L’1 marzo 2019, poi, il Consiglio dei Pagamenti Europeo aveva annunciato con un comunicato l’ingresso della Santa Sede insieme con Andorra. Nel comunicato del Consiglio dei pagamenti si ricordava che “gli schemi SEPA ora sono applicati nelle 28 nazioni dell’Unione Europea più Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Monaco, San Marino e, appunto, Città del Vaticano e Andorra” e specificava che tutti i benefici degli scambi nell’area SEPA saranno effettivi “dal momento in cui le loro istituzioni finanziarie aderiranno agli schemi di pagamento”.
L’ingresso nell’area SEPA facilita le operazioni finanziarie tra quanti aderiscono all’area, perché per i Paesi aderenti non c’è più distinzione tra pagamenti nazionali e transfrontalieri. Si tratta di avere costi abbattuti e migliori servizi.
Perché ci sia l’ingresso nella SEPA, lo Stato che fa richiesta deve avere una serie di prerogative. In particolare ci deve essere la giusta cornice istituzionale e giuridica e un quadro regolamentare, inclusi efficaci presidi di vigilanza, adeguato sul fronte dei pagamenti.
Vale la pena ricordare che l’Autorità di Informazione Finanziaria ha emanato già nel maggio 2018 il regolamento numero 3 con il quale sono disciplinati i servizi di pagamento offerti dagli enti che svolgono professionalmente attività di natura finanziaria. Il Regolamento traspone anche le disposizioni della direttiva europea sui servizi di pagamento, la cosiddetta “PSD2”. Prima ancora il regolamento numero 2 aveva stabilito norme in materia di bonifici e informazioni che devono accompagnare i bonifici.
La Santa Sede è stata quindi riconosciuta avere un sistema che può sostenere tutti questi requisiti. Contestualmente all’ingresso nell’area SEPA, è stato registrato un IBAN vaticano.
L’IBAN è un codice utilizzato nelle transazioni fra conti correnti diversi, che contiene l'identificazione del paese, della banca e del numero di conto corrente.
Nel registro IBAN, pubblico e consultabile on-line, si sottolineava che la data effettiva del funzionamento dell’IBAN vaticano non avrebbe avuto luogo prima di novembre. Si poteva dunque presumere che nessuna istituzione finanziaria vaticana fosse pronta per l’adesione agli schemi di pagamento SEPA. Il comunicato dello IOR conferma che c’era bisogno di un adeguamento, ma allo stesso tempo vuole dimostrare che l’Istituto è riuscito anche ad anticipare i tempi.
Da un punto di vista pratico, nell’immediato cambia poco in Vaticano. Ci sono già le carte di credito, la tracciabilità dei bonifici è garantita dalla messaggistica SWIFT con la quale sono effettuati i bonifici, e dunque le operazioni finanziarie sono tracciabili.
Già la prima valutazione del comitato MONEYVAL sulla Santa Sede nel 2012 era generalmente positiva, e sottolineava come le procedure per le transazioni erano largamente in linea con i criteri stabiliti dalle raccomandazioni speciali sui trasferimenti di denaro. Il sistema è stato ulteriormente migliorato, come hanno dimostrato i rapporti positivi sui progressi del 2013, 2015 e 2017
L’ingresso nella SEPA è però un segnale importante per la Santa Sede.
Il Sistema Unico di Pagamenti Europei è supportato da quattro istituzioni: la Commissione Europea, che rappresenta l’interesse generale ed è l’istituzione che propone legislazione e implementa le politiche; la Banca Centrale Europea, che lavora come catalizzatore nel sistema di pagamenti Europei; il Parlamento Europeo; e il Consiglio Economico e Finanziario, composto dai ministri delle finanze degli Stati membri.
Il circuito dei pagamenti è un circuito tecnico, la giurisdizione deve garantire, come detto dei precisi requisiti regolamentari e tecnici.
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Per essere precisi, le istituzioni finanziarie vaticane devono essere conformi alla normativa AIF sui servizi di pagamento, devono rispettare alcune prerogative tecniche, e devono anche rendere tecnologicamente possibile l’adesione agli schemi di pagamento SEPA. Insomma, si tratta di essere efficienti e conformi al quadro regolamentare stabilito dall’Autorità di Informazione Finanziaria.
L’adesione agli schemi di pagamento SEPA potrebbe riguardare non solo l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), quale istituzione finanziaria, ma anche l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), in questo secondo caso nella veste di “organo governativo” finanziario.
Al di là del successo dell’Istituto delle Opere di Religione nell’elevare i propri standard, l’ingresso nell’area SEPA è prima di tutto un da parte delle istituzioni europee del lavoro svolto in questi anni dalla giursidizione della Santa Sede / Città del Vaticano, in particolare con la legge anti-riciclaggio numero XVIII del 2013 e poi la revisione degli statuti dell’Autorità di Informazione Finanziaria del novembre 2013. I nuovi statuti chiarivano come l’AIF fosse l’autorità centrale competente per l’intelligence finanziaria e per la vigilanza degli enti che svolgono professionalmente una attività di natura finanziaria.