Roma , giovedì, 29. aprile, 2021 18:00 (ACI Stampa).
“A volte forse sembrerà che il cuore non possa reggere a tanta pena, ma il Signore certo è con noi anche quando più ci chiede e più ci prova, anzi allora ancora di più”: così scriveva Maria Marchesi in una delle molte lettere al marito, il beato Odoardo Focherini, che la nipote, Maria Peri, ha raccolto nel libro ‘Maria Marchesi. E fummo una nelle braccia dell’altro’: “Ricordo mia nonna anziana e malata. Volevo riscoprirla, capire di chi si era innamorata”.
In questo cammino nella memoria Maria Peri ha consultato le numerose carte conservate nell’archivio di Odoardo Focherini. Tra queste i “bellissimi biglietti ricevuti in occasione del loro matrimonio, lettere di parenti, amici e l’Azione Cattolica che ringrazia, tutte le associazioni di cui facevano parte. I biglietti ricevuti nell’occasione della nascita dei figli, quelli delle condoglianze per i lutti. Le condoglianze per la morte di Odoardo Focherini e l’anno successivo di un figlio. Sono testimonianze di chi guardava con gli occhi della contemporaneità che io non potevo aver avuto. Un’amica ha definito mia nonna ‘la donna del Vangelo’ un’espressione che mi è rimasta nel cuore”.
Alla storica specializzata del periodo del fascismo e delle deportazioni, chiediamo di raccontarci quale donna era Maria Marchesi: “Maria Marchesi nasce a Mirandola (MO) nel 1909; la sua famiglia è originaria di Rumo, in Val di Non. Cresce in Azione Cattolica e diventa educatrice delle ‘beniamine’. A 16 anni conosce Odoardo Focherini con il quale si sposa nel 1930. Hanno 7 figli che crescono con amore e devozione. Maria condivide con il marito le scelte di vita e di impegno sociale; in particolare, lo sostiene nell’incarico di amministratore delegato dell’Avvenire d’Italia e nella scelta di creare una rete di aiuto agli ebrei perseguitati. Non conosce i dettagli tecnici, ma accetta il rischio e, in alcuni casi, lo vive in prima persona. Di fronte all’arresto e alla deportazione del marito, fa di tutto per stargli vicino e per renderlo presente ai figli con parole di stima e affetto. Quando viene a sapere della morte del marito, non si perde d’animo ed affronta problemi e difficoltà senza mai disperarsi. Per molti anni ha partecipato agli eventi organizzati in onore del marito portandone avanti la memoria con attenzione e pudore. Ai figli e ai nipoti, ha sempre parlato dello sposo con amore e nostalgia, ma senza rimpianto per le scelte fatte, scelte di vita basate sul Vangelo. Muore nel maggio 1989”.
Cosa scriveva al marito Odoardo?
“Maria ha scritto decine di lettere al marito; lui stesso scrive nelle sue di riceverle e di godere del loro contenuto. Per vari motivi, 22 lettere sono tornate al mittente. Da queste possiamo farci un’idea del contenuto e del linguaggio di questi scritti. Maria scrive in un italiano corretto e ricco di termini. Scrive al marito raccontando la quotidianità di casa: la scuola delle figlie più grandi, la Cresima del quartogenito, lo svezzamento della più piccola… riferisce le piccole, grandi cose che caratterizzavano la loro famiglia e, in questo modo, fa sentire a se stessa e allo sposo una maggiore vicinanza. Se Odoardo il 31 luglio le scrive: ‘Comunque sia, in ogni momento saremo in comunicazione come lo siamo ora, forse di più, ché la distanza agirà inversa mente sui nostri cuori, sui nostri desideri, sulle nostre volontà, sui nostri cuori [sic], su tutto noi stessi e anziché dividerci ci unirà, anziché allontanarci ci avvicinerà’, lei gli risponde nella lettera del 3 settembre: ‘La lontananza fisica sarà superata, l'unione spirituale sarà così intima, così profonda, così sentita che quella scomparirà’. Maria non nasconde paura e angoscia, ma trova sempre, nella fede, le parole per rincuorare se stessa ed Odoardo”.