Il 16 febbraio, la Santa Sede è intervenuta nella sessione conclusiva. “Tutti gli Stati partecipanti – ha detto monsignore Urbanczyk – hanno l’obbligo di garantire accesso trasparente ed equo al mercato del lavoro per tutti i loro cittadini, senza considerare il loro sesso, e questo accesso dovrebbe essere orientato verso la necessaria qualificazione”.
Ma la Santa Sede ha aggiunto che si deve anche dare “la dovuta attenzione alla famiglia, cellula fondamentale della società e pietra di costruzione della vita economica di domani”, perché “lavoro e famiglia sono intrinsecamente correlati alla dignità e allo sviluppo della persona umana, nonché al miglioramento della società”.
La Santa Sede ha ricordato ancora una volta “l’enorme ruolo del lavoro non pagato dalle donne”, che “non viene ufficialmente riconosciuto dall’economia formale, ma contribuisce non solo allo sviluppo economico di ciascuna nazione, ma sostiene anche i pilastri fondamentali che governano una società e una nazione”. E questo vale soprattutto “per il nobile e non pagato lavoro di educare i bambini e prendersi cura degli anziani, considerando anche quanto lo Stato dovrebbe altrimenti spendere per questi servizi sociali”.
La Santa Sede all’ONU di New York, l’impatto delle tecnologie di gitali
Il 16 febbraio, si è tenuto presso le Nazioni Unite di New York un dibattito generale della 59esima sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale, che si è concentrato su come le tecnologie digitali possano avere un impatto sullo sviluppo sociale e il benessere di tutti.
Il tema – ha spiegato l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York – è diventato particolarmente importante durante la pandemia, che ha mostrato quanto sia “interconnesso il nostro mondo oggi”, e quanto le famiglie siano state particolarmente colpite dalla nuova situazione.
Gli effetti della pandemia, ha detto il rappresentante della Santa Sede, si sono però sentiti anche nell’educazione, perché “i politici hanno lavorato duro per trovare soluzioni efficaci ed inclusive alle chiusure su larga scala delle scuole come risposta alla pandemia, mentre insegnanti, genitori, bambini, giovani, si sono dovuti adattare a nuove modalità di insegnamento, che hanno comunque dimostrato che “non c’è alcun sostituto per l’apprendimento di persona e la salutare interazione umana”.
Certo, l’importanza delle conoscenze informatiche è diventata cruciale, e dunque – ha sottolineato l’arcivescovo Caccia – “una educazione inclusiva di qualità è uno strumento essenziale per fare ponte tra le ineguaglianze, particolarmente per i bambini e i giovani poveri e svantaggiati. I nostri sforzi devono affrontare questo gap e assicurare una educazione inclusiva e di qualità”.
L’arcivescovo Caccia ha fatto presente che anche i rapporti del segretario generale hanno messo in luce come la crisi ha esacerbato le ineguaglianze esistenti, e che oggi almeno metà della popolazione del mondo – per varie ragioni – non usa internet, anche perché “in aree con poca densità abitativa, il costo di costruire infrastrutture internet è spesso proibitivo, considerato i relativamente pochi utenti”, e tra l’altro anche quando c’è accesso, manca spesso l’elettricità.
Sono temi che vanno risolti, come pure si deve considerare che le tecnologie digitali “hanno un impatto sul mercato del lavoro, contribuiscono alla creazione di posti di lavoro e facilitano il lavoro di quanti necessitino di rimanere a casa o sono impossibilitati a lavorare fuori casa. Sono tutti effetti da tenere in considerazione.
Nel suo lungo intervento, l’arcivescovo Caccia affronta anche il tema di migranti e rifugiati, tra quelli più colpiti dalla crisi della pandemia, che potrebbero essere beneficiati dall’impatto delle tecnologie digitale sia per rimanere in contatto con la famiglia, sia per trovare posti di lavoro, e anche per trasferire denaro attraverso i nuovi servizi finanziari digitali, in modo da poter aiutare le famiglie di origine.
Tuttavia, l’arcivescovo Caccia ha anche messo in luce “il lato oscuro del nostro nuovo mondo digitale”, che sono le nuove forme di attività criminale.
La Santa Sede all’ONU di New York, come eliminare il razzismo
Le Nazioni Unite hanno anche un Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC). Questo si è riunito il 18 febbraio, per parlare di “Reimmaginare l’eguaglianza: eliminare il razzismo, la xenofobia e la discriminazione per tutti nel decennio di azione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”. L’incontro si è tenuto in forma virutale.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Caccia ha condannato “la malattia del razzismo” in quanto “crisi nelle relazioni umane”. L’arcivescovo Caccia ha richiamato l’attenzione sul ruolo che il razzismo può giocare nella situazione di rifugiati e migranti di come la xenofobia ha portato a non tenere in considerazione il diritto alla libertà religiosa.
La Santa Sede ha chiesto alla comunità internazionale di unirsi per combattere razzismo, xenofobia e discriminazione.
FOCUS SANTA SEDE
Il Cardinale Parolin visita Rondine Città della Pace
Lo scorso 15 febbraio, ad Arezzo per la festa della Madonna del Conforto, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, è stato in visita alla Cittadella della Pace Rondine. La Città della Pace è uno studentato internazionale dove convivono giovani che provengono tra Paesi in conflitto tra loro. E l’Associazione Rondine – Cittadella della Pace è proprio impegnata nello sviluppare una cultura di pace. Tra gli ospiti dello studentato, anche undici giovani selezionati per il progetto “Mediterraneo: frontiera di pace, educazione e riconciliazione”, opera lanciata dalla CEI, e messa in pratica da Caritas in collaborazione con Rondine.
Al termine della visita, il Cardinale ha dichiarato: “Dirò al Papa che qui si sta costruendo la pace, poco a poco, mattone dopo mattone”.
COVID 19, un webinar per il Corpo Diplomatico
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha guidato il 18 febbraio un webinar per il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede su “La cura delle persone, dei popoli e del pianeta in tempi di pandemia”. Il webinar è stato promosso dalla Commissione Vaticana COVID 19, stabilita il 20 marzo 2020 nell’ambito del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che coinvolge vari enti vaticani tra cui la Segreteria di Stato per la parte diplomatica.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Gallagher ha sostenuto che “dobbiamo combattere la stanchezza che c’è ovunque nel mondo”, senza lasciarci schiacciare dallo “spirito di rassegnazione”, e che di fronte alle tante sfide di oggi “dobbiamo essere realistici per portare avanti la nostra agenda: la cura è l’ermeneutica del momento”.
Il webinar è stato aperto dal Cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Questi ha spiegato quali sono i compiti dei cinque gruppi in cui è divisa la commissione, ha sottolineato che è urgente “uno sforzo globale per uscire” dalla pandemia, ha insistito sulle responsabilità che ciascuno di noi ha nei confronti del prossimo.
L’incontro è stato moderato da padre Augusto Zampini, segretario aggiunto del Dicastero, e vi hanno partecipato anche padre Carlo Casalone, teologo membro della Pontificia Accademia per la Vita, e suor Carol Keehan, già CEO della Catholic Health Association negli Stati Uniti e attuale coordinatrice della Task Force di Salute Pubblica della Commissione Vaticana Covid-19.
Padre Casalone ha insistito sulla questione che tutti devono poter avere accesso al vaccino, come già indicato anche nella Nota della Commissione Vaticana Covid-19 in collaborazione con la Pontificia Accademia per la Vita “Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano”, ma anche messo in luce le complicazioni etiche dei vaccini, e – rifacendosi alla nota della Congregazione della Dottrina della Fede sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-COVID 19 – ha detto che “quando non sono disponibili vaccini contro il Covid- 19 eticamente ineccepibili”, “è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione”.
Suor Keehan ha invece sottolineato che “la crisi del Covid-19 ha colpito in modo sproporzionato i poveri, e l'attuale modello di distribuzione del vaccino minaccia di amplificare queste disuguaglianze”.
FOCUS ASIA
Un incontro con funzionari nordcoreani a Roma svelato
Lo scorso 15 febbraio, Lee Baek Man, che è stato ambasciatore della Corea presso la Santa Sede dal 2018 a quest’anno, ha rivelato che nel 2019 ha incontrato diplomatici della Corea del Nord a Roma, in un periodo in cui Papa Francesco aveva mostrato un certo interesse nel visitare la Corea del Nord.
L’ambasciatore ha rivelato il retroscena in Firenze’s Table, una pubblicazione Sud Coreana. L’incontro con l’ambasciatore nord coreano in Italia sarebbe avvenuto il 10 febbraio 2019, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, alla vigilia del secondo summit Stati Uniti – Corea del Nord che si teneva in Vietnam. L’incontro era anche una conseguenza della visita del presidente Moon Jae-in a Papa Francesco in Vaticano nel 2018, quando il presidente portò un invito informale a visitare la Corea del Nord e il Papa aveva dimostrato interesse a visiatre la Corea del Nord.
Dopo quell’incontro, nel dicembre 2018, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, aveva visitato la Corea del Nord per un progetto di cooperazione umanitaria, e lì aveva incontrato Kim Yong Nam, pesidente del Presidio della Suprema Assemblea del Popolo. L’ambasciatore Lee ha descritto l’incontro come molto inusuale, e come un segno dell’interesse nordcoreano per il Vaticano.
L’ambasciatore Lee ha anche parlato nel suo articolo dei contatti che il presidente Moon e il neo presidente USA Joe Biden hanno avuto, e in particolare del fatto che abbiamo parlato dei loro comuni valori cattolici nella prima chiamata. In quella conversazione telefonica, si è parlato anche del Papa, perché “considerando che il summit G20 si terrà a Roma ad ottobre quest’anno, ci potrebbe essere una importante discussione riguardo il processo di pace nella penisola nordcoreana.
L’ambasciatore Lee ha detto anche che, in occasione della sua visita di congedo al Papa nel novembre 2020, questi ha continuato a mostrare interesse per un eventuale viaggio in Corea del Nord.
Iraq, gli incontri prima del viaggio del Papa
È circolata persino la voce che il viaggio di Papa Francesco in Iraq potesse essere posticipato, a seguito delle nuove restrizioni da coronavirus, piuttosto stringenti, che coprono anche tutta la visita papale, prevista dal 5 all’8 marzo. Il ministero degli Esteri iracheno ha smentito ogni rinvio. E proseguono gli incontri di preparazione del viaggio.
L’arcivescovo Mitja Leskovar, nunzio in Iraq, si è incontrato lo scorso 14 febbraio con Mustafa al Kazemi, primo ministro di Iraq, per parlare dei preparativi della visita di Papa Francesco.
Il capo dell’esecutivo iracheno ha affermato che questa visita “contribuirà a consolidare la stabilità e a diffondere lo spirito di fratellanza in Iraq e in tutta la regione del Medio Oriente, dove i cristiani sono stati brutalmente perseguitati dal gruppo terrorista dello Stato Islamico”.
Durante la riunione, al Kazemi ha sottolineato “gli sforzi del Papa per evitare il conflitto” e rimarcato che sia il governo dell’Iraq che il popolo in tutti i suoi gruppi etnici e religiosi “guardano con rispetto e danno il benvenuto a questa onorevole visita”. Era un modo di fare riferimento alle polemiche sorte da parte di alcuni gruppi islamici radicali nei Paesi arabi, che hanno contestato la visita del Papa.
Il 16 febbraio, invece, l’arcivescovo Leskovar ha incontrato a Baghdad Karim Khan, Consigliere speciale delle Nazioni Unite e capo della Commissione di Inchiesta dell’ONU sui crimini dell’ISIS.
Scelto dal segretario generale ONU Antonio Guterres a capo della commissione, Karim Khan comincerà a giugno un mandato di nove anni come giudice della Corte Penale Internazionale, lasciando così la posizione di Consigliere Speciale.
Il 18 febbraio, il primo ministro iracheno ha invece ricevuto i membri del Consiglio dei Capi delle Comunità Cristiane del Paese. Il premier ha affermato che “l’Iraq non è Iraq senza cristiani”, e che gli iracheni “sono forti” della loro “pluralità culturale e religiosa, e rimarremo come simbolo di coesistenza, tolleranza e vera cittadinanza, nonostante tutte le insidie dei gruppi oscuri che hanno fallito nei loro progetti di distruzione del nostro stupendo Paese.
Il premier al Khadimi, ex capo dei servizi segreti iracheni e amico del principe saudita Mohammed Bin Salman, è ritornato in patria solo dopo la Seconda Guerra del Golfo dopo essere espatriato in Gran Bretagna.
Il primo ministro ha detto alle comunità locali che le istituzioni politiche sono chiamate a contrastare la corruzione e a favorire una convivenza solidale tra le diverse componenti sociali e religiose.