Conclude Barbagallo: “La decisione di revoca del provvedimento di sospensione consente di riprendere la collaborazione con le Unità di intelligence finanziaria degli altri Paesi in piena trasparenza e con spirito totalmente cooperativo”.
La riammissione della Santa Sede in Egmont è una buona notizia alla vigilia della periodica ispezione sull’efficienza del sistema antiriciclaggio della Santa Sede da parte di MONEYVAL, il comitato del Consiglio all’Europa. La valutazione di MONEYVAL, prevista per la primavera del 2020, si andrà a concentrare questa volta sulla effectiveness, cioè sull’efficacia del sistema antiriciclaggio, che – si leggeva al termine del rapporto 2017 – si valuta sulla base dei “risultati che sono raggiunti dalle azioni giudiziarie e dai tribunali”.
Si tratta di un nodo cruciale, dato che lo stesso rapporto MONEYVAL del 2017 notava che “i risultati nella applicazione delle leggi e l’attività giudiziaria a due anni dall’ultimo rapporto restano modesti” (punto 64 del Moneyval Progress Report sulla Santa Sede del 2017).
La firma del protocollo di intesa con Egmont può anche essere un passo del promotore di giustizia per accreditarsi come interlocutore con le autorità europee, come era stato ventilato in alcuni commenti che avevano fatto seguito alle prime notizie sul provvedimento.
Le perquisizioni di ottobre avevano portato alla sospensione di cinque officiali vaticani, tra cui il direttore dell’AIF Tommaso Di Ruzza, ma hanno soprattutto certificato una crisi istituzionale all’interno della Santa Sede che sembra non avere precedenti. Ancora, tra l’altro, non ci sono notizie su come le indagini stiano proseguendo, mentre le carte dei promotori di giustizia vaticani, che si limitavano a parlare di un ruolo “poco chiaro” dell’AIF, senza che ci fossero accuse specifiche del direttore e comunque parlando di attività istituzionali dell’AIF. Da qui, la presa di posizione del Consiglio Direttivo dell’Autorità di Informazione Finanziaria, che aveva ribadito piena fiducia al direttore Di Ruzza in un comunicato del 23 ottobre scorso.
Le carte processuali erano state pubblicate da un noto settimanale italiano, non certo propenso a difendere la Chiesa, che pure affermava che ci sarebbero “altre evidenze non citate dai magistrati. Che dimostrano come l'AIF, una volta avvertita da Pena Parra, avvisi subito le autorità antiriciclaggio inglesi e lussemburghesi”.
I contorni delle indagini restano, dunque, poco chiari. Tra l’altro, le operazioni della compravendita riguardavano la Segreteria di Stato e i suoi fondi, attività che non ricadano sotto la giurisdizione dell’autorità. Si è poi anche saputo che l’Autorità di Informazione Finanziaria aveva sconsigliato di procedere all’affare, soprattutto considerando i mediatori.
La crisi istituzionale ha creato, anche non volendo, una serie di conseguenze a catena che hanno portato lo stesso AIF a rimanere isolato a livello internazionale fino ad oggi.
Un isolamento che era dato da vari fattori. Prima di tutto, il gruppo Egmont, che raggruppa le Unità di Informazione Finanziaria di tutto il mondo, ha escluso la Santa Sede dal circuito delle comunicazioni sicure. Si tratta di rapporti di intelligence, che permettono di individuare le transazioni sospette e segnalarle. Va ricordato che grazie alla Santa Sede sono stati avviati procedimenti penali in Stati esteri. Tra questi, il procedimento avviato dalla Procura di Roma nei confronti del banchiere Gianpietro Nattino; il procedimento che ha condotto all’arresto di monsignor Patrizio Benvenuti a Bolzano; l’arresto del consigliere della Corte dei Conti federale del Brasile José Gomes Graciosa, caso segnalato in forma anonima in un box del rapporto AIF 2017.
(Articolo aggiornato alle 10.27 del 24 gennaio 2020, con la specifica che il protocollo di intesa è stato firmato tra Promotore di Giustizia e AIF, non tra promotore di giustizia ed Egmont, come inizialmente riportato)
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