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Don Antonio Ruccia: Quaresima per vivere una Pasqua vivificante

L'intervista a don Antonio Ruccia, parroco della chiesa di San Giovanni Battista a Bari, direttore della Caritas di Bari-Bitonto e docente universitario

La copertina del libro di don Antonio Ruccia | La copertina del libro di don Antonio Ruccia | Credit Editore Apostolato della Preghiera Edizioni La copertina del libro di don Antonio Ruccia | La copertina del libro di don Antonio Ruccia | Credit Editore Apostolato della Preghiera Edizioni

"Sacrificare fa rima con appropriarsi. Sacrificarsi, al contrario, fa sempre rima con donarsi. Infatti, se Pasqua vuol dire, vuol dire soprattutto donare. Donare vuol dire amare gratuitamente senza aspettarsi il contraccambio.   L'amore pagato è un amore strumentalizzato. L'amore è un servizio donato. Gesù corregge tutti. Lo fa con una mossa a sorpresa indicando che solo donandosi si può amare... La fede è un impegno da non limitare, un amore da non circoscrivere ma una vita da consumare perché ogni crocifisso non resti ancora un macabro spettacolo sotto gli occhi dell'umanità Sacrificarsi per amare e riscattare e non per celebrare: questo è il messaggio del Crocifisso, questa è la Pasqua da realizzare”.

Quindi non basta credere per essere cristiani: "Non basta oltrepassare una porta per sentirsi liberi e dire di essere 'cristiani in uscita'. Non basta percorrere una strada in salita per raggiungere l'obiettivo e sentirsi 'giubilati'. Se c'è una strada da percorrere per vivere il giubileo dobbiamo stringerci la mano e passare dalla disperazione alla risurrezione senza lasciare nessuno durante il cammino. Gli affamati, i migranti, le donne usate, gli ammalati ei bambini abbandonati ci chiedono di non essere commiserati, ma amati e riscattati. La quaresima non è tempo di disperazione. Non è orientata al Venerdì Santo, ma alla Pasqua di risurrezione.

Sollecitati da queste riflessioni scaturite dal libro 'Via Crucis del Giubileo - Dalla disperazione alla Risurrezione' scritto da suor Mimma Scalera , direttrice della 'Cittadella Sanguis Christi' di Trani, e da don Antonio Ruccia , parroco della chiesa di San Giovanni Battista a Bari, direttore della Caritas di Bari-Bitonto e docente di teologia pastorale alla Pontificia Università Urbaniana e alla Facoltà teologica di Bari, per chiedere a quest'ultimo autore di narrare in quale modo è possibile vivere la Pasqua in questo anno giubilare:  "Il giubileo è l'occasione propizia che la Chiesa offre per poter ricominciare. Per farlo è necessario affidarsi al Signore e avere la certezza che il Signore non lascia nessuno per strada. I pellegrini della speranza, quelli che camminano sulla strada del mondo, non marciano nella speranza attendendo che cambia qualcosa, ma sono quelli che cambiano passo dopo passo la storia. Non l'affrontano con il passo di chi è stanco appena inizia, ma con la forza di chi crede che amare è sempre il contrario di snobbare”.   

 

Perché la Quaresima è il tempo delle 'vivificazioni'?

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“Per immergersi nella Quaresima è necessario camminare. Ma non basta essere dei pellegrini. Bisogna diventare pellegrinanti.  I ‘pellegrinanti della speranza’ sono quelli che, immergendosi nella vita quotidiana, intendono impegnarsi contro le ingiustizie del mondo. Non appartengono alla categoria degli elemosinieri, ma dei motivanti. Sono quelli che non hanno timore di affermare che ogni guerra è ingiusta e che lo sfruttamento delle risorse naturali è un peccato contro l’umanità. Sono quelli che provano a convertirsi e a progettare una finanza etica e a non avere paura di essere impopolari ed emarginati a causa di quanto affermano. Sono queste vivificazioni che determinano le scalate del Calvario. In caso contrario si è solo spettatori o, peggio ancora, dei figuranti del massacro di Gerusalemme. Sono credenti che vogliano essere determinanti e che hanno la certezza che è sempre possibile migliorare senza mai indietreggiare per camminare con Cristo che per noi ha dato tutto e che con noi intende continuare a cambiare l’umanità, partendo proprio da noi”. 

 

Allora, per quale motivo la Quaresima non è il tempo della disperazione?

“I disperati non sono catalogabili con coloro che salgono al Calvario. Non appartengono né alla ‘confraternita dei cirenei’ né tanto meno a quella delle ‘Veroniche’. Non hanno il coraggio né di aiutare Gesù, né di metterci la faccia. La quaresima, invece, aggrega i ‘camminanti’, quelli che aspirano a cambiare e, per dirla grossa, a rivoluzionare la storia, come Gesù. Gli uomini e le donne che sperano rivoluzionano sé stessi e il mondo e non si rinchiudono nei lacrimatoi di una fede tetra ed insignificante.  Gesù non muore da disperato, ma da amato. Tanto è vero che il centurione, sotto la croce, lo dichiara Figlio di Dio. Quelli che sperano non  si fermano, ma camminano sempre nella certezza di essere sempre dei giubilanti”.

 

Come è possibile passare dalla disperazione alla resurrezione?

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“La bacchetta magica la usano i maghi che fanno spettacolo. Quelli che camminano con il passo della speranza e che non si arrendono dinanzi agli ostacoli procedono insieme agli altri e al fianco del Cristo che porta la croce per noi. Tutto questo per affermare che non saranno mai i miracoli a cambiare la vita dei credenti, ma l’impegno costante della vita della comunità. E’ l’esperienza della comunità fatta da ragazzi, giovani ed adulti che permette di risorge. Un cammino che non si circoscrive ad una quaresima, né ad un anno giubilare. E’ il cammino di chi ogni giorno cerca e ricerca come concretizzare l’amore e soprattutto come investire nell’amore cominciando dai poveri”.  

 

In questo tempo quaresimale quale significato acquista il verbo ‘azzerare’?

"Il termine 'azzerare' mette insieme sia il senso del giubileo, sia l'azione di Gesù che sulla croce 'azzera' i peccati dell'umanità. Cristo ci insegna che azzerare vuol dire non solo ricominciare, ma soprattutto ribaltare il male. Vuol dire coinvolgersi come cristiani contro i soprusi, le ingiustizie, le violenze, le mercificazioni, le guerre e le mancate attenzioni verso i meno fortunati. Vuol dire schierarsi con Cristo e dalla parte dei 'Cristi viventi'. Gesù chiede a tutti che si sforni amore. Un amore pari a quello di una mamma quando mette al mondo suo figlio poiché il suo grido di dolore diventa grido di amore.