Verso un nuovo nunzio presso l’ Unione Europea?
Da settembre 2021, dalla morte improvvisa dell’appena nominato arcivescovo Aldo Giordano, non c’è un nunzio presso l’Unione Europea. Ora, sembra che siano state avviate le pratiche per l’agreamant da parte della Santa Sede, che parrebbe aver puntato sul vescovo Noel Treanor.
Non è un diplomatico di carriera, attualmente è vescovo di Down e Connor in Irlanda, ma ha una vasta esperienza europea: dal 1993 al 2008 è stato infatti segretario generale della COMECE, la commissione di vescovi con sede a Bruxelles che monitora il lavoro delle amministrazioni dell’Unione Europea.
Classe 1950, poliglotta, Treanor non viene comunque dalla carriera diplomatica.
Il Nunzio in Bielorussia incontra il viceministro affari esteri
Il 23 ottobre, il primo viceministro degli Affari Esteri di Bielorussia Sergej Aleinik si è incontra con l’arcivescovo Ante Jozic, nunzio apostolico in Belarus. Secondo un comunicato del Ministero degli Esteri di Minsk, “durante l’incontro sono stati discussi temi fondamentali di cooperazione bilaterale e interazione nella sfera umanitaria. Le parti hanno scambiato vedute sulla situazione nella regione”.
L’incontro è parte di un contatto costante che la Santa Sede cerca di avere in Belarus, dopo che le proteste di piazza e la posizione della Chiesa avevano portato all’esilio dell’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, che rimase impossibilitato a rientrare nel suo Paese dal settembre 2020 al Natale 2021, appena prima di rinunciare per aver compiuto i 75 anni.
In un tentativo di distensione con la Chiesa, dopo aver persino chiesto sacerdoti di Stato, ovvero scelti tra i bielorussi e fedeli, il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko ha attuato un approccio diverso nei confronti del Papa, arrivando persino ad invitarlo nel Paese, considerato una porta verso la Russia.
Santa Sede – Spagna, Gallagher incontra il ministro degli Esteri Albares
Lo scorso 3 ottobre, José Albares, ministro degli Esteri di Spagna, ha avuto un incontro con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati.
Nei colloqui tra loro, hanno affrontato l’aggressione all’Ucraina, le questioni dell’Unione Europea, l’importanza del multilateralismo, l’agenda sociale, e la situazione politica in America Latina.
Il ministro era a Roma per visitare lo stato dei lavori alla Cancelleria di Spagna, che sono dipendenti delle Opere Pie dei Luoghi Santi.
Durante la riunione – si legge in un comunicato del ministero – Albares ha spiegato “i mezzi che l’Unione Europa ha adottato contro la Federazione Russa come risposta alla illegale e ingiusta invasione dell’Ucraina”, fino ai pacchetti di sanzioni commerciali di oggi che sono i più grandi della storia dell’Unione Europea.
Il ministro degli Esteri spagnolo ha ricordato la condanna unanime sia ai “finti referendum” che all’annessione dei territori ucraini alla Federazione Russa, così come “l’aiuto umanitario del valore di 38 milioni di euro inviato all’Ucraina e ad altri Paesi confinanti, l’accoglienza dei cittadini di questo Paese che lo abbandonarono all’inizio dell’invasione e l’invio di materiale militare per contribuire alla difesa del Paese”.
Sempre secondo la Moncloa, il ministro ha voluto mettere in luce l’unità e la coesione dell’Unione Europea, e ha fatto riferimento alla presidenza spagnola dell’Unione, che sarà nel secondo semestre del 2023, durante il quale la Spagna lavorerà per rafforzare la vicinanza delle istituzioni europee ai cittadini e darà, tra gli obiettivi, speciale importanza al Pilastro Sociale, all’ambiente e alla sicurezza alimentare.
Albares ha anche messo in luce l’impegno della Spagna nel multilateralismo, un impegno dimostrato che nell’ultima riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in cui ha dato pubblicamente appoggio all’Agenda Comune del Segretario generale e l’impegno di contributo di 236,5 milioni di euro a progetti di sicurezza alimentare, nonché la partecipazione al Gruppo di Risposta alla Crisi Globale promosso dalle Nazioni Unite.
Le azioni dell’Azerbaijan in territorio armeno
C’è preoccupazione, anche nella Santa Sede, per la situazione che si è creata tra Armenia e Azerbaijan. L’Azerbaijan ha attaccato gli armeni nell’indifferenza internazionale, e dopo che la guerra in Nagorno Karabakh / Artsakh aveva comunque portato ad accordi di pace che davano a Baku il controllo di gran parte del territorio. Un controllo che ha fatto persino temere l’UNESCO per la perdita del patrimonio cristiano nella regione, e che ha visto una risoluzione chiara dell’Unione Europea in merito, mentre da parte armena si paventava un “genocidio culturale” e Catholicossato Apostolico stabiliva un ufficio per la preservazione del patrimonio cristiano.
La situazione si è esacerbata, come dimostrano video condivisi da utenti azerbaijani che documentano crimini di guerra commessi dalle forze armate di Baku, incluse esecuzioni extragiudiziali di prigionieri di guerra, torture di militari armeni tra cui donne, e profanazione di cadaveri.
Il 2 ottobre 2022, il ministero degli Esteri di Yerevan aveva richiesto una chiara valutazione degli atroci crimini di guerra commessi dalle forze armate azerbaijane in questo e nei periodi precedenti.
L’Ambasciata di Armenia presso la Santa Sede ha fatto sapere che “la parte armena si impegna a sollevare costantemente la questione presso le piattaforme e nei tribunali internazionali competenti per assicurare alla giustizia gli autori e gli organizzatori dei suddetti crimini, anche attraverso l’ “applicazione di sanzioni internazionali”.
L’Armenia chiede una debita indagine internazionale, e mette in luce che “è d’obbligo per la comunità internazionale aumentare la pressione sull’Azerbaijan affinché siano immediatamente rimpatriati tutti i prigionieri di guerra armeni e i civili detenuti illegalmente in Azerbaijan e venga fatta chiarezza sui casi di sparizioni forzate e sul destino delle persone scomparse.
FOCUS AMERICA LATINA
Nicaragua, un vescovo guatemalteco risponde al presidente Ortega
Alla vigilia della messa in Stato di accusa di una serie di sacerdoti, il Cardinale Alvaro Leonel Ramazzini, arcivescovo di Huehuetenago (Guatemala) ha risposto con forza al presidente nicaraguense Daniel Ortega, che negli scorsi giorni ha definito la Chiesa Cattolica come “la dittatura perfetta”.
In un video postato dal CELAM lo scorso 1 ottobre, il Cardinale ha sottolineato che no, la Chiesa cattolica “non è una democrazia”, ma ha “uno spirito di partecipazione e comunione che rende possibile per tutti noi essere Chiesa, dal Papa ai laici, e di vivere in pace ed armonia”.
Ramazzini ha anche detto che si aspetta dal presidente di “avere rispetto per la Chiesa cattolica e l’rodine che dirige questa istituzione fondata da Gesù Cristo”.
Nel suo discorso per il 43esimo anniversario per la fondazione della polizia nazionale, Ortega aveva sottolineato che i vescovi non sono eletti, e che si dovrebbe “permettere alla popolazione di eleggerli” e non che siano imposti alla popolazione, perché “è una perfetta tirannia”, e il Papa è un “santo tiranno”. “Con quale autorità – ha concluso Ortega - mi parli di democrazia? Quanti voti i vescovi hanno dalla popolazione per essere nominati vescovi?”
Nella sua risposta ad Ortega, il Cardinale Ramazzin ha anche ricordato il fatto che il vescovo Rolando Alvarez di Matagalpa, deportato dalla polizia lo scorso 19 agosto dalla cancelleria dove era forzatamente confinato a causa dei disordini e lo ha portato a Managua, dove si trova ora agli arresti domiciliari.
Nella stessa notte in cui Alvarez è stato prelevato, quattro sacerdote, due seminaristi e un laico che erano anche nella cancelleria sono stati portati via e detenuti nella prigione El Chipote, conosciuta perché lì vengono torturati gli oppositori al regime.
Questi quattro saranno giudicati per cospirazione per aver messo a rischio l’integrità nazionale e propagato notizie false spergiurando contro lo Stato e la società nicaraguense.
La notizia è arrivata lo scorso 4 ottobre. Incaricata dal caso è Nalia Nadezha Ubeda Obando, titolare del Quinto Distretto Penale di Udienza di Managua.
Le accuse contro i religiosi sono state presentate dal procuratore Manuel de Jesus Rugama Peña lo scorso 21 settembre.
Papa Francesco scrive sulla situazione in Argentina
In una lettera inviata la scorsa settimana all’arcivescovo Victor Fernandez di La Plata, Papa Francesco ha fatto considerazioni sulla congiuntura particolare del Paese. Va ricordato che, ad inizio anno, Papa Francesco aveva anche acconsentito a ricevere in forma privata i candidati dell’opposizione.
Nella lettera, datata 1 ottobre, Papa Francesco scrive che “c’è molto da fare in Argentina, perché tutti possano vivere la dignità del lavoro e non ci siano cittadini di seconda classe”, ma non si otterrà “niente di importante e stabile con la polarizzazione aggressiva”.
Il Papa si è detto “consolato nell’anima” di aver potuto organizzare un inconro tra dirigenti del governo e dell’opposizione, pensato come un riconoscimento a pochi mesi dai suoi dieci anni di pontificato.
“A volte – ha scritto Francesco – queste piccole tregue impediscono che avanzi la violenza e gli scontri”.
Papa Francesco ha sottolineato la presenza di “settori di tutti i colori politici, altre confessioni religiose, persone e di educazione, di cultura di impresa e di giustizia”, i quali insieme a “lavoratori più umili e ai poveri che hanno camminato come movimenti sociali, sostenuti dalla loro fede” hanno “formato un bel quadro”.
Il Papa ha ancora una volta smentito una eventuale visita in Argentina, almeno a breve, perché “ora ho un debito con tutto il mondo, e mi manca di visitare molti Paesi grandi, specialmente alcuni che non hanno mai ricevuto la visita di un Papa. Ma, senza dubbio, porto sempre l’Argentina nel mio cuore”.
Il presidente del Perù chiede autorizzazione per andare dal Papa
Proseguono i preparativi per il viaggio in Vaticano di Pedro Castillo, presidente della Repubblica del Perù. Il presidente ha chiesto - con una nota al titolare del Congresso, José William Zapata – che il Parlamento gli dia il permesso di lasciare la nazione, per un viaggio di lavoro in Europa che toccherà Bruxelles e un organismo internazionale con sede a Roma.
L’autorizzazione è stata concessa il 5 ottobre. Il viaggio si terrà dal 12 al 18 ottobre. Nel documento si parla esplicitamente del fatto che il presidente Castro avrà “una udienza privata con Papa Francesco”, e anche un bilaterale con il Cardinale Pietro Parolin.
Questa visita – si legge nel permesso – costituisce un riconoscimento dello Stato peruviano al rilevante impegno della Chiesa Cattolica come fonte di aiuto e cooperazione, così come nella formazione storica, culturale e morale del Perù”.
Su questa stessa linea, si è organizzato anche un incontro con il segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John.
Uruguay, Vaticano preoccupato per la legge sull’eutanasia
Il Cardinale Daniel Sturla, arcivescovo di Montevideo, lo scorso 6 ottobre ha ribadito la contrarietà alla legge sull’eutanasia a seguito della prima approvazione del progeto di legge sul tema che dovrà ora essere discusso alla Camera, e ha aggiunto che in Vaticano c’è “preoccupazione per la possibilità che il progetto di legge diventi legge”.
“Sono stato – ha detto il Cardinale – gli scorsi giorni a Roma, e mi hanno chiesto della questione. Credo ci sia una preoccupazione nella Segreteria di Stato.
Il progetto di legge è stato definito “criticabile” dal cardinale, che ha detto di sperare in un dibattito più ampio al Senato.
FOCUS ASIA
Festa nazionale di Corea, Gallagher dice che Papa Francesco ha sempre il desiderio di andare a Pyongyang
Parlando al ricevimento dell’ambasciatore presso la Santa Sede Choo Kyo Ho per la festa nazionale della Repubblica di Corea, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha riaffermato “l’impegno della Santa Sede nella cooperazione con la Repubblica di Corea per raggiungere una pace duratura e una vera armonia sia nella propria Nazione sia nel mondo intero”
“È noto – ha aggiunto - che Papa Francesco nutre un particolare interesse e affetto per il popolo coreano, e che il desiderio di visitare anche le zone del Nord, qualora gli pervenisse un invito ufficiale da parte delle Autorità”.
Nel suo discorso, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato anche che “oggi è urgente promuovere un’autentica cultura di pace, basata sulla promozione del dialogo nel rispetto del diritto internazionale, che possa assicurare la pacifica convivenza dei popoli”.
Secondo il “ministro degli Esteri” vaticano, la guerra è da ritenere “uno strumento totalmente inadatto a risolvere i conflitti internazionali, in quanto non degno della persona umana e della sua naturale vocazione alla pace”, e questo in particolare considerando l’attuale contesto internazionale.
L’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che, in un discorso ai membri del corpo diplomatico del 1980, il Cardinale Casaroli definì “l’essere strumento di pace” come “il maggior titolo di nobiltà e di utilità del servizio diplomatico”.
Lo stesso Casaroli rimarcò che la Santa Sede, quando “oscure nubi si addensano sull’orizzonte”, non può che “richiamare gli operatori della diplomazia, a riflettere seriamente e ad agire vigorosamente”.
Queste parole sono state ricollegate alle parole di Papa Francesco il 14 settembre scorso al Congresso dei leaders religiosi in Kazakistan, e cioè che la pace “scaturisce dalla fraternità, cresce attraverso la lotta all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo la mano agli altri”.
Parlando della Corea, Gallagher ha ricordato che dalla sua nascita nel 1948, si è impegnata “a promuovere la libertà e la democrazia, basate sul rispetto della dignità umana e sulla cura del benessere del proprio popolo”.
Incontro del presidente dello Sri Lanka con i vescovi del Paese
Il 2 ottobre, Ranil Wickremesinghe, presidente dello Sri Lanka, ha fatto visita al vescovo Anthony Perera di Kurunegala, presidente della Conferenza Episcopale del Paese, nella sua residenza nella capitale della provincia occidentale.
Tra i temi dell’incontro, le preoccupazioni della comunità cristiana, le strade per affrontare la crisi economica e politica, il contributo delle comunità religiose, dei cristiani in particolare, al bene comune, alla verità e alla giustizia.
La conversazione è stata definita “fruttuosa” dai due protagonisti. La popolazione srilankese sta affrontando in questo momento una dura crisi economica e sociale con la mancanza di beni di prima necessità.
Wickremesinghe è stato eletto presidente lo scorso 21 luglio, ed è la prima volta che incontro un rappresentante dei vescovi. Al momento, dopo mesi di proteste a partire dal 2022, la situazione è tranquilla. Restano, comunque, i problemi economici, la carenza di carburante e medicine, e i prezzi di prima necessità sono saliti alle stelle. Oltre 500 medici hanno lasciato il Paese negli ultimi otto mesi, e così anche gli ingegneri.
La Chiesa ha messo in luce l’erosione del ceto medio, diventato sempre più povero di giorno in giorno.
Resta poi irrisolto il caso delle stragi di Pasqua del 2019. La Chiesa cattolica, capeggiata dal Cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, ha sempre chiesto al governo di fare luce sulla vicenda, e lamentato l’assenza di una commissione indipendente che accerti le responsabilità.
Il 14 ottobre, sarà interrogato l’ex presidente Maithripala Sirisena, iscritto nel registro dei sospettati, rispondendo alle richieste della società civile.
È stata così accolta una querela del sacerdote cattolico padre Cyril Gamini Fernando e da Jesudasa Ganesan, che nell’attacco del 21 aprile di tre anni fa alla chiesa di sant’Antonio di Kochchikade, a Colombo, ha subito gravi ferite e l’amputazione di una gamba. Per il giudice la denuncia ha una base giuridica e prevede l’iscrizione dell’ex Presidente nel registro degli indagati.
Sirisena è accusato di negligenza nell’esercizio delle sue funzioni, dato che, nei giorni precedenti l’attentato, aveva ricevuto informazioni di intelligence che avvertivano di un possibile attacco in occasione della Pasqua. Ciononostante, non fu disposto alcun rafforzamento delle misure di sicurezza.
FOCUS AFRICA
Tigray, la Chiesa Cattolica fa appello per la pace
La Chiesa Cattolica in Etiopia ha chiesto con forza la cessazione dei bombardamenti e delle ostilità in Tigray, un soluzione politica del conflitto e l’accesso agli aiuti umanitari per la popolazione tigrina.
A causa della guerra, ci sono nelle regioni del Tigray, Ahmara e Afar oltre 9 milioni di persone a rischio di fame. La Chiesa Cattolica locale, in unaa dichiarazione, hanno sottolineato che “i bombardamenti continui e brutali di città e villaggi nei distretti del nord e dell’est del Tigray hanno portato distruzione e perdita di vite incalcolabili tra la popolazione. I distretti di Mekelle, Wukro, Adyabo, le città di Sheraro, Shire, Rama, Adi Daero, Dedebit, Adigrat, Gulomekada, la zona di Irob, di Dawhan e Alitena”.
In particolare, semba che l’Ospedale gestito dalle Figlie della Carità sia stato bombardato ad Alitena.
Il vescovo di Adrigrat Tesfaselassié ha sottolineato che occorre che “tutti i partner internazionali, i network cattolici e non, i media, gli attivisti e le associazioni della diaspora facciano sentire il loro peso e continuino ad unire gli sforzi per assicurare al Tigray una pace duratura”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a New York, su droga e l’uso criminale della tecnologia
Lo scorso 3 ottobre, si è riunito presso le Nazioni Unite il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale. L’arcivescovo Giordano Caccia, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, ha pronunciato due discorsi.
Il primo riguardava la questione della prevenzione del Crimine e la giustizia e sul controllo internazionale della droga. L’arcivescovo Caccia ha sottolineato che per la Santa Sede la dignità della persona umana deve essere messa al centro di ogni politica o intervento che intende prevenire o perseguire dei crimini.
In particolare, il nunzio ha sottolineato che il modo in cui i crimini incidono sull’ambiente causa enorme danno ed esacerba le crisi esistenti. Inoltre, le produzioni di droga illecite, inclusa la produzione, manifattura, traffico e consumazione delle droghe narcotiche e delle sostanze psicotrope sono “una seria minaccia ad individui, famiglie e comunità”.
La seconda dichiarazione dell’arcivescovo Caccia riguardava il contrasto all’uso criminale delle tecnologie della comunicazione. Il nunzio ha notato che “mentre il rapido sviluppo delle tecnologie di informazione e comunicazione ha portato benefici significativi, contribuendo allo sviluppo economico, culturale e sociale”, la progettazione ed uso delle stesse “porta con sé implicazioni etiche rilevanti”, in particolare il fatto che queste tecnologie sono usate per lo sfruttamento, gli abusi e proprie attività criminali da gruppi terroristici.
La Santa Sede alle Nazioni Unitte di New York, la questione delle donne
Si è parlato di avanzamento delle donne, nella sessione del Terzo Comitato delle Nazioni Unite che si è tenuta lo scorso 4 ottobre. La Santa Sede, con una dichiarazione diffusa da monsignor Robert Murphy, vice Osservatore Permanente della Santa Sede, ha messo in luce che la società deve impegnarsi di nuovo ad affermare l’eguale dignità di uomini e donne mettendo in luce alcune questioni chiave che colpiscono le donne, come la violenza domestica, la tratta e la mercificazione delle donne attraverso la prostituzione e la pornografia”. Ha aggiunto che le famiglie sono sane “quando il rispetto e l’amore reciproco di uomini e donne è alla base per assicurare che la casa è un luogo di sicurezza e per ridurrei il rischio di violenza fuori di casa”.
La Santa Sede ha anche notato che una “giusta società dovrebbe valorizzare i doni unici dati alle donne”, ad esempio il ruolo che hanno da giocare nel costruire “società pacifiche”, ma anche alla loro esclusiva capacità di maternità. Questa deve essere rispetta “anche supportando le donne incinta e le famiglie e riducendo il tasso di mortalità materna”.
La Santa Sede a New York, la lotta al terrorismo internazionale
La lotta al terrorismo internazionale è stato alla base dell’intervento della Santa Sede alla riunione del Sesto Comitato dell’Assemblea Generale lo scorso 4 ottobre. L’arcivescovo Caccia ha condannato il terrorismo in maniera assoluta, notando che “le vittime sono spesso quelli nelle situazioni più vulnerabili”, la cui sofferenza è composta dagli effetti distruttivi del terrorismo sulle infrastrutture necessarie per lo sviluppo umano integrale”.
La Santa Sede ha anche parlato della compromettente natura del terrorismo su dignità, speranze e ideali dei suoi perpetratori. Secondo la Santa Sede, una “risposta efficace al terrorismo deve aderire alla legge internazionale dei diritti umani e alla legge umanitaria internazionale e dovrebbe includere misure per affrontare le cause alla base del terrorismo”.
Il nunzio ha anche nottato che, sebbene gli estremisti spesso sfruttino la loro identità religiosa, “il credo religioso autentico non è mai alle radici del terrorismo”.
La Santa Sede ha invitato le autorità pubbliche a lavorare insieme ai leader e le organizzazioni di tipo religioso negli sforzi anti-terrorismo e ha chiesto maggiore cooperazione internazionale, appoggiando la finalizzazione della “Convenzione Globale sul Terrorismo internazionale” ora allo studio da parte del VI comitato.
La Santa Sede a New York, la tecnologia di comunicazione
Il 7 ottobre, l’arcivescovo Giordano Caccia, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, è intervenuto nel dibattito dell’assemblea generale dedicato ai temi dell’informazione e le tecnologie di comunicazione per lo sviluppo sostenibile”, e su “Globalizzazione e interdipendenza”.
L’arcivescovo Caccia ha sottolineato i positivi sviluppi dati dalla globalizzazione, anche nello sradicare la povertà, e creando lavoro e integrazione sociale.
Allo stesso modo, c’è una “globalizzazione dell’indifferenza cui gli Stati sono chiamati a rispondere”, perché riguarda anche le molte sfide che “milioni di migranti affrontano, anche attraverso l’adozione di un approccio più coerente e proattivo in coordinamento con operazione di salvataggio”.
In particolare, Caccia ha detto che il Global Compact sull’immigrazione e la dichiarazione dei progressi durante il primo forum internazionale di revisione dell’Integrazione sono “concreti esempi di strumenti a disposizione della comunità internazionale per lasciare da parte un paradigma dell’indifferenza e prendere la direzione del paradigma della solidarietà”.
La Santa Sede a New York, l’impegno politico
Era “Trasformare l’impegno politico in azioni per il recupero sostenibile” il tema di un'altra sessione dell’Assemblea Generale, cui ha parlato l’arcivescovo Caccia.
Questi ha sottolineato che “ricostruire un futuro sostenibile per tutti è una sfida ardua, specialmente di questi temi”. L’arcivescovo ha rimarcato che “lo sviluppo sostenibile è un processo che richiede costanti sforzi e una visione a lungo termine radicata nell’etica globale della solidarietà e cooperazione al servizio dello sviluppo integrale di ogni essere umano e per la protezione dell’ambiente”.
SLa Santa Sede sulla Dimensione Umana, sulla violenza di genere
Il 3 ottobre, sono proseguite a Varsavia le sessioni della Conferenza sulla Dimensione Umana. La Santa Sede vi partecipa con il suo rappresentante permanente presso l’OSCE, monsignor Janusz Urbanczyk.
Nel suo intervento, monsignor Urbanczyk ha notato che “nonostante l’adozione di molti impegni e misure, la violenza contro donne e ragazze è ancora una cicatrice nella nostra società”, un fenomeno “orribile e diffuso che non può essere diffuso”. I conflitti, aggiunge, portano anche a “più alti livelli di violenza contro le donne, come vediamo sta succedendo in Ucraina”.
La Santa Sede nota che “ogni persona e l’intera società sono a rischio quando la dignità inerente di una donna o una ragazza non è rispettata e protetta”, e per questo “misure legali, giuridiche e pratiche sono necessarie per affrontare la violenza contro le donne e le ragazze”, misure che dovrebbero avere l’obiettivo di “rimediare a queste ingiustizie”.
Per la Santa Sede, comunque, c’è bisogno di un cambio di attitudine “da parte di coloro che ignorano e violano l’inerente dignità umana delle donne”, un problema che “in molte circostanze, ha le sue radici nell’idea, vergognosamente ancora comune anche se tuttavia non esplicita, che le donne sono inferiori agli uomini e che, perciò, è normale per l’uomo di sottomettere la donna alla sua volontà o di averla al servizio del suo piacere”.
Insomma, se non viene riconosciuta “la comune ed eguale dignità dell’uomo e della donna”, se questa non viene “affermata e correttamente spiegata e insegnata alle future generazioni”, non c’è “speranza di ribaltare la attuale tendenza”.
La Santa Sede ricorda anche che l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani definisce che tutti gli esseri umani sono nati “liberi ed eguali in dignità e diritti”, cosa che mostra come la pari dignità nasce dalla vera origine e natura della persona umana.
La Santa Sede sullo Stato di Diritto: “No alla pena di morte”
Sempre agli incontri sulla Dimensione Umana di Varsavia si è tenuta il 4 ottobre una sessione sullo stato di diritto.
Nel suo intervento, monsignor Urbanczyk ha sottolineato che la Santa Sede ha sempre difeso “il rispetto incondizionato della vita dal momento del concepimento alla morte naturale”, condannando inequivocabilmente “chiunque violi l’integrità della persona umana”.
Proprio perché “la dignità della persona umana è inviolabile”, allora le istituzioni che devono responsabilità sulle questioni della tortura devono “cercare diligentemente la verità”, e le loro attività “devono essere condotte in pieno rispetto per la dignità e i diritti della persona umana”.
È per questo motivo che la legge “proibisce l’uso della tortura” nel portare avanti le indagini, anche in caso di crimini gravi, e questo “deve essere strettamente osservato.
In particolare, la Santa Sede sottolinea che “il ricorso alla pena di morte è stato considerato a lungo una risposta appropriata alla gravità di certi crimini”, ma questo non è più così, come ha definito lo stesso Papa Francesco. Per questo, la Santa Sede “considera la pena di morte inammissibile”.
La Santa Sede sulle libertà fondamentali
Il 28 settembre, invece, la Santa Sede si è concentrata sul tema delle libertà fondamentali, nel discorso inaugurale alla Conferenza sulla Dimensione Umana di Varsavia.
In quell’occasione, la Santa Sede ha sottolineato di considerare “suo dovere distintivo” di insistere “sulla centralità della libertà di pensiero, coscienza, religione o credo”, e non per interesse individuale o perché andrebbe ad ignorare altre libertà”, ma piuttosto “perché questa specifica libertà rappresenta una cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti umani”, considerando che “la libertà religiosa protegge la realtà più intima di ogni persona”.
La Santa Sede ha messo in luce che “il diritto umano inderogabile di vivere e agire in accordo con quello che detta la coscienza di ciascuno è messa in discussione in diversi modi”, mentre è diffusa “una falsa idea che le religioni siano un fattore negativo, e non positivo”, e che “i comportamenti e le azioni motivati dal credo religioso non dovrebbero avere spazio in una società”.
Si tratta, nota la Santa Sede, di una “logica erronea”, che arriva a portare ad una “limitazione non dovuta delle obiezione di coscienza, così come di altre varie espressioni di credo, come i rituali e l’abbigliamento”, e che tocca anche il diritto dei genitori di “assicurare l’educazione religiosa e morale dei suoi bambini secondo le proprietà convinzioni”, diritto “spesso messo in discussione o persino negato in maniera sbagliata”.
Eppure, continua la Santa Sede, gli impegni dell’OSCE includono “non solo l’inviolabilità della coscienza individuale, ma anche la dimensione religiosa nella sua specificità come un fenomeno organizzato socialmente”, e dunque “nel regime che governa l’accesso alla personalità legale, gli Stati partecipanti devono evitare il cattivo o l’abuso dei meccanismi di registrazione che cercano di tagliare il riconoscimento delle comunità religiose”.
La Santa Sede mette anche in luce che “le violazioni dell’autonomia delle comunità religiose” può portare ad alcune leggi anti discriminazione che possono limitare “il diritto di assumere e tenere persone secondo le visioni e gli interessi delle comunità”. Nel discorso, si denuncia anche l’uso di una interpretazione fallace degli impegni per “restringere in maniera irragionevole la libertà religiosa”, pratica considerata “contraddittoria” e contraria ai diritti umani”.
Si tratta, in particolare, delle regole sul “discorso di odio” (hate speech) in cui la religione è “erroneamente identificata come un problema”. Eppure, “l’accesso all’informazione e ad altre opinioni è anche un prerequisito per la libertà di pensiero ed espressione e non può essere messo a rischio da censure illegali o misure di intimidazione”.
La Santa Sede ha anche denunciato alcuni provvedimenti legali che “impongono non dovute restrizioni sulla possibilità dei credenti di riunirsi pacificamente e di pregare in pubblico”.
Santa Sede a Varsavia, le questioni umanitarie
Il 6 ottobre, alla Conferenza sulla Dimensione Umana di Varsavia, la Santa Sede ha affrontato il tema delle situazioni umanitarie, in particolare della tratta.
“Sebbene uomini e donne possano essere soggetti a questo vergognoso crimine, le donne e le ragazze sono più vulnerabili”, si legge nel discorso della Santa Sede.
E si nota che “in situazioni di conflitto e crisi umanitarie, i criminali soggiogano, schiavizzano e trafficano le persone, traendo vantaggio dall’instabile ambiente socio politico”.
Questo fenomeno – ha messo in luce la Santa Sede – sta avvenendo anche in Ucraina”.