Il 17 maggio, la Santa Sede è invece intervenuta al dibattito del Consiglio di Sicurezza su “Sostenere la legge internazionale nel contesto del mantenimento di pace e sicurezza internazionale”.
L’arcivescovo Auza ha sottolineato che gli sforzi delle Nazioni Unite nel promuovere lo Stato di diritto sono essenziali per la pace e sicurezza internazionale, e che il Consiglio di Sicurezza ha la “responsabilità cruciale di essere chiaro e imparziale nell’applicare lo stato di diritto attraverso decisioni legalmente vincolanti, e assicurandosi che gli Stati membri perseguano legalmente i seri crimini internazionali e le violazioni dei diritti umani”, mettendo in luce come la definizione delle responsabilità sia fondamentale.
“No all’aborto”, dice la Santa Sede a Ginevra
Lo scorso 25 maggio, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra, ha tenuto un intervento alla 71esima Assemblea Mondiale della Salute.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che la delegazione della Santa Sede condivide “molte delle preoccupazioni e osservazioni” del direttore generale, inclusi gli sforzi per “raggiungere una copertura sanitaria globale” e per migliorare un database specific sulla “salute delle donne, dei bambini e degli adolescenti” e per porre fine alla violenza su donne e bambini, nonché di rivedere le politiche sanitarie per bambini e i programmi per estenderli dall’infanzia ai 18 anni di età.
La Santa Sede ha però “serie preoccupazioni” riguardanti l’inclusione nel rapporto del tema sul cosiddetto “aborto sicuro”, perché “la Santa Sede non considera l’aborto o i servizi abortive come una dimensione della salute riproduttiva e della cura della salute riproduttiva”.
Non solo: la Santa Sede si dice anche preoccupata dal fatto che ci si riferisca all’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme a quello con altri Dipartimenti e programmi ONU, per lanciare “Global Abortion Policies Database”.
La Santa Sede – sottolinea l’arcivescovo Jurkovic – “non può appoggiare alcuna forma di legislazione che dà riconoscimento legale all’aborto” e per questo “si oppone fermamente ad ciascuno e tutti gli sforzi delle Nazioni Unite o delle sue agenzie specializzate nel promuovere la legislazione nazionale che permetta di togliere la vita di un bambino non nato”.
La Santa Sede non accetta quindi “la contradditoria pretesa” di promuovere il cosiddetto “aborto sicuro” come strumento per proteggere “i diritti umani di donne e ragazze”, mentre, in realtà, l’aborto nega al bambino non nato il suo diritto basico alla vita stessa”.
Papa Francesco, incontro con l’ex presidente spagnolo Zapatero
Il 22 maggio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata José Luis Rodriguez Zapatero, già presidente del Consiglio spagnolo. Ne ha dato la notizia la Sala Stampa vaticana, in un comunicato molto breve, senza spiegare le motivazioni dell’incontro.
Che risiederebbe nella volontà di Papa Francesco di ricevere informazioni sulla crisi del Venezuela: Zapatero si era infatti accreditato come mediatore internazionale sulla crisi. Niente è trapelato dei colloqui, né delle impressioni che i due si sono scambiati. Papa Francesco ha fatto l’ennesimo appello per il Venezuela al Regina Coeli del 20 maggio, riferendosi anche alle rivolte nelle carceri che avevano mietuto vittime.
Dopo le elezioni che hanno sancito un’altra vittoria di Nicolas Maduro, la Santa Sede è interessata a comprendere il futuro nello Stato, cui aveva anche inviato un rappresentante speciale per mediare nella persona dell’Arcivescovo Claudio Maria Celli.
La pressione del Kosovo per essere riconosciuto dalla Santa Sede
Ramush Haradinaj, primo ministro del Kosovo, è stato ricevuto lo scorso 22 maggio dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano: la notizia è stata data nel profilo twitter ufficiale dello stesso Primo Ministro. Sempre il premier ha fatto sapere di aver descritto i risultati raggiunti da Pristina in campo interno, regionale e internazionale, e di aver “espresso l’impegno del Kosovo per avanzare nelle relazioni bilaterali e per il riconoscimento da parte della Città del Vaticano”, considerando il riconoscimento vaticano come “un passo necessario”.
La visita di Haradinaj fa seguito a quella del ministro degli Esteri kosovaro Behgjet Pacolli, che aveva incontrato lo scorso 25 gennaio il suo omologo vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Anche in quella circostanza, le relazioni bilaterali furono discusse.
Attualmente, il Kosovo intrattiene relazioni diplomatiche con 115 Paesi. L’arcivescovo Gallagher, invitato in Kosovo per le celebrazioni dei 10 anni di indipendenza, aveva fatto sapere che il Papa segue con attenzione gli eventi del Kosovo.
Ancora, comunque, la Santa Sede non si è pronunciata sul riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, anche perché il riconoscimento dello Stato significherebbe, per la Santa Sede, aprire un altro fronte con il mondo ortodosso serbo, dopo quello già aperto riguardo la canonizzazione del Cardinale Alojzie Stepinac.
Cardinale Zenari, “difficile una soluzione per la Siria”
Il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, è tornato a casa, a Verona, per le celebrazioni di San Zeno, patrono della città. Da lì, lo scorso 21 maggio, ha sottolineato che “la via di una soluzione positiva per la Siria è ancora molto in salita”, dato che “non si tratta più di una guerra tra siriani”, ma è diventata “in sette anni di conflitto una guerra per procura, con in campo le varie potenze regionali”.
Il Cardinale Zenari ha anche citato momenti delicati come “gli scontri di due settimane fa tra Israele e le installazioni militari dell’Iran”, per un conflitto che “è andato complicandosi di anno in anno”. Quindi, l’accusa: “L’ONU poteva sicuramente fare di più. Se avete assistito in questi ultimi sette anni, ci sono state molte divisioni in seno al Consiglio di Sicurezza, che ha il compito per la pace”.
Iraq, assegnati cinque seggi ai cristiani
Come il Cardinale Zenari ha ricevuto la berretta rossa in segno di attenzione del Papa per la Siria, così anche l’Iraq ha avuto il suo segno di attenzione: nel prossimo concistoro, Papa Francesco creerà cardinale il Patriarca Louis Raphael Sako di Babilonia dei Caldei.
Mentre si prepara il Sinodo caldeo – dal 7 dal 13 giugno – si sono tenute le elezioni politiche in Iraq. Nel Parlamento, ci sono cinque seggi riservati ai cristiani. Due dei seggi sono stati conquistati dal movimento Brigate Babilonia (Aswan Salem Sawa e Burhanuddin Ishak Ibrahim). Gli altri seggi sono stati appannaggio di Rihan Hanna Ayoub, del Consiglio Popolare caldeo assiro; di Immanuel Koshap, della coalizione Rafidain; e di Hoshyar Karadag Yeld, della coalizione caldea. Quattro dei cinque candidati appartengono alla coalizione caldea.
Il Patriarcato Caldeo ha quindi riferito che il Patriarca Sako ha telefonato negli scorsi giorni al leader sciita Muqtada al Sadr per congratularsi con lui per la vittoria elettorale, e che questi avrebbe ribadito il suo impegno a difendere i cristiani.
Alla fine di agosto 2017, era circolata voce di una possibile visita di Muqtada al Sadr in Vaticano. Nessuna richiesta ufficiale era stata però effettivamente inoltrata.
Un nuovo ambasciatore di Colombia presso la Santa Sede
Dopo la morte improvvisa dell’ambasciatore Guillermo Leon Escobar Erran, che aveva rappresentato la Colombia presso la Santa Sede dal 1998 al 2007 e dal 2014 alla morte nel 2017, la Colombia ha nominato Julio Anibal Riano Velandia come nuovo ambasciatore presso la Santa Sede. Questi ha presentato al Papa le lettere credenziali lo scorso 24 maggio.
Classe 1949, sposato con due figli, laureato in diritto internazionale e diplomazia, è stato editorialista per questioni inerenti l’Amazzonia, e ha fatto un po’ di carriera accademica prima entrare al servizio del Ministero degli Affari Esteri Colombiano. Tra i suoi passati incarichi, anche quello di ministro consigliere di Ambasciata in Argentina. Dal 1999 al 2006 è stato ambasciatore in Costa Rica, dal 2011 al 2013 ministro di ambasciata in Messico, e dal 2013 al 2018 ambasciatore in Salvador.
Dialogo interreligioso, l’Osservatore all’UNESCO parla in occasione di Vesak
Monsignor Francesco Follo, Osservatore Permanente della Santa Sede, ha partecipato lo scorso 24 maggio alla Giornata Internazionale del Vesak, che celebra la nascita, l’illuminazione e il parinirvana del Buddha storico.
Nel suo discorso, monsignor Follo ha citato il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2017, basato sulla non violenza, e sottolineato che “la nostra tradizione religiosa ispira la convinzione che le relazioni amichevoli, il dialogo aperto e lo scambio rispettoso e armonioso di vedute porta ad una attitudine di gentilezza e amore che genererà relazioni fraterne e autentiche”.
Monsignor Follo ha affermato che “come buddisti e cristiani, viviamo in un mondo che troppo spesso è dilaniato dall’oppressione, l’egoismo, il tribalismo, la rivalità etnica e il fondamentalismo religioso”, e in cui “l’altro è trattato come un essere inferiore, una non persona” o come “qualcuno di cui avere paura e da eliminare”.
L’Osservatore della Santa Sede all’UNESCO ha quindi richiamato tutti a “rispettare e difendere la nostra comune umanità” in contesti religiosi, politici e socioeconomici”, rimanendo “onesti e franchi nel denunciare tutte le malattie sociali che mettono a rischio la fraternità”, di essere “guaritori che permettono agli altri di crescere in generosità senza egoismo”.
Monsignor Follo ha affermato poi che “per raggiungere il nostro comune obiettivo di costruire un mondo di fratellanza, è cruciale unire le nostre forze a educare persone, in particolare le giovani generazione, a cercare fraternità, vivere in fraternità e osare a costruire fraternità”.
Il dialogo da cui deve partire tutto è “diverso dalla semplice chiacchierata”, ma è piuttosto un “evento di verità”, ovvero non solo un ascolto dell’altro ma “un concreto impegno con l’altro per la verità e la pace”, e per questo deve essere concepito come una opportunità “non solo per essere conosciuto e tollerato”, ma anche per andare incontro all’altro e migliorare l’umanità”.
Dialogo – ha aggiunto monsignor Follo – “non significa abbandonare le proprie posizioni”, né accettare “un minimo comun denominatore”. Si tratta di un “incontro esistenziale”, che è “continuo” e infinito perché “nessuna formulazione di verità può mai essere considerata ultima definitiva, ben conclusa”.
L’Osservatore della Santa Sede all’UNESCO aggiunge anche di essere “veramente convinto che abbiamo bisogno di allargare le opportunità di dialogo oltre i gesti simbolici se vogliamo che il dialogo tra culture sia efficace”, e per questo chiede all’UNESCO, ma anche alle ONG, di far crescere il loro supporto al dialogo tra culture, incluse le loro radici culturali, in particolare quelle dei giovani.