Richiesto su una possibile revisione dell’accordo, il “Ministro degli Esteri” vaticano ha sottolineato che si tratterebbe di “un passo molto significativo, dato che solo arrivare ad un accordo è frutto di un lungo processo, che dura vari anni”, e così “prima si cerca di far funzionare meglio un accordo invece di toccarlo”.
Sul tema delle migrazioni, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato la necessità di riconoscere che “l’Europa è multiculturale”, e sottolineato che “l’emergenza migratoria è una realtà” e “l’emigrazione è un fenomeno che esiste da sempre”.
L’arcivescovo Gallagher si è soffermato anche sul terrorismo internazionale, e ha ricordato che “la guerra in nome di Dio non è mai legittima, è una bestemmia”.
Il 10 ottobre l’arcivescovo Gallagher ha avuto una riunione con i capi religiosi di Croazia, e questo ha mostrato che “c’è una buona intesa con i capi religiosi e una buona intesa con la Chiesa cattolica”.
All’incontro, hanno partecipato rappresentanti della Chiesa ortodossa serba, guidata dal vescovo Jovan Culibrk, della Comunità islamica guidata da Mevludin efendija Arslani, e anche dei cristiani riformati
L’incontro con i rappresentanti delle altre religioni è avvenuto all’interno della nunziatura apostolica a Zagabria, guidata dall’arcivescovo Giuseppe Pinto. Durante l’incontro, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che il primo obiettivo delle religioni è di “respingere ogni forma di violenza contro l’uomo, promuovere i valori di vita, pace libertà, giustizia sociale riconciliazione”, lavorando insieme per “rimuovere la malvagità dell’umanità di oggi, in modo da rendere più facile il lavoro delle persone di buona volontà”.
Il “ministro degli Esteri” vaticano ha poi affermato che “il dialogo tra religioni è essenziale e necessario per il bene comune, ricordando che il contesto interreligioso della Croazia porti ad “approfondire il dialogo di amicizia che le varie comunità religiose possono utilizzare per creare rapporti basati sulla fiducia reciproca, sulla condivisione e sulla solidarietà”.
Nella serata del 10 ottobre, l’arcivescovo Gallagher ha tenuto una conferenza su “Vent’anni dopo la ratifica dell’accordo della Santa Sede e la Repubblica di Croazia su questioni economiche”.
Il tema si è riproposto anche nell’incontro del 12 ottobre tra il “ministro degli Esteri” vaticano e il primo ministro croato Andrej Plenkovic. Plenkovic era stato in visita in Vaticano il 7 ottobre 2017, e il tema della possibile canonizzazione del Cardinale Aloijzie Stepinac era stato tra i temi di discussione.
Mentre l’arcivescovo Gallagher ha ammesso di non sapere quando terminerà il processo di canonizzazione del Cardinale Stepinac – sebbene ci sia stata una commissione mista cattolico ortodossa per fare luce sulla storia – e il tema è stato oggetto anche di questo incontro.
Ai colloqui hanno partecipato anche Marija Pecinovic, vice primo ministro e Ministro degli Affari Esteri, e Drazen Bosjakovci, ministro della Giustizia.
Il primo ministro Plenkovic ha detto che la Croazia sostiene le attività del Santo Padre, e in particolare il suo messaggio di speranza, pace e solidarietà cristiana verso i Paesi più vulnerabili. Si è parlato anche della situazione dei paesi dell’Europa Sud-Orientale, ed è stata riaffermata la centralità della Croazia a fornire un sostegno attivo a questi Paesi nel loro percorso europeo.
Anche il tema delle migrazioni è stato sul tavolo, e il primo ministro ha sottolineato il contributo della Croazia nella lotta contro la migrazione illegale, ma ha anche notato la necessità di un approccio umano e responsabile verso le persone che si trovano in situazioni di guerra.
Nella conversazione con il ministro degli Esteri Marija Pejcinovic sono state confermate le eccellenti relazioni bilaterali “basate su legami solidi e permanenti della Repubblica di Croazia”, ed “entrambe le parti hanno espresso il loro impegno a migliorare ulteriormente i rapporti reciproci e la cooperazione in questioni di interesse reciproco nelle sedi internazionali”.
I due ministri degli Esteri vaticano e croato hanno anche lodato il mantenimento della “Giornata Glagolitica Croata” che si terrà in Vaticano il prossimo 17 novembre, quando un piatto in lingua glagolitica sarà collocato nella Basilica di San Pietro e lì sarà ospitata una solenne celebrazione nell’antica lingua slava.
Gli interventi della Santa Sede all’ONU di New York
Sono stati cinque gli interventi della Santa Sede alle Nazioni Unite di New York in questa settimana.
L’8 ottobre, l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato al Terzo Comitato deliberativo della 73esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che era dedicata alla discussione sull’ “avanzamento delle donne”.
Nel so intervento, l’arcivescovo ha sottolineato che la violenza contro donne e ragazze è ormai una realtà globale, che trova linfa nel traffico di esseri umani e nelle moderne forme di schiavitù, chiamate da Papa Francesco “un crimine contro l’umanità”.
L’arcivescovo Auza ha anche lodato il lavoro dei movimenti anti-schiavitù guidati dalle donne, in particolare dalle religiose, condannando la mercificazione del corpo umano e reclamando il dovere della giustizia di arrestare e processare i trafficanti. L’Osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite ha anche parlato della violenza e dell’intimidazione contro le donne, chiedendo di lavorare per una cultura che ripudi ogni forma di violenza, considerando che le donne e le ragazze sono vittime di quella “cultura dello scarto” che porta a non considerarle utili, specialmente all’inizio e alla fine della vita.
Il 9 ottobre si è invece parlato dello Stato di Diritto a livello nazionale e internazionale. La Santa Sede ha sottolineato che il lavoro delle Nazioni Unite “sviluppa e promuove lo Stato di diritto, la giustizia e la buona governance” a livello nazionale e internazionale e internazionale, e che il cuore dello stato di diritto risiede “nel rispetto e l’implementazione della giustizia e dei diritti umani fondamentali”.
L’arcivescovo Auza ha poi notato che il rispetto dello Stato di diritto è uno dei quattro pilastri della Carta delle Nazioni Unite, ma ha aggiunto che perché lo Stato di diritto sia rispettato “i diritti umani vanno supportati da procedure e istituzioni efficaci, chiare e inclusive”, e specialmente un organo di giustizia indipendente.
Il 10 ottobre c’è stato invece il dibattito generale. L’arcivescovo Auza, nell’occasione, ha ricordato che la Santa Sede ritiene che “lo sviluppo non possa essere ristretto al solo sviluppo economico, ma debba essere integralmente umano, dando forza allo sviluppo di ciascuna persona nella sua interezza”.
L’arcivescovo ha poi lamentato che “nell’ultimo anno, alcune delegazione hanno perso di vista uno sviluppo olistico, cercando di spostare le deliberazioni del Secondo Comitato verso temi controversi”.
L’arcivescovo Auza ha quindi messo in luce che il rispetto per i diritti umani fondamentali sono essenziali per lo sradicamento della povertà e la promozione del diritto umano integrale, perché la frase “diritti umani non può diventare semplicemente retorica, espansa infinitamente per corrispondere ai gusti dell’età e spesso minando i diritti umani fondamentali che si trovano nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Il 12 ottobre, si è parlato alle Nazioni Unite di “Agricoltura, sviluppo, sicurezza alimentare e nutrizione”. L’arcivescovo Auza ha mostrato preoccupazione che, nonostante l’impegno internazionale a terminare la fame nel mondo entro il 2030, il numero delle persone cronicamente malnutrite nel mondo è cresciuto: sono 815 milioni le persone malnutrite nel mondo, principalmente a causa dei conflitti.
Secondo la Santa Sede, l’assistenza umanitaria deve evitare la carestia, ma sarebbe già sufficiente affrontare le cause alla radici della fame. Per questo, la Santa Sede ha chiesto investimenti in agricoltura e opportunità migliorate per il commercio agricolo.
Il problema – ha sottolineato l’arcivescovo Auza – viene anche da una distribuzione “iniqua, perché il cibo non arriva a quanti sono affamati a causa di problemi di trasporto, vendita e conservazione”, così come di “commercio non equo e condizioni speculative di mercato”, nonché una cultura dello scarto.
Sempre il 12 ottobre, l’Arcivescovo Auza è intervenuto sul tema dei “Diritti dei popoli indigeni”, riconoscendo il significativo progresso delle Nazioni Unite nel “promuovere e proteggere i valori culturali, il patrimonio e i diritti umani delle popolazioni indigene” e ha lodato la “Dichiarazione dei Diritti dei Popoli Indigeni”, così come il loro coinvolgimento al Forum Permanente delle Nazioni Unite sul tema.
Eppure, ha aggiunto l’arcivescovo, ci sono ancora dei problemi, in particolare in Amazzonia, lì dove “l’estrazione di risorse ha portato a degrado ambientale, deforestazione e sfollamento di popolazioni indigene”, mentre “alcune politiche di conservazione delle terre hanno distrutto aspetti essenziali delle economie indigene”.
La Santa Sede ha messo in luce che l’Amazzonia “non può essere come una regione così ricca di risorse da poter essere sfruttata, o come un posto dove la protezione dell’ambiente naturale calpesti i diritti delle popolazioni indigene”. E si è chiesto di partecipare ad ogni decisione che li colpisca direttamente. La Santa Sede ha sviluppato il tema con la REPAM, la Rede Eclesial Pan-Amazonica che sarà tra i principali protagonisti del prossimo “Sinodo speciale sull’Amazzonia”.
La Conferenza Episcopale del Congo alle Nazioni Unite
Lo scorso 6 ottobre, la delegazione della Conferenza Episcopale del Congo è stata ricevuta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La delegazione era guidata dal vescovo Fidéle Nsiele, vescovo di Kisampu.
Durante l’incontro, si è parlato di vari argomenti, anche del processo elettorale e della situazione della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo.
Si è parlato anche dei mezzi da mettere in campo per facilitare il processo elettorale, e in particolare dell’accordo di San Silvestro del 2016, che punta a garantire elezioni, libere, trasparenti e pacifiche.
Da parte sua, la Conferenza Episcopale del Congo ha formulato alcune raccomandazioni per il successo del processo elettorale.
Da poco è arrivato in Repubblica Democratica del Congo un nuovo rappresentante pontificio, l’arcivescovo Ettore Balestrero, chiamato a guidare la diplomazia vaticana in questo difficile frangente.
Un premio per il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso
Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha ricevuto un premio speciale dal presidente kazako Nursultan Nazarbayev. Il presidente lo ha annunciato il 10 ottobre, nel corso della sessione inaugurale del Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, in programma ad Astana nei giorni 10 e 11 ottobre.
La rappresentanza della Chiesa cattolica al Congresso è guidata dal Cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi ed è formata da monsignor Khaled Akasheh, capo ufficio per la sezione dell’islam al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; dall'Arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico in Kazakhstan, dal vescovo Vladimír Fekete, Prefetto apostolico dell’Azerbaijian, da padre Salim Daccache, gesuita, presidente dell’Università Saint Joseph di Beirut e dalla professoressa Paola Bernardini, dell’Holy Cross College di Notre Dame negli Stati Uniti.
L'evento è alla sua sesta edizione.