Mosul , venerdì, 13. marzo, 2020 14:00 (ACI Stampa).
Forse è il primo vescovo martire del Terzo Millennio. Ma, in fondo, non contano questi tristi primati. Il fatto è che l’arcivescovo Paul Faraj Rahho di Mosul, in Iraq, è stato trovato morto il 13 marzo 2008, dodici anni fa. Era stato rapito il 29 febbraio 2008, e nulla si sa della sua morte. Ma di certo si sa che è un martire.
Ed è uno dei tanti martiri di Iraq che ci sono stati nel corso degli ultimi 16 anni. Si pensa all’Iraq, e si pensa all’assedio dello Stato Islamico e agli orrori del Califfato. Ma si dimentica tutto quello che è successo dopo la fine della Seconda Guerra del Golfo del 2003. Perché è da allora che è cominciato l’esodo nascosto dei cristiani dal Medio Oriente. Perché è in quegli anni che cominciano gli attacchi alle chiese e ai cristiani.
Un anno prima della morte dell’arcivescovo Rahho, era stato padre Ragheed Ganni a finire ammazzato brutalmente, insieme a tre catechisti. E recentemente in Iraq si è chiusa la fase diocesana per la beatificazione di 48 martiri uccisi in un attacco terroristico alla chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad nel 2010.
Padre Rebwar Basa ha conosciuto bene sia padre Ganni che il vescovo Rahho. Il primo era presente alla sua ordinazione sacerdotale, il secondo era il primo celebrante ed era anche il rettore del seminario dove aveva studiato.
“Tra i bei ricordi con l’arcivescovo Rahho – racconta – c’era anche lo sport spirituale che aveva istituito, che si concludeva con il gesto di lavarsi i piedi a vicenda. Lui sosteneva che non si dovesse fare solo il giovedì santo, ma spesso, Perché questo rito ci fa ricordare che siamo servi di Cristo e dobbiamo servire i nostri fratelli come Egli ci ha serviti e ha sacrificato la propria vita per noi”.