Città del Vaticano , lunedì, 5. febbraio, 2018 9:00 (ACI Stampa).
Ci sono voluti 59 anni perché un presidente turco tornasse a visitare un Papa in Vaticano. Allora era stato il presidente Celal Bayar, oggi è Recep Tayyp Erdogan. Allora, si cominciavano ad aprire le relazioni diplomatiche. Oggi, le relazioni diplomatiche servono ad un obiettivo concreto, e hanno una agenda precisa.
La visita di Erdogan a Papa Francesco non rappresenta un miglioramento improvviso dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Turchia, che da quando furono aperti, nel 1960, sono sempre stati fluttuanti. Il presidente turco vuole piuttosto parlare con il Papa della questione di Gerusalemme, notando che la Santa Sede si è più volte pronunciata per lo status quo della Città Santa dopo la decisione del presidente Trump di riconoscerla capitale di Israele spostandovi la sede dell’ambasciata USA nei prossimi mesi.
La questione di Gerusalemme è stata la scusa che ha portato il presidente turco a chiamare due volte Papa Francesco, il 7 e il 29 dicembre. E queste due telefonate hanno gettato un ponte che però sembra essere soprattutto una necessaria propaganda del presidente turco, il cui primo obiettivo è quello dell’ingresso della Turchia nell'Unione Europea.
L’entrata in Europa dalla finestra vaticana non sarà però così facile. Anche perché il Vaticano, sulla questione Turchia in Europa, ha mantenuto sin dall’inizio del processo nel 2002 una insistita neutralità. Solo, in due memorandum inviati agli allora 15 Stati Europei che avevano dato il via libera al processo di ingresso, la Santa Sede aveva fatto notare le condizioni che riteneva imprescindibili perché Ankara fosse ammessa nell’Unione Europea, e la prima di queste condizioni era il rispetto della libertà religiosa.
Nel corso degli anni, ci sono stati molti passi avanti nel dialogo tra Santa Sede e Turchia sul tema del dialogo interreligioso. E non è da sottovalutare l’accordo che il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso siglò con il Dyianet, il dicastero turco che si occupa di affari religiosi, nel 2002. Ma proprio il Dyianet, presieduto da Mehmet Gormez, ha mostrato a volte il suo volto più islamista, lasciando ad Erdogan, prima Primo Ministro poi Presidente, la parte di proporsi come un leader moderato.