Città del Vaticano , lunedì, 13. aprile, 2015 10:01 (ACI Stampa).
L’accenno di Papa Francesco nell’Urbi et Orbi di Pasqua agli accordi di Losanna sul nucleare iraniano ha testimoniato l’attenzione della Santa Sede sul tema del disarmo nucleare. Da tempo, la Santa Sede è impegnata sul tema del disarmo nucleare, e proprio ieri l’Osservatore Permanente delle Nazioni Unite a New York ha promosso con il Global Security Institute un incontro su “Armi nucleari e bussola morale”. La posizione vaticana è estremamente equilibrata: da una parte, si devono mettere in luce i grandi benefici che si possono avere dalla tecnologia nucleare. Dall’altra, si sottolinea l’assoluta necessità di un disarmo nucleare. Che avvenga subito, e nel modo più completo possibile.
Temi che si ritrovano nell'intervento dell'arcivescovo Auza all'evento delle Nazioni Unite del 9 aprile. Dopo aver elencato tutti i richiami morali dei Papi, da Giovanni XXIII in poi, in termini di responsabilità morale sul possesso delle armi, e in particolare delle armi nucleari, e aver sottolineato il lavoro fatto alla Conferenza di Vienna, l'arcivescovo ha fatto un cenno preciso al Trattato sulla Non Proliferazione Nucleare, la cui revisione è in corso.
Ha detto l'Osservatore Permanente: "Nonostante alcuni progressi, il disarmo nucleare è attualmente in crisi. Le istituzioni che si suppone debbano muovere questo processo sono rimaste bloccate per anni. La promessa centrale del Trattato di Non Proliferazione è rimasto un sogno distante. in realtà, mentre le nazioni che possedevano un arsenale nucleare prima del trattato non solo non si sono disarmate, ma hanno persino modernizzato i loro arsenali nucleari, alcune altre nazioni che non possedevano arsenali li hanno acquisito, o sono in processo di acquisire le capacità dia vere armi nucleari. Ciò che è ancora più terrificante è la possibilità che attori non statali, come terroristi o organizzazioni estremiste, acquistino armi nucleari."
Auza ha poi sottolineato che la Santa Sede chiede un "cambio di pensiero" per raggiungere il difficile scopo di un mondo senza armi nucleari. Un approccio super partes, che rende completamente fuorviante cercare di tirare per la giacca il Papa per le parole dette all'Urbi et Orbi di Pasqua, sottolineando che le sue parole aiutano l’Iran, o che invece sostengono gli sforzi del gruppo 5+1 che ha negoziato l’accordo. Non c’era nessun retro testo geopolitico nelle parole di Papa Francesco. E non ci poteva essere, specialmente alla luce di un accordo che sta già producendo le prime frizioni, e che comunque diventerà effettivo a partire dal 30 giugno, se tutte le condizioni si saranno realizzate.
Piuttosto, la posizione della Santa Sede era stata ben definita nel documento prodotto durante la conferenza di Vienna del 9 -11 dicembre 2014. Era la terza conferenza sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, al termine di un percorso che era cominciato con un incontro ad Oslo, in Norvegia, e poi era proseguito a Nayarit, in Messico. Ma soprattutto era la prima volta che a questa conferenza partecipavano alcuni Stati in possesso di un arsenale nucleare.