale per stabilire quando il genocidio aveva luogo, e in che modo sanzionarlo. Ed è proprio la risposta legale che cerca il libro “Never Again. Legal responses to a broken promise in the Middle East”, di Ewelina Ochab.
Il libro è disponibile solo in inglese, ed è di natura strettamente tecnica. Spiega come e perché quello che sta avvenendo in Medio Oriente ha tutti le caratteristiche del genocidio. E lascia comprendere quale è la battaglia legale che si combatte nelle organizzazioni internazionali perché il genocidio dei cristiani venga riconosciuto.
Come può la Convenzione per la prevenzione del genocidio, che risale al 1948, essere applicata quando a perpetuare il crimine è un attore non statale? È questa la domanda di fondo del libro, che muove proprio dal genocidio dei cristiani in Medio Oriente ad opera dell’autoproclamato Stato Islamico per esplorare se gli atti commessi del cosiddetto ISIS si possano considerare genocidio e in che modo possano essere sanzionati.
In fondo, l’ISIS non è uno Stato, e il genocidio che mette in atto rappresenta una nuova forma del crimine, tanto che la stessa convenzione, di fronte a questo nuovo scoppio di violenza non portato avanti da attori statali, sembra diventata anacronistica.
Nel libro si presenta una analisi completa della legge del genocidio, si fa riferimento ai genocidi riconosciuti a partire dal 1948, si considerano le testimonianze dei crimini perpetuati dall’ISIS dimostrando, appunto, che la Convenzione che dovrebbe salvaguardare popolazioni e gruppi dall’odio etnico in realtà dà solo una protezione illusoria.