Gli Stati – afferma il “ministro degli Esteri” vaticano – hanno punti di vista differenti, specialmente su come e quando effettuare i controlli, come differenziare l’imepgno degli Stati, in che modo finanziare il trasferimento delle tecnologie. È l’antico problema del “chi controlla chi” e “chi si impegna per cosa” che blocca un po’ gli accordi, perché ognuno, ovviamente, cerca di fare il proprio interesse.
La Santa Sede, però – spiega Gallagher – chiederà un passo successivo. Dato che il cambiamento climatico non deriva solo da dati scientifici, ambientali e socio-economici, ma soprattutto “etico-morali”, allora la delegazione della Santa Sede chiederà un accordo che abbia un “chiaro orientamento etico” perché in fondo “l’attuazione di elementi normativi o strutturali e le sole forza di mercato non sono sufficienti a risolvere le crisi interdipendenti concernenti il riscaldamento globale e la povertà”.
Insomma, il problema non è tanto (o non solo) cercare “uno sviluppo a basso contenuto di carbonio”, ma “anche e forse soprattutto di un autentico sviluppo umano integrale” e per questo “il cambiamento climatico diventa una questione di giustizia, rispetto e dignità”.
Se la Santa Sede sviluppa anche una educazione alla cura del creato attraverso le sue strutture, dal punto di vista diplomatico ci sono tre punti che fanno da linea guida al negoziato per il COP21: la richiesta di ancorare l’accordo a un chiaro orientamento etico; quella di promuovere il conseguimento degli obiettivi di attenuare l’impatto dei cambiamenti climatici, contrastare la povertà e far fiorire la dignità dell’essere umano; e guardare al futuro.
Il testo di riferimento è la “Laudato Si”, che è stato molto letto all’interno delle Nazioni Unite. Nei colloqui preliminari, la Santa Sede ha chiesto che venga riconosciuto “l’imperativo etico ad agire in un contesto di solidarietà globale” e il “richiamo a un’attenzione particolare verso le generazioni future e i gruppi più vulnerabili della generazione attuale”.
Da qui si è passati alla richiesta – strettamente collegata – di “attenuare l’impatto dei cambiamenti climatici” e allo stesso tempo “attenuare la povertà e far fiorire la dignità dell’essere umano”, perché “sono evidenti i forti legami esistenti tra la lotta al cambiamento climatico e quella alla povertà estrema”, legami che “mettono in evidenza che la minaccia del cambiamento climatico e la risposta ad essa può realmente diventare una interessante opportunità,” ovvero “l’opportunità di avviare un nuovo modello di sviluppo, di migliorare la salute, il trasporto, la sicurezza energetica e a creare nuove possibilità di lavoro”.
L’arcivescovo Gallagher plaude allo sviluppo di tecnologie “necessarie per perseguire un’economia a basso uso di carbonio” e che accedervi costa sempre meno, mentre “ci sono nuove politiche a livello nazionale e regionale” che si sviluppano, dato che mostra che è “inevitabile la transizione verso un’economia a basso contento di carbonio” e ne sono consapevoli “anche le industrie più inquinanti”.
Ma questa transizione “dipenderà anche da quanto gli Stati si impegneranno per rafforzare il quadro di investimento” a favore della transizione, e quello che uscirà fuori dal COP21 sarà significativo. La Santa Sede, da parte sua, ha chiesto più volte investimenti finanziari in tal senso, che non siano oggetto di corruzione ma che facilitino anche i governi più deboli finanziariamente.
Le soluzioni proposte nella “Laudato Si” sono molte, e in fondo l’accordo non può entrare nel dettaglio, ma l’arcivescovo Gallagher chiede che l’accordo sia “formulato in modo tale da ispirare una corretta ed efficace attuazione” di queste politiche, con l’idea che i Paesi sviluppati “dovrebbero dare il buon esempio e prendere l’iniziativa” nel “limitare il consumo di energia non rinnovabile” e “promuovere una collaborazione a favore dello sviluppo e del trasferimento delle tecnologie” in modo da risolvere “il debito ecologico” tra Nord e Sud denunciato dalla Laudato Si.
Una collaborazione tra Paesi che dovrebbe “essere ancorata ad una prospettiva lungimirante di lungo periodo”. Per questo, ci vuole “un accordo con ampia prospettiva temporale”, che preveda “processi di revisione degli impegni e di follow up trasparenti, efficaci e dinamici, in grado di aumentare progressivamente il livello di ambizione, nonché garantire un adeguato controllo”, ma che allo stesso tempo garantisca “la partecipazione nei processi decisionali delle popolazioni locali”.
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