Roma , martedì, 19. novembre, 2024 14:00 (ACI Stampa).
Una lastra di marmo con un nome sopra: Dolindo Ruotolo. E sopra il nome, una fotografia che ritrae un volto dolce, rassicurante. Era questo Don Dolindo Ruotolo per molti napoletani: un sacerdote dolce. E a distanza di 54 anni dalla sua morte (19 novembre 1970) sono ancora molti coloro che si recano da lui, davanti alla tomba che si trova nella chiesa San Giuseppe dei Vecchi e di Nostra Signora di Lourdes a Napoli. Molti chiedono che possa intercedere per loro, per un familiare ammalato; o, ad esempio, molti chiedono semplicemente un consiglio, una risposta alle loro domande. In fondo, lo stesso Don Dolindo Ruotolo lo aveva detto: “Quando sarò morto, bussate tre volte alla mia tomba e io vi risponderò”.
La fama di santità a Napoli di questo sacerdote è davvero grande: basterebbe entrare nella chiesa San Giuseppe dei Vecchi nell’anniversario della sua morte per rendersene conto. Il dialogo tra questo sacerdote e il popolo napoletano è davvero impressionante. Ma non solo nel giorno dell’anniversario della morte: ogni 19 del mese, infatti, sono tanti i pellegrini prvenienti da tutta Italia e dal mondo a recarsi presso la tomba.
Ma chi è questo sacerdote che richiama così tanti fedeli? Una vita non facile, certamente, quella di Don Dolindo Ruotolo che ebbe persino l’onta della sospensione a divinis per essere poi riabilitato definitivamente nel 1937, a 55 anni. Una biografia a volte controversa che, per alcuni tratti, ha delle somiglianze con un altro mistico del Sud dell’epoca, San Pio da Pietrelcina. E proprio il famoso frate cappuccino definirà Don Dolindo Ruotolo “Santo sacerdote”. Si racconta, infatti, che molti fedeli partenopei che arrivavano a San Giovanni Rotondo venivano invitati ad andare dal sacerdote napoletano: “Venite da me - così sentenziava il frate capuccino - quando a Napoli avete Don Dolindo Rutolo?”.
Ci ha lasciato un’enorme mole di scritti (circa diecimila): il solo “Commento alla Sacra Scrittura” consta di ben 33 volumi; e poi ci sono le molte opere teologiche e mistiche; migliaia e migliaia di epistolari, scritti autobiografici e di dottrina cristiana. Ma, forse, lo scritto più famoso è “L’Atto di abbandono a Gesù”: “Gesù alle anime: Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose”. Una preghiera in cui ricorre più volte una semplice frase: “Gesù pensaci tu!”. E’ un totale abbandono alla volontà di Dio.
E poi, la devozione ardente alla Madonna: si faceva chiamare “O vecchiariello d’a Madonna”. “Maria, mi basta nominarti per sentire il cuore sussultare e infiammarmi tutto”, così diceva nelle sue omelie. Il suo ultimo Natale, il 25 novembre 1969, scriveva ad alcune figlie spirituali: “Ho vegliato tutta la notte e con l’anima mi sono raccolto nella grotta di Betlem, dove ho contemplato la Madonna che mi è parsa trasumanata come un fascio di luce trasparente (...). Era come un cristallo tersissimo e splendeva il suo bellissimo volto. Maria era raccolta nell’immensità di Dio”.