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Diplomazia pontificia: Sud Sudan, Europa, Nazioni Unite

Papa Francesco, Domus Sanctae Marthae | Papa Francesco alla fine del ritiro spirituale per il Sud Sudan, Domus Sanctae Marthae, 11 aprile 2019 | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, Domus Sanctae Marthae | Papa Francesco alla fine del ritiro spirituale per il Sud Sudan, Domus Sanctae Marthae, 11 aprile 2019 | Vatican Media / ACI Group

Il ritiro spirituale dei leader del Sud Sudan in Vaticano si è concluso con l’implorazione di Papa Francesco affinché si mantenga la pace in Sud Sudan. Si lavora, adesso, per un viaggio di Papa Francesco nella regione.

L’incontro – sia ecumenico che diplomatico – era stato aperto dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

È un anno di anniversari, per la diplomazia della Santa Sede: sono 35 anni dalla apertura delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e 25 anni dall’apertura delle relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele. I due ambasciatori hanno ricordato questo anniversario.

Come il Cardinale Parolin ha aperto il ritiro spirituale per la pace in Sud Sudan

Il ritiro spirituale dei leaders del Sud Sudan è stato aperto il pomeriggio del 10 aprile dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Il ritiro si è tenuto nella Domus Sanctae Marthae. Il cardinale Parolin ha definito il ritiro come “un tempo di grazia, dedicato alla riflessione e alla preghiera, per chiedere a Dio “un futuro di pace e prosperità per le persone in Sud Sudan”.

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Portando il saluto di Papa Francesco, il capo della diplomazia vaticana ha considerato il ritiro come “una opportunità di incontro e riconciliazione” nello spirto di “rispetto e fiducia” per quanti hanno “in questo momento la missione speciale e la responsabilità di lavorare per lo sviluppo del Sud Sudan”.

Il Sud Sudan ha ottenuto l’indipendenza nel 2011, mentre la guerra civile è scoppiata nel 2013. Solo lo scorso settembre si arrivati alla firma di un accordo, tra l’altro criticato dai vescovi perché il sistema di divisione dei poteri poteva favorire un voto di scambio. Il 12 aprile, l’arcivescovo Hubertus van Megen è stato in udienza da Papa Francesco. È nunzio apostolico in Kenya e Sud Sudan, e avrà probabilmente riportato a Papa Francesco della situazione nel Paese. Il Papa, dal canto suo, ha ribadito la sua volontà a recarsi presto nel Paese.

La dottrina sociale alla base dell’Unione Europea?

Lo scorso 14 marzo, Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea ha parlato ai membri della Commissione delle Conferenze Episcopali Europee. Nel suo intervento, il presidente Juncker ha lodato la dottrina sociale della Chiesa, ha sottolineato che l’Europa è un progetto europeo i cui valori sono cristiani, che mette al centro la dignità umana, e che è un progetto di pace che non punta a distruggere le nazioni. Il presidente Juncker ha anche chiarito che la commissione europea non è un governo europeo.

Tra le reazioni all’intervento di Juncker, quella dell’arcivescovo Zbignevs Stankevics, di Riga. L’arcivescovo Stankevics, pur apprezzando l’intervento del presidente della commissione UE, voleva osservare prima di tutto che ci sono “degli Stati nazionali che si sentono minacciati nella loro sovranità”, e questo non si concilia con una immagine dell’Unione Europea che agisce secondo il principio di sussidiarietà”.

Per quanto riguarda la dignità umana, l’arcivescovo Stankevics obiettava che il valore della dignità umana non può essere correlata al “sostegno della Commissione Europea all’ideologia che non rispetta la natura umana”, e in particolare l’ideologia gender.

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“Quindi – sottolinea l’arcivescovo Stankevics - qui c'è un problema fondamentale rispetto di ciò che intendiamo con la dignità umana. Se la interpretiamo ideologicamente, senza rispettare la verità oggettiva, ma accontentando i desideri della gente, allora invece di rispettare la dignità dell’uomo concessagli dal Creatore, la sottovalutiamo e la calpestiamo”.

Insomma, per quanto riguarda “la dignità umana e l'ideologia gender, penso che siano stati ignorati i valori cristiani a cui egli si è riferito, che hanno ispirato e su cui si basa il progetto dell'Unione europea”.

Infine, l’arcivescovo Stankevics sottolinea che “nelle prossime elezioni del Parlamento europeo dovrebbero essere sostenuti quei candidati che non solo teoricamente riconoscono la dignità umana come valore fondamentale e il ruolo sussidiario dell’Unione europea nelle relazioni con gli Stati membri, ma che combatteranno anche perché questo sia messo in pratica”.

I 25 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Israele

Quest’anno, si celebrano i 25 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Stato di Israele. Oren David, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, ha fatto un punto dello Stato delle relazioni diplomatiche in una intervista al SIR. L’ambasciatore ha sottolineato che le relazioni sono “buone e basate sul dialogo e la fiducia reciproca”.

David ha detto che la firma dell’Accordo Fondamentale tra Santa Sede e Stato di Israele nel 1993 fu favorito anche dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, un “documento teologico unico che ha portato ad un cambiamento fondamentale nell’atteggiamento della Chiesa cattolica verso l’ebraismo”.

L’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede ha poi notato che i viaggi de Papi in Israele (ci sono stati Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco) possono essere “considerati come una diplomazia dei gesti.

Per quanto riguarda la diplomazia reale, restano aperte le questioni di materia economica e fiscale, l’applicazione dell’accordo fondamentale, e in particolare sul Cenacolo, sulla tassazione delle attività sociali, sull’accoglienza. Spesso si dice che un accordo sarà in dirittura d’arrivo, ma David ha smorzato gli entusiasmi, perché – ha spiegato – “abbiamo risolto e superato ostacoli importanti, ma è ancora necessario fare del lavoro prima di firmare il documento. Il principio che ci guida è quello di garantire la libertà di culto a tutte le religioni, che è un principio fondamentale della nostra democrazia”.

L’Accordo Fondamentale parla anche di una collaborazione nella lotta contro l’antisemitismo e ogni tipo di razzismo e intolleranza religiosa, e David ha sottolineato che la collaborazione è a tutti i livelli, sia universitari, con diversi scambi di delegazioni, che ufficiali.

“Sicuramente – ha concluso l’ambasciatore David - Israele e Santa Sede possono fare molto per combattere l’intolleranza religiosa così da togliere dei pretesti al terrorismo fondamentalista che è una minaccia non solo per Israele, ma per tutte le democrazie”.

Stati Uniti e Santa Sede, 35 anni di relazioni diplomatiche

Il 9 aprile 1984, il primo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Wilson, presentò le sua credenziali, dando così il via a 35 anni di pene relazioni diplomatiche. Callista Gingrich, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, lo ha ricordato con un editoriale pubblicato su Catholic News Agency.

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Gingrich ha ricordato che, sebbene le relazioni diplomatiche piene siano state stabilite solo nel 1984, Santa Sede e Stati Uniti hanno relazioni dai tempi della fondazione della nazione americana, con una interruzione dopo l’unificazione d’Italia, ma sempre riconoscendo l’importante ruolo della Santa Sede nel promuovere la pace, tanto che il presidente Franklin Roosevelt mandò un inviato presso la Santa Sede per lavorare nell’aiuto dei rifugiati Europei.

Le relazioni si cementarono durante la Guerra Fredda, e in particolare quando il presidente Ronald Reagan e Papa Giovanni Paolo II trovarono una comunione di intenti nel combattere l’Unione Sovietica. Fu grazie a questa alleanza che Stati Uniti e Santa Sede stablirono per la prima volta le relazioni diplomatiche.

“In tutti questi anni e più, gli Stati Uniti hanno beneficiato dell’influenza globale e della leadership morale della Santa Sede”, che è seconda solo agli USA per quantità di relazioni diplomatiche.

Paraguay, incontro di dialogo tra politici e pastori

Il Consiglio Episcopale dell’America Latina (CELAM) e la Pontificia Commissione per l’America Latina hanno promosso dal 10 al 12 aprile in Paraguay, vicino la capitale Asunciòn, un incontro dei cattolici con responsabilità poltiche al servizio dei popoli del Cono Sur latinoamericano. L’incontro ha riunito con alcuni vescovi e cardinali sudamericani circa 80 politici impegnati in diversi ambiti, provenienti da Brasile, Uruguay, Argentina e Cile.

L’incontro fa seguito ad un altro che si era tenuto a Bogotà nel dicembre 2017, ispirato dal documento finale della Conferenza delle Chiese Latino Americane di Aparecida.

Durante la tre giorni, si è parlato della situazione della democrazia nei Paesi del Cono Sur e del contributo della Chiesa al dialogo e al pluralismo nella vita politica e su come inculturare la Dottrina Sociale della Chiesa. Si è parlato anche di identità, unità e integrazione latinoamericana; tutela e promozione della vita, matrimonio e famiglia; educazione; economia giusta ed equa; lavoro, lotta alle disuguaglianze, alle dipendenze, al narcotraffico e alla corruzione.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York: le donne nei processi di pace

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dibattuto lo scorso 11 aprile sul tema “Le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite: il lavoro delle donne”.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha sottolineato che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è impegnato nel 2000 ad accrescere la rappresentanza di donne nei processi di pace, proteggerle dalla violenza durante il conflitto armato e facilitare la loro partecipazioni come agenti di cambiamento nel lavoro sul territorio.

Le donne – ha aggiunto l’arcivescovo Auza – “portano coraggio, professionalità, responsabilità e una speciale sensibilità alle operazioni di pace”.

In più, le donne “giocano un ruolo essenziale nel ricostruire la fiducia e facilitare la riconciliazione a livelli locali”, e per questo “la loro partecipazione ad ogni stadio del processo di pace è necessario e inestimabile”.

La Santa Sede alle Nazioni Unite: i cento anni dell’ILO

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha sede a Ginevra. Papa Francesco non la ha visitata lo scorso anno, quando il 21 giugno fece il suo pellegrinaggio ecumenico nella città, ma in molti sperano che vada a fare una visita specifica quest’anno, per i cento anni dell’Organizzazione. È l’unica organizzazione delle Nazioni Unite che ha un consulente per affari religiosi che è da sempre un sacerdote e da sempre un gesuita.

L’11 aprile, si è tenuto alle Nazioni Unite di New York un incontro di Alto Livello per commemorare il centenario dell’Organizzazione.

Il centenario dell’ILO – ha detto l’arcivescovo Auza – è “una opportunità per rinnovare l’impegno a collaborare per la giustizia sociale”. D’altronde, ha notato, il motto dell’ILO è “se desideri pace, coltiva la giustizia”, e la costituzione dell’organizzazione nota che “la pace universale può essere stabilita solo se si fonda sulla giustizia sociale”.

Ha notato l’arcivescovo che dopo 100 anni le “condizioni lavorative e il ruolo del lavoro sono ancora considerati pietre angolari della giustizia e della pace”, e ha lodato l’ultimo rapporto dell’ILO che tiene in considerazione l’importanza dell’antropologia, ovvero dell’essere umano non solo come forza lavoro, ma come parte di una comunità.

Il lavoro – ha detto l’Osservatore Permanente della Santa Sede – è importante prima di tutto perché forma il carattere e la dignità di una persona in accordo con la creatività e responsabilità personale”.

Nicaragua, il vescovo ausliiare di Managua richiamato a Roma

Il vescovo José Silvio Baez, ausiliare di Managua, è stato richiamato a Roma a tempo indeterminato. Lo ha detto lo stesso prelato, che negli scorsi giorni è stato ricevuto da Papa Francesco.

Il vescovo Baez era stato preso di mira dai paramilitari del presidente Ortega perché aveva appoggiato pubblicamente le proteste contro la presidenza. Si stima che la repressione delle proteste ha portato alla morte di 560 persone. Anche i vescovi sono stati attaccati.

La Santa Sede aderisce alla convenzione sulla cooperazione carceraria

L’attività del tribunale vaticano cresce, anche in relazione al processo di MONEYVAL, che aveva notato nei rapporti sui progressi come alle segnalazioni di transazioni sospette non corrispondessero le stesse attività giudiziarie. Mentre il Tribunale Vaticano ha cominciato ad implementare le sue funzioni, dotandosi anche una sezione per i reati di materia economica - finanziaria, la Santa Sede prosegue il suo processo di adeguamento alle norme europee aderendo alla Convenzione del Consiglio d’Europa sul trasferimento delle persone condannate e sui protocolli addizionali.

Gli strumenti di adesione sono stati depositati a nome e per conto della Santa Sede lo scorso 15 gennaio da monsignor Paolo Rudelli, inviato speciale per la Santa Sede presso il Consiglio di Europa alla Convenzione del Consiglio d’Europa sul trasferimento delle persone condannate, del 21 marzo 1983, e al Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento dei condannati, del 18 dicembre 1997.

Monsignor Rudelli ha anche depositato lo strumento di ratifica della Santa Sede, a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, del Protocollo di emendamento del Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento dei condannati, del 22 novembre 2017.

Il Protocollo individua le regole applicabile al trasferimento dell’esecuzione delle pene, sia nel caso di persona condannata che resasi latitante nello Stato di condanna rientra nello Stato di cittadinanza, sia nel caso di persona condannata che subisce una misura di espulsione o di riaccompagnamento alla frontiera in seguito alla sua condanna.

Il protocollo completa la Convenzione del 1983 sul trasferimento delle persone condannate, il cui scopo principale è quello di favorire il reinserimento sociale dei cittadini stranieri condannati, consentendo la pena da scontare nel paese di origine.

È una convenzione basata su principi umanitari, stata considerando che “difficoltà d comunicazione, barriere linguistiche e privazione del contatto con la famiglia possono avere effetti negativi sui detenuti stranieri”

La Santa Sede ha formulato sei dichiarazioni interpretative tecniche. Sia Convenzione che protocollo addizionale del 1997 entreranno in vigore nello Stato di Città del Vaticano dall’1 maggio 2019, mentre il protocollo di emendamento del 2017 entrerà in vigore quando saranno adempiute alcune condizioni.

Queste sono stabilite all’articolo 4 dello stesso protocollo, vale a dire che prima deve essere stata ratificata la convenzione perché il protocollo possa essere a sua volta ratificato.