Inoltre, la Santa Sede ha enfatizzato “l’importanza della eguale partecipazione e il pieno coinvolgimento delle donne in tutti gli sforzi per mantenere la pace e la sicurezza”, e ha riaffermato il suo supporto all’implementazione di tutti gli impegni dell’OSCE riguardo il ruolo delle donne in tutti i livelli di prevenzione dei conflitti.
Monsignor Gyhra ha concluso mettendo in luce come “la Santa Sede supporta la partecipazione delle donne in tutti gli aspetti della vita pubblica, politica, economica sociale e culturale”, secondo “le loro aspirazioni personali”.
La Santa Sede a Vienna, il rapporto sulle Istituzioni democratiche e i diritti umani
Il 13 marzo, monsignor Richard Gyhra, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’OSCE a Vienna, ha preso la parola al Consiglio Permanente dell’OSCE a seguito di un rapporto da parte del Direttore dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani.
Secondo Gyhra, il rapporto conferma l’Ufficio per i Diritti umani come “uno dei partner principali degli Stati partecipanti nell’implementare i loro impegni di dimensione umana”, e la Santa Sede conta “nella professionalità e imparzialità dell’ufficio”.
E tuttavia, la Santa Sede sottolinea che “sarebbe contrario al ruolo fondamentale del consenso e al principio dell’eguaglianza della sovranità da parte degli Stati partecipanti” di considerare come “concordati consensualmente” alcune “particolare interpretazioni degli impegni” – e il riferimento è anche all’interpretazione che viene data ai diritti di salute riproduttiva, che nascondono l’aborto, o quelli di eguaglianza gender.
Gyhra insiste sulla “centralità della libertà religiosa e di credo”, perché “questa libertà costituisce la cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti umani e libertà fondamentali”, e “riconosce il contributo positivo che la religione può avere nella società è un passo importante nel superare la distorta idea che la religione costituisca solo un problema”.
Il dialogo interreligioso, in particolare, significa “promuovere una più ampia tolleranza”, e questo “contribuisce alla stabilità e sicurezza delle società democratiche”.
La Santa Sede vuole sottolineare che “il dialogo interreligioso è una questione interna delle comunità religiose”, le quali sono chiamate a decidere “liberamente se, su quali temi, e attraverso quali rappresentanti questo dialogo interreligioso ha luogo”.
D’altro canto, il dialogo tra le comunità religiose e i corpi governativi ha “altre premesse o obiettivi”, perché ha lo scopo di “una migliore comprensione e una cooperazione attiva su temi comuni”.
La Santa Sede poi si concentra sugli sforzi dell’Ufficio per i Diritti Umani nell’affrrontare razzismo, xenofobia e antisemitismo, così come l’intolleranza e la discriminazione contro Musulmani, cristiani e membri di altre religioni, come i crimini contro l’odio.
Il rapporto indica che i “crimini di odio” contro le religioni stanno crescendo, e rappresentano “la maggioranza degli incidenti riportati negli uffici”, con un sempre crescente numero di attacchi contro sinagoghe, moschee, chiese, altri luoghi di culto, cimiteri e siti religiosi.
La Santa Sede mette in luce che i crimini anti cristiani non sono più un fenomeno marginale, hanno luogo dove i cristiani sono maggioranza, e allora si deve riaffermare che “i crimini di odio e le altre forme di intolleranza e discriminazione possono colpire sia le comunità di maggioranza e di minoranza”.
Perciò “tutte le forme di intolleranza religiosa e discriminazione, che sia contro la maggioranza o la minoranza, devono avere uguale attenzione, evitando così approcci parziali e selettivi”, anche perché “i cristiani continuano a soffrire di pregiudizio, intolleranza, discriminazione e violenza” in tutta la regione OSCE e oltre.
La Santa Sede agli Stati Americani, la Giornata Internazionale della donna
Il 12 marzo, monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, Osservatore della Santa Sede presso l’Organizzazione degli Stati Americani, ha preso la parola in occasione della sessione congiunta del Consiglio Permanente e del Consiglio Interamericano per lo Sviluppo Integrale per Commemorare la Giornata Internazionale della Donna.
Monsignor Cruz Serrano ha ricordato che “la celebrazione della Giornata internazionale della donna dovrebbe ricordarci che tutti gli sforzi devono essere diretti alla creazione degli spazi e delle condizioni necessarie affinché ogni donna, in ogni fase della sua vita, possa realizzare il suo pieno potenziale”.
L’osservatore nota che “la capacità di prendersi cura, ad esempio, è senza dubbio un tratto femminile che deve essere espresso non solo all'interno della famiglia, ma anche in egual misura e con successo nella politica, negli affari, nel mondo accademico e sul lavoro”.
La Santa Sede punta anche ad una istruzione “solida e tempestiva, come strumento essenziale per il raggiungimento della realizzazione personale, economica e politica”.
Ha concluso monsignor Cruz Serrano: “Possa l'esempio di tante donne coraggiose che lottano per i propri diritti e per il benessere delle loro famiglie e comunità ispirare tutti a continuare a lavorare e a sognare per una società sempre più giusta e solidale”.
La Santa Sede a Ginevra, il dialogo con gli esperti del Debito Estero
Papa Francesco ha chiesto, nella bolla di indizione del Giubileo, un programma di cancellazione o alleviamento del debito estero per le nazioni più povere, che spesso destinano all’appianamento del debito la maggior parte delle loro risorse. La missione della Santa Sede a Ginevra ha tenuto una conferenza sul tema il 25 febbraio, insieme all’UNCTAD e a Brasile, Ghana, Filippine e Spagna, nell’ambito della visita a Ginevra dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.
Il 10 marzo, l’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e le altre organizzazioni internazionali a Ginevra, è intervenuto alla 58esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani nell’ambito del Dialogo Interattivo con l’Esperto Indipendente sul Debito Estero.
Il rapporto dell’Esperto Indipendente ha messo in luce che il debito pubblico globale ha raggiunto la cifra di 97 trilioni di dollari nel 2023. La Santa Sede guarda con preoccupazione alle cifre, sottolinea che “l’insostenibile costo del debito spesso si trasforma in tagli ai servizi pubblici essenziali come l’educazione e la sanità”, e considera un dato allarmante il fatto che “le nazioni in via di sviluppo spendano 13 volte più nella spesa per coprire il debito che nella lota all cambiamento climatico, una situazione esacerbata da una “inadeguata finanza climatica e le mancanze della architettura finanziaria internazionale”.
L’arcivescovo Balestrero ha anche sottolineato che, oltre al debito economico, c’è anche da considerare una nuova forma di debito, il debito ecologico, che “si riferisce alla responsabilità delle nazioni che hanno contribuito in maniera sproporzionata al cambiamento climatico”.
La santa Sede a Ginevra, la questione dei rifugiati nelle Americhe
Il 12 marzo, si è tenuto a Ginevra il 92esimo incontro del Comitato dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, durante il quale è stato diramato un aggiornamento regionale sulle Americhe.
L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, ha ricordato che ci troviamo ad un “crocevia di civiltà”, laddove diffuse violenze, conflitti e persecuzioni nel globo hanno sfollato in maniera forzata 139 milioni di persone solo quest’anno.
La Santa Sede mette in luce la necessità di un senso di fraternità e umanità comune per “mantenere il sistema internazionale di rifugiati vivo”, e sottolinea che questo senso di fraternità è sempre più messo in discussione, specialmente in tempi “di prova e di scoraggiamento”.
La Santa Sede chiede di riflettere sulla direzione che si vuole prendere per affrontare il problema, ricorda che la Convenzione dei Rifugiati del 1951 mette in luce che le persone che sono fuori dalla loro nazione di origine e non posso o non vogliono avere la protezione della nazione o hanno una paura ben fondata di essere perseguitati, hanno il diritto di cercare e godere di asilo.
Tuttavia, c’è una assoluta proibizione di ritorno forzato nella nazione dove rischiano di affrontare severe violazioni di diritti umani o anche la morte, perché “le vite umane devono essere protette in tutti i casi e il principio di non-refoulment deve sempre essere rispettato”.
La Santa Sede mette in luce che “lo status irregolare” non dovrebbe “essere automaticamente considerato criminale”, e si dice preoccupata che le persone in movimento sono spesso percepite come un problema da risolvere o, ancora peggio, come meri oggetti per i quali si deve trovare un posto”, e ritiene “imperativo di non perdere mai di vista il fatto che questi individui hanno una dignità, e che possono contribuire al benessere della società”.
Per questo, la Santa Sede incoraggia “tutti gli stakeholders ad assumere responsabilità condivisa in uno spirito di fraternità, in particolare nel contesto dell’integrazione dei rifugiati nella società, sia che la loro permanenza sia temporanea o parte di una soluzione durevole”. La Santa Sede ricorda comunque come “la vera integrazione deve rispettare la sicurezza e il benessere delle comunità ospiti”.
La Santa Sede mette in luce “il ruolo cruciale” degli Stati che hanno permesso a rifugiati e richiedenti asilo l’accesso all’inclusione ecomonica, e lode gli sforzi delle nazioni che “fanno riferimento alla inestimabile collaborazione delle organizzazioni religiosi”, le quali “con la loro durevole e stabile presenza sul campo sono spesso le prime a fornire protezione e assistenza nel raggiungere soluzioni durevoli”.
L'arcivescovo Balestrero conclude: “La soluzione è di trasformare la paura in speranza, e l’ansia in confidenza. La Chiesa cattolica, da parte sua, insieme alle sue molte istituzioni nelle Americhe e nel mondo, continuare ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare le persone in movimento senza discriminazione.
FOCUS SEGRETERIA DI STATO
Il 17 marzo il Cardinale Parolin partecipa al Tavolo del Ramadan
Il prossimo 17 marzo, si terrà a Roma la I edizione de “Il Tavolo del Ramadan – Iftar”, che unirà nel corso della cena le massime autorità religiose e diverse rappresentanze diplomatiche straniere in Italia e presso la Santa Sede. Ci sarà anche il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede.
L’iniziativa è promossa da Rajae Naji, ambasciatore del Regno del Marocco presso la Santa Sede, con l’organizzazione della Media International Communication Club.
L’ambasciatore ha sottolineato che si tratta di “una occasione importante per lanciare un messaggio di amore e buona convivenza, così come un forte invito alla riconciliazione attiva tra i fedeli a vari livelli”.
Marzo coincide quest’anno con il mese di Ramadan per i musulmani, ma è un mese caro anche ad ebrei e cristiani.
Il comitato organizzativo dell’evento è presieduto dall’editore italo-libanese Nizar Ramadan. Questi ha dichiarato che “conoscersi per rispettarsi è un antico percorso che richiede partecipazione di uomini e donne di buona volontà che hanno deciso oggi di riunirsi attorno al tavolo dell'iftar, nel mese di Ramadan. Solo attraverso la conoscenza possiamo esplorare la bellezza dei nostri mondi. Questo evento vuole tracciare una prospettiva di una corretta governance che deve contribuire ad una ed equilibrata convivenza civile anche tra le diverse comunità etniche e religiose del nostro giusto Paese”.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Israele – Santa Sede, la visita del Rabbino in Vaticano
Lo scorso 6 marzo, il popolare rabbino statunitense Shmuley Boteach ha fatto visita in Vaticano con una delegazione di rabbini. L’incontro è stato molto pubblicizzato.
In particolare, il rabbino ha messo in luce un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, durante il quale il capo della diplomazia vaticana è stato messo in video conferenza con Amir Onana, presidente della Knesset (la Camera israeliana), che lo ha invitato a visitare Gerusalemme.
Siria, la preoccupazione di Aiuto alla Chiesa che Soffre per la situazione nel Paese
Sembra già finita la primavera della Siria. I massacri degli scorsi giorni hanno portato sconcerto nella comunità cristiana,
Dopo il crollo del regime di Assad, nonostante la nuova amministrazione al Jolani fosse comunque di matrice jihadista perché proveniente dall’ISIS, la comunità cristiana del Paese aveva mostrato una certa fiducia. Ora, quella fiducia sembra essere venuta meno, dopo i massacri di molti alawiti nelle città di Tartus, Banias, Jabla, Latakia e i villaggi circostanti lo scorso 7 marzo, in risposta all’imboscata di alcuni militanti alawiti nel corso della quale sono rimasti uccisi circa 20 membri delle nuove di forze di sicurezza.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha espresso la sua “profonda preoccupazione” sull’escalation di violenza in Siria, notando che anche le comunità cristiane vivono ora in una “atmosfera di paura e incertezza”.
Una fonte ha detto ad ACS che le vittime dei massacri, più di 600, erano per la maggioranza civili, tra i quali “giovani donne, medici universitari e farmacisti”, e persino “famiglie con i figli”.
Anche alcuni membri di comunità cristiane sono periti nel corso del massacro. Tra questi, un padre e un figlio di una chiesa evangelica di Latakia, fermati e uccisi mentre viaggiavano in auto, così come il padre di un sacerdote a Banis.
La furia contro case e veicoli non ha avuto discriminazioni, e alcune famiglie cristiane si sono rifugiate nelle case di amici sunniti.
Il Vicariato Apostolico della Comunità Latina in Siria ha rilasciato una dichiarazione manifestando profonda preoccupazione per gli attacchi contro civili innocenti.
Nel documento, firmato dal Vescovo Hanna e datato 9 marzo 2025, si legge: “Ci uniamo alla voce di ogni persona onesta e patriottica in questo Paese, sottolineando il nostro rifiuto di ogni forma di violenza, vendetta e rappresaglia basate su motivi settari e religiosi. Ci appelliamo alle autorità del Paese affinché pongano rapidamente fine a questi attacchi, che sono incoerenti con tutti i valori umani, morali e religiosi». La dichiarazione menziona anche la promessa del presidente Ahmed Al-Sharaa di ritenere responsabili coloro che attaccano i civili e di attuare “le transizioni necessarie per condurre il Paese verso la sicurezza”.
Il documento ribadisce inoltre l'impegno per l'unità territoriale della Siria e respinge qualsiasi tentativo di dividere il Paese.
Lo stesso 9 marzo, nella Cattedrale Mariamita di Damasco, il Patriarca Giovanni X ha lanciato un appello urgente al Presidente Al-Sharaa. “I tragici eventi – ha detto il Patriarca - che si stanno svolgendo nella regione costiera della Siria hanno causato la morte di molti civili e membri delle forze dell'ordine, lasciando numerosi feriti. Tuttavia, la maggior parte delle vittime non era affiliata ad alcuna fazione militante. Si trattava piuttosto di civili innocenti e disarmati, tra cui donne e bambini. La sacralità e la dignità delle persone sono state violate, e gli slogan e i canti utilizzati stanno favorendo la divisione, alimentando il settarismo e minando la pace civile”.
Il Patriarca ha poi ricordato i saccheggi e le violenze a Banias, nel quartiere di Al-Qusour, dove «gli abitanti sono stati costretti a lasciare le loro case solo per essere giustiziati, dopodiché i loro averi sono stati rubati”, e ha denunciato la profanazione dei simboli religiosi, come una icona della Vergine Maria che è stata “distrutta, calpestata e profanata”.
FOCUS ASIA
Cina, arrestato un vescovo sotterraneo
È stato arrestato la scorsa settimana il vescovo Shao Zhumin di Wenzhou, nella provincia dello Zheijang. È considerato “vescovo sotterraneo” perché la sua nomina non ha avuto il riconoscimento del governo cinese. L’Ufficio di Sicurezza Nazionale di Pechino ne ha ordinato l’arresto a seguito della Messa di apertura dell’Anno Santo celebrata dal presule il 27 dicembre scorso. La Messa, cui hanno partecipato circa 200 fedeli, è stata considerata “illegale” da Pechino, perché avrebbe violato l’articolo 71 delle norme sugli Affari Religiosi.
Inizialmente, le autorità avevano comminato al vescovo Shao una multa di 200 mila yuan, circa 26 mila euro. Il vescovo ha contestato il provvedimento, e questo ha portato all’arresto per “garantire la sicurezza” del vescovo, secondo l’Ufficio della Sicurezza Nazionale.
L’agenzia del PIME Asia News, che ha dato la notizia, sottolinea che nulla si sa né del luogo di detenzione del presule né della durata della misura restrittiva.
Asia News dà anche voce ai resoconti di una interferenza da parte dell’Ufficio di Sicurezza Nazionale e Dipartimento per gli Affari Religiosi con un pellegrinaggio di alcune centinaia di persone organizzato dalla parrocchia di Cangnan, sotto la giurisdizione della chiesa di Wenzhou.
La diocesi di Wenzhou, descritta come diocesi sotterranea, ha sperimentato nelle ultime domeniche l’irruzione di agenti in abiti civili, che hanno impedito l’ingresso alla Messa domenicale di bambini e adolescenti.
La sorveglianza è stata attuata secondo un nuovo metodo: l’Ufficio della Sicurezza Nazionale, infatti, sta utilizzando le autorità locali nei quartieri, e le chiese sono sorvegliate dalle 7 del mattino a mezzogiorno, impedendo l’ingresso a bambini e adolescenti e impedendo ai sacerdoti di celebrare Messa.
Il vescovo Shao è considerato “sotterraneo”, vale a dire non riconosciuto dalle autorità di Pechino, perché ha rifiutato di aderire all’Associazione Patriottica controllata dal Partito Comunista Cinese.
Shao fu nominato nel 2007 vescovo coadiutore per succedere a Vincenzo Wei-Fang, morto nel settembre 2016. Le autorità cinesi considerano la sede “vacante”, e considerano la guida della locale comunità cattolica il sacerdote Ma Xianshi.
Il vescovo Shao è stato arrestato più volte negli ultimi anni. Lo scorso 25 febbraio, il vescovo ha inviato una lettera a tutta la diocesi invitando i fedeli a pregare per Papa Francesco.
Giappone, Papa Francesco scrive ad un ex condannato a morte
Papa Francesco ha inviato una lettera ad un uomo che ha trascorso 40 anni nel braccio della morte, prima di essere assolto definitivamente nel 2024. La lettera è stata firmata dall’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato, e indirizzata all’88enne Iwao Hakamata. Lo rendono noto i media nipponici.
Iwao Hakamata era stato accusato di un quadruplo omicidio nel 1966. Condannato e incarcerato, era stato battezzato con il rito cattolico nel 1984. Durante il viaggio di Papa Francesco in Giappone nel 2019, Hakamata aveva partecipato ad una Messa del Papa.
La lettera è datata 9 gennaio, ed è stata resa nota dalla sorella di Hakamata. “Sua Santità Papa Francesco è stato lieto di essere informato della assoluzione e spera che possa godere della pienezza della tua libertà e della compagnia di coloro che ti sono più vicini”. Il Papa, inoltre, “invia cordialmente la sua benedizione”.
La lettera è stata consegnata personalmente dal cardinale Kikuchi durante la sua visita alla casa di Hakamata ad Hamamatsu, nella prefettura di Shizuoka, alla fine di febbraio, ha confermato la sorella 92enne dell’ex detenuto, Hideko.
Incriminato per omicidio, rapina e incendio doloso, la condanna a morte di Hakamata era stata emessa nel 1980. Nuove prove hanno portato al rilascio dell’ex pugile professionista dalla casa di detenzione di Tokyo nel 2014.
Il suo caso era stato successivamente riaperto, e solo dieci anni dopo è stato assolto con formula piena dal tribunale distrettuale di Shizuoka in un nuovo processo.
FOCUS AFRICA
Nigeria, ucciso un altro sacerdote “senza motivo”
È stato rapito dalla sua residenza nella parrocchia di St. Mary Tachira, nella notte del 4 marzo ed è stato trovato morto nelle prime ore del 5 marzo, don Sylvester Okechukwu, 44 anni, che viveva nella diocesi di Kafanchan. Secondo Aiuto della Chiesa che Soffre, "non è stato dato alcun motivo per la sua uccisione per mano dei suoi rapitori".
L’assassinio del sacerdote mostra la difficile situazione dei cristiani in Nigeria, dove anche i sacerdoti sono un obiettivo. Al momento, ci sono altri due sacerdoti nigeriani dispersi dopo essere stati rapiti lo scorso 22 febbraio nella diocesi di Yola.
Secondo dati di Aiuto alla Chiesa che Soffre, nel 2024 ci sono stati 14 attacchi a sacerdoti in Nigeria: tredici sono stati rapiti e rilasciati, uno ucciso. La fondazione pontificia ha pubblicato un video lo scorso 4 marzo evidenziando la persecuzione cristiana in diversi Paesi dove sacerdoti e religiosi vengono regolarmente rapiti: Pakistan, Burkina Faso, Sri Lanka e Mozambico, oltre alla Nigeria.
Il video è parte della campagna "Martiri del nostro tempo: testimoni di speranza", un'iniziativa annunciata da ACS a febbraio per mostrare solidarietà con i cristiani perseguitati in tutto il mondo durante la Quaresima, un periodo di preghiera e digiuno che prepara i cattolici di tutto il mondo a commemorare la passione, la morte e la risurrezione di Gesù.
Nel suo rapporto "The World Watch List 2025", Open Doors International ha dichiarato che più di 380 milioni di cristiani dovranno affrontare persecuzioni e discriminazioni nel 2024, con un aumento di 15 milioni rispetto all'anno precedente.
La morte di don Okechukwu ha suscitato anche la reazione del vescovo Julius Yakubu Kundi di Kafanchan. In una dichiarazione intitolata “La giusta indignazione per l’orribile omicidio di mio figlio”, il vescovo ha sottolineato che “La diocesi è sommersa dall'angoscia e la terra è carica di rabbia. Per quanto tempo i nostri pastori e fratelli saranno braccati come prede? Per quanto tempo i nostri luoghi di culto diventeranno motivo di paura invece che santuari di speranza?”
Il vescovo Kundi ha anche messo in luce che non si tratta di una tragedia isolata, e ha ricordato l'omicidio del catechista Raymond Ya'u il 21 luglio 2021 a Matyei, padre Johnmark Cheitnum, rapito e assassinato il 14 luglio 2022 a Yadin Garu, Consiglio di Lere, il seminarista di 25 anni Naaman Stephen Ngofe, assassinato a Fadan Kamantan, Consiglio di Zangon Kataf, il 7 settembre 2023 e il catechista Istifanus Katunku, rapito il 4 luglio 2024 a Kagal, Consiglio di Zangon Kataf, la cui sorte rimane sconosciuta.
Sudafrica, la festa del Papa
In occasione del dodicesimo anniversario dell’elezione di Papa Francesco, anche la nunziatura in Sudafrica, guidata dall’arcivescovovo Henryk M. Jagodziński, ha celerato la festa del Papa.
Il nunzio si è rivolto ai presenti, tra i quali anche c’era anche il vice direttore generale del Dipartimento di Giustizia, sottolineando l’importanza dell’anniversario dell’elezione anche “per tutte le persone di buona volontà che sono state ispirate dall’impegno mai venuto meno del Papa per la pace, la giustizia e la fraternità.
L’arcivescovo ha ricordato l’ospedalizzazione del Papa, e si è poi soffermato sulle relazioni tra Santa Sede e Repubblica di Sudafrica. Giovanni Paolo II visitò il Paese nel 1995.
Jagodziński ha affermato che “la Chiesa cattolica, attraverso la sua missione di educazione, sanità e servizi sociali, cerca di contribuire alla fioritura della società sudafricana”, e che “ispirata dal Vangelo, la Chiesa si continua ad impegnare per promuovere la dignità umana, la pace e la riconciliazione”, lavorando “a fianco al governo e alla società civile per il benessere di tutti, specialmente dei poveri e dei marginalizzati”.
Il nunzio ha poi messo in luce che l’anniversario è “reso ancora più significativo” dalla contestuale celebrazione dell’Anno Santo, e ricorda l’appello del Papa a cancellare il debito dei Paesi più poveri, contenuto anche nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno.
Jagodziński ha notato che “Papa Francesco ci chiede di compiere gesti concreti che riflettano lo spirito di misericordia e solidarietà”, tra cui “il condono del debito internazionale”, l’abolizione della pena di morte, lo stabilimento di un fondo mondiale per eliminare la fame, assicurandosi che nessuna persona resti senza il bisogno necessario di cibo.
Iniziative che incarnano “il Vangelo in azione”, e sono una chiamata a “costruire ponti, guarire ferite, e creare un mondo dove giustizia e amore prevalgano”.
La Santa Sede in Sudafrica, la Conferenza dei Superiori Maggiori dell’Africa del Sud
Dal 10 al 13 marzo, presso il centro di ritiri di Benoni, nella periferia di Johannesburg, si tiene l'incontro generale annuale della Leadership Conference of Consecrated Life of Southern Africa (LCCLSA), ovvero la Conferenza della Leadership della Vita Consacrata dell'Africa Meridionale. Si tratta della Conferenza dei Superiori Maggiori degli Istituti Religiosi, nata nel 1999 dalla fusione della Conferenza delle Superiore Religiose (AWR) e della Conferenza dei Superiori Maggiori Clericali (CCMS). Questa conferenza riunisce i superiori religiosi non solo della Repubblica del Sudafrica, ma anche del Botswana e dell'Eswatini.
Il tema dell'incontro di quest'anno è: "Pellegrini in cammino nella speranza", in riferimento all'Anno Giubilare.
L’arcivescovo Jagodziński, nunzio apostolico, ha celebrato la Messa di apertura. Nella sua omelia, si è detto privilegiato di “essere qui con voi, leader della vita consacrata in Africa Meridionale, in occasione di questo importante incontro. Siete voi che guidate, sostenete e ispirate uomini e donne che hanno dedicato interamente la loro vita al Signore nella vita religiosa”.
Parlando ai religiosi, ha ricordato loro che la loro “presenza nella Chiesa e nella società è indispensabile: siete chiamati a essere pellegrini in cammino con speranza, testimoni di Cristo in un mondo che ha sete di amore, giustizia e pace”.
L’arcivescovo ha commentato il passo di Matteo 25, da sempre citato da Papa Francesco come una sorta di lasciapassare per il Paradiso. Questo passo del Vangelo, ha detto il nunzio, “ci ricorda che l'amore non è un ideale astratto, ma una realtà vissuta nel servizio ai bisognosi. Come persone consacrate, abbiamo donato la nostra vita a Dio pronunciando i voti di povertà, castità e obbedienza. Ma questi voti non sono solo impegni personali: devono essere vissuti nel servizio agli altri, soprattutto ai poveri e agli emarginati”.
FOCUS EUROPA
Il presidente Zelensky chiama il Cardinale Parolin
Mossa del presidente ucraino Volodymir Zelensky, che il 14 marzo ha chiamato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.
La notizia è stata data dallo stesso presidente ucraino, e poi confermata dalla Sala Stampa della Santa Sede.
In un post su X, il presidente ucraino ha scritto: "Ho parlato con il Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin. Ho augurato a Papa Francesco una pronta guarigione e l'ho ringraziato per le sue preghiere e il suo sostegno morale al nostro popolo, così come per i suoi sforzi nel facilitare il ritorno dei bambini ucraini illegalmente deportati e sfollati dalla Russia. La Santa Sede ha ricevuto un elenco di ucraini detenuti nelle prigioni e nei campi russi. Contiamo sul sostegno per il loro rilascio".
Per il Presidente ucraino "la voce della Santa Sede è molto importante nel cammino verso la pace. Sono grato per la disponibilità a compiere sforzi verso il nostro obiettivo comune".
FOCUS NUNZIATURE
Un nuovo nunzio per il Burkina Faso
Era vacante la nunziatura in Burkina Faso, da quando l’arcivescovo Michael Francis Crotty era stato destinato nel luglio 2024 all’incarico di nunzio in Nigeria. Il suo posto, a Ouagadogou, viene ora nominato Giancarlo Dellagiovanna, finora Consigliere di Nunziatura in servizio presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.
Classe 1961, sacerdote dal 1999, è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 2005, e ha lavorato nelle rappresentanze pontificie di Messico, Repubblica Dominicana e Italia. È poi stato nella nunziatura dei Paesi Bassi dopo un passaggio nella Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, dove è tornato prima di essere destinato al Burkina Faso.
Arriva in un Paese difficile, recentemente visitato dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, per il 125esimo anniversario di evangelizzazione.
Un nuovo nunzio per il Cile
L’arcivescovo Kurian Mathew Vayalunkal, Arcivescovo titolare di Raziaria, finora Nunzio Apostolico in Algeria e Tunisia. Prende il posto dell’arcivescovo Alberto Ortega Martin, destinato da Papa Francesco nel 2019 alla nunziatura di Santiago del Cile, per il quale non è stata resa nota una nuova destinazione.
L’arcivescovo Ortega Martin era considerato l’uomo di fiducia di Papa Francesco, inviato a gestire una situazione difficile in Cile dopo essere stato già nunzio nell’Iraq post-ISIS.
L’arcivescovo Vayunkal, di origine indiana, è comunque un diplomatico di grande esperienza. Ha 59 anni, ed è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1998. Ha servito nelle rappresentanze pontificie di Guinea, Korea, Repubblica Dominicana, Bangladesh, Ungheria ed Egitto. È stato anche inviato ad Haiti nel 2010 per supervisionare il lavoro umanitario dopo la Chiesa.
Nel 2016 è stato nominato nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea e poi nelle Isole Salomone, ed è poi stato nominato nunzio in Algeria e Tunisia nel 2021.
FOCUS AMBASCIATORI
Ambasciatori, arriva l’ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede
A causa del ricovero ospedaliero di Papa Francesco, i nuovi ambasciatori presso la Santa Sede non possono presentare le credenziali al Papa. Tuttavia, possono presentare la copia delle credenziali al Sostituto della Segreteria di Stato, potendo così cominciare la loro attività diplomatica ad alcuni livelli.
Lo scorso 6 marzo, dunque, l’arcivescovo Mons. Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali, ha ricevuto Victor Suárez Diaz, nuovo ambasciatore della Repubblica Dominican, che gli ha presentato copia delle lettere credenziali.
Si tratta di una nomina di alto profilo, se si considera che Suárez è stato deputato, assistente del procuratore generale della Repubblica Francisco Domínguez Brito e membro del Comitato Politico del Partito della Liberazione Dominicana.
Un nuovo ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede
L’ambasciatore di Taiwan Matthew Lee andrà in pensione quest’anno, dopo dieci anni come rappresentante della Repubblica di Cina presso la Santa Sede. Lee, durante il suo mandato, ha potuto celebrare il 75esimo e l’80esimo anniversario di relazioni tra Santa Sede e Taiwan, ma ha vissuto anche momenti difficili che hanno fatto seguito all’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi.
La Santa Sede è infatti l’unico partner europeo di Taiwan, che mantiene relazioni diplomatiche con soli dodici Stati nel mondo, mentre la Repubblica Popolare Cinese esercita una durissima pressione affinché gli Stati lascino ogni relazione con Taiwan se vogliono mantenere relazioni con Pechino.
Lee si è anche distinto per diverse iniziative di sostegno alla Chiesa, in particolare durante la pandemia, nonché per una serie di attività culturali che hanno permesso a Taipei di meglio presentarsi alla Chiesa.
Il suo successore, è notizia del 14 marzo, sarà Anthony Chung-Yi Ho, attualmente direttore generale del Dipartimento degli Affari dell’Asia Occidentale e dell’Africa della Repubblica di Cina.
Ha studi passati ad Harvard e a Oxford, e una carriera diplomatica che lo ha portato anche come rappresentante dell’ufficio di liaison di Taipei nella Repubblica del Sudafrica, e prima ancora negli Stati Uniti, e nelle Filippine, oltre ad aver ricoperto diversi ruoli al ministero degli Esteri.
Sarà lui a dover prendere in mano le delicate contromisure che riguardano la pressione cinese sulla Santa Sede per tagliare i ponti con Taiwan.