Città del Vaticano , martedì, 22. settembre, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Un protocollo anti-corruzione tra Segreteria per l’Economia e Ufficio del Revisore Generale della Santa Sede è stato firmato lo scorso 18 settembre. Ne ha dato notizia la Sala Stampa della Santa Sede, specificando che le due autorità “collaboreranno in maniera ancora più stretta nell’identificazione dei rischi di corruzione e per una efficace attuazione delle norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato di città del Vaticano recentemente approvate”.
Ma perché la firma di questo protocollo? Significa che prima del protocollo la Santa Sede non controllava gli episodi di corruzione? È un segno di un rinnovato impegno per la trasparenza? In realtà, il protocollo è il termine di un lungo percorso della Santa Sede cominciato con l’adesione alla Convenzione di Merida nel 2003.
La Convenzione è lo strumento multilaterale delle Nazioni Unite per la lotta alla corruzione. Significa che tutte le nazioni che aderiscono alla convenzione si impegnano a rispettarne i principi e a svilupparli nel loro quadro legislativo, ciascuno ovviamente seguendo anche la particolarità del proprio sistema giuridico.
Gli Stati che vi aderiscono sono tenuti a perseguire e punire la corruzione attiva e passiva dei pubblici ufficiali nazionali, la corruzione attiva dei pubblici ufficiali stranieri e la corruzione nel settore private.
La convenzione di Merida, in particolare, si applica alla prevenzione, alle indagini e ai procedimenti giudiziari per corruzione, nonché al congelamento, al sequestro, alla confisca e al rendimento dei ricavi provenienti dai reati e comprende norme volte a prevenire e combattere il riciclaggio. La Convenzione stabilisce anche standard relativi alla contabilità nel settore privato, alla trasparenza e alla parità di accesso di tutti i candidati a contratti di fornitura e servizio per opere pubbliche.