La Santa Sede all’OSCE, le conseguenze della guerra in Ucraina
Il 12 gennaio, monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’OSCE; ha preso la parola al 1404esimo incontro speciale del Consiglio Permanente dell’OSCE rispondendo all’indirizzo di Bujar Osmani, ministro degli Affari Esteri della Macedonia del Nord e attualmente presidente OSCE.
“Le conseguenze della devastante guerra in Ucraina – ha detto monsignor Urbanczyk – colpirà la sicurezza europea per molto tempo a venire. In tali circostanze, è vitale che manteniamo lo spirito di Helsinki vivo, non importa quanto sembri difficile”.
Secondo la Santa Sede, “l’OSCE può e dovrebbe giocare un ruolo decisivo nel fornire sicurezza e stabilità nella sua area e oltre”, basandosi sulla regola del consenso che è “un pilastro fondamentale” del successo dell’organizzazione.
La Santa Sede ha poi notato che la parola “permacrisi” (periodo esteso di instabilità e insicurezza) è stata nominata parola dell’anno 2022, e che questo va anche affrontato nell’OSCE.
“Dobbiamo cominciare – ha detto monsignor Urbanczyk – a cercare mezzi più appropriati di dialogo reale e la capacità di ascoltare le preoccupazioni degli altri”, ma anche “ di riconoscere le nostre differenze, e non di isolare o escludere gli altri”.
La Santa Sede invita a ispirarsi ancora all’Atto Finale di Helsinki, che ha dato il via a quello che sarebbe diventato l’OSCE, per “ricordare i nostri successi comuni, riconoscere gli errori che abbiamo fatto negli anni e imparare da loro”.
L’inviato speciale USA per la libertà religiosa da Gallagher
Lo scorso 12 gennaio, Nury Tukel, avvocato USA di origine uigura e presidente della Commissione USA per la Libertà Religiosa, ha avuto un incontro con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.
Di temi in comune con la Santa Sede, ma anche delle sue preoccupazioni, ha parlato con alcuni giornalisti in un incontro organizzato dall’ambasciata USA presso la Santa Sede.
In particolare ha lamentato il rinnovo dell’accordo sino-vaticano, sottolineando come non creda che il Papa sia cieco di fronte alle violazioni di diriti umani in Cina, ma che piuttosto “non sia informato pienamente”.
Tukel ha denunciato che la Repubblica Popolare Cinese cerca di “sinizzare la religione” in modo strisciante, e notato che “il problema di quell'accordo resta la sua segretezza. Il governo di Pechino non vuole che venga reso noto”.
Secondo Tukel, il governo cinese vuole “esercitare una costante pressione sui leader religiosi, di orientare attraverso le nomine la diffusione della dottrina comunista”. Nella lunga conversazione in Vaticano con monsignor Gallagher non è stata toccata la grande questione di Taiwan.
Tukel ha anche detto che “dovremmo considerare la persecuzione religiosa come una preoccupazione di carattere nazionale” e allo stesso tempo “demitizzare la propaganda che dice che la religione è una cosa cattiva, quando non lo è”.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Una road map per il Libano
Papa Francesco ha messo il Libano al centro del suo progetto diplomatico, e, dopo aver inviato il Cardinale Pietro Parolin in occasione della giornata di preghiera per il Libano nel settembre 2020, ha cominciato anche a pensare ad un viaggio nel Paese da tenersi a giugno 2022. Questo viaggio non ha mai avuto luogo.
Nel frattempo, di fronte ad una situazione sempre più critica, il Cardinale Bechara Rai, patriarca dei maroniti, ha fatto diversi appelli per la pace politica e la ricostruzione del Libano, lamentando la presenza di organizzazioni terroriste diventate partiti e chiedendo più volte una soluzione democratica, delineando l’idea di una “neutralità attiva” del Libano.
Il 10 gennaio, il Cardinale Rai, in visita nel Regno Unito, ha delineato ancora una volta i problemi della nazione. In particolare, il Patriarca ha denunciato un "problema demografico e un problema economico" a causa di un'inflazione scioccante e dell’accoglienza data a milioni di rifugiati dalla Siria e dalla Palestina, il che ha messo a dura prova pressione sul Paese. Il Patriarca ha affermato: “Per proteggere il Libano, mantenerlo sicuro, stabile e unito, dovrebbe essere rimosso dai conflitti regionali e internazionali, pur rimanendo impegnato nelle legittime cause arabe, in particolare la causa palestinese, e per le risoluzioni delle Nazioni Unite”.
Il Patriarca ha quindi anche chiesto “alle Nazioni Unite di indire una conferenza internazionale speciale sul Libano", che dovrebbe sostenere "l'ideazione di una soluzione per il problema palestinese; la facilitazione e l'incoraggiamento del rimpatrio siriano e la loro assistenza nel proprio Paese; la dichiarazione della neutralità positiva del Libano attraverso una Dichiarazione del Consiglio di Sicurezza”.
Il Libano, ha detto il patriarca è storicamente aperta al dialogo, eppure “la terra del Libano divenne, forse a causa della sua apertura, esposta all'avidità e teatro di guerre, ostilità, occupazioni, omicidi e ingiustizie. I libanesi resistettero e riuscirono a liberare la loro terra ea mantenerla”.
In particolare “a causa del problema palestinese iniziato nel 1948, il Libano da allora ha accolto mezzo milione di profughi che ci rifiutiamo di integrare e chiediamo il loro rimpatrio e l'istituzione di uno Stato palestinese per loro”. E ancora “le presenze di oltre un milione e mezzo di cittadini siriani emigrati progressivamente in Libano dal 2011, moltiplicate e trasformate in un pesante fardello economico e finanziario, su un Paese già in profonda crisi sono diventate oggi una vera e propria minaccia demografica, politica e di sicurezza.
FOCUS EUROPA
Il Primo Ministro Sloveno incontra la Conferenza Episcopale Slovena
L’11 gennaio, il primo ministro sloveno Robert Golob ha ricevuto i rappresentanti della Conferenza Episcopale Slovena a un mese dal suo incontro con Papa Francesco.
Secondo un comunicato del governo sloveno, nella discussione “si sono scambiate opinioni riguardo differenti temi, tra cui il 30esimo anniversario della nascita della Conferenza Episcopale Slovena, l’iniziativa per la pace nei Balcani e le relazioni tra Stato e Chiesa”
Nell’occasione, si legge ancora, “il Primo Ministro ha sottolineato il significato del dialogo e del rispetto che formano le fondamenta per mantenere dialogo regolare in futuro”.
FOCUS AMERICA LATINA
Il presidente dell’Ecuador dal Papa
Il prossimo 21 gennaio, Guillermo Lasso, presidente dell’Ecuador, sarà in visita da Papa Francesco. La visita ha una sua importanza, perché il Congresso Eucaristico Internazionale 2024 si terrà a Quito, in Ecuador. L’incontro è stato coordinato dall’ambasciata di Ecuador della Santa Sede, guidata dall’ambasciatore Alicia Crespo de Terán.
Pap Francesco ha seguito da vicino la situazione sociale e politica in Ecuador; così, ad esempio, durante le proteste delle organizzazioni indigene nel giugno dello scorso anno, ha inviato un messaggio al Paese: “Chiedo a tutte le parti di abbandonare la violenza e le posizioni estreme. Solo attraverso il dialogo può essere raggiunto. Auspico presto la pace sociale, e con attenzione alle popolazioni marginali più povere, ma sempre nel rispetto dei diritti di tutti e delle istituzioni del Paese”.
Guillermo Lasso è cattolico e vicino alla Prelatura dell'Opus Dei, fondata da san Josemaría Escrivá de Balaguer.
Papa Francesco ha visitato l'Ecuador nel luglio 2015 come parte del suo tour latinoamericano di quell'anno, che includeva Bolivia e Paraguay.