La Russia contro l’Ucraina per impedire la visita del Papa a Kiev?
In una intervista rilasciata al sito glavcom.ua, Andriy Yurash, da poco nominato ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, ha puntato il dito contro la Russia, che – secondo l’ambasciatore designato – starebbe cercando di impedire la visita del Papa in Ucraina.
Riguardo un eventuale viaggio del Papa, Yurash ha detto che questo è “in fase di discussione”, che si stanno facendo tutti gli sforzi necessari perché avvenga “in un prossimo futuro”, ma che “la diplomazia russa, sia quella che si occupa di affari ecclesiastici, sia quella che segue le questioni laiche, sta facendo di tutto per impedire che il Papa venga in Ucraina”.
L’ambasciatore si è in particolare riferito alle recenti dichiarazioni del metropolita Hilarion, a capo del Dipartimento delle Relazioni Estere del Patriarcato di Mosca, che, dopo aver incontrato il Papa lo scorso 22 dicembre, è arrivato a definire “improbabile” una visita del Papa nel Paese.
Secondo l’ambasciatore, lo scopo principale della eventuale visita sarebbe quello della pace, come il Papa ha ribadito in più parti. Da notare che Papa Francesco ha fatto un appello per la situazione in Ucraina al termine dell’Angelus del 12 dicembre, ed è tornato sulla questione anche durante l’urbi et orbi di Pasqua.
A chi teme che la presenza del Papa possa andare in qualche modo a interferire con la situazione delle Chiese ortodosse in Ucraina, Yurash sostiene che questo non è probabile. L’Ucraina è, in effetti, territorio di tensione ecumenica dopo la decisione del Patriarcato di Costantinopoli di concedere l’autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina, nell’Ucraina considerata dal Patriarcato di Mosca come suo territorio ecclesiastico.
Questo ha portato ad uno scisma ortodosso, e a crescenti tensioni ecumeniche, mentre cresceva anche la tensione tra Russia e Ucraina, che non si è disgiunta dalle questioni religiose.
Secondo l’ambasciatore Yurash, Papa Francesco "comprende la complessità delle relazioni all'interno dell'ambiente ortodosso, e non porrà un'enfasi particolare su questo tema. Vuole creare un clima di preghiera che favorisca la pace e il dialogo, la comunicazione fra tutti, comprese le comunità religiose".
Il presidente del Senato polacco da Papa Francesco
Tomasz Grodzki, presidente del Senato della Polonia e uno dei leader della Polonia, ha incontrato l’8 gennaio Papa Francesco in Vaticano. Oltre all’incontro con il Papa, Grodzki ha deposto fiori sulla tomba di San Giovanni Paolo II, e poi si è recato alla Basilica della Beata Vergine Maria in Trastevere per rendere omaggio al Beato Cardinale Stefan Wyszinski. Il Cardinale era titolare di Santa Maria in Trastevere, dove c’è una targa recentemente restaurata grazie all’impegno dell’Ambasciata di Polonia presso la Santa Sede.
Francia, Macron ha ricevuto i leader delle religioni
Il 5 gennaio il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto all’Eliseo i rappresentanti delle principali religioni di Francia, con una agenda di dialogo che è spaziata dalla questione delle azioni antireligiose alla situazione sanitaria, dal rapporto di CIASE sugli abusi della Chiesa cattolica alla ristrutturazione dell’Islam in Francia.
All’incontro, erano presenti rappresentanti delle religioni cattolica, protestante, ortodossa, ebraica, musulmana e buddista, mentre da parte del governo c’erano anche il primo ministro Jean Castex e il ministro degli Interni Gerald Darmanin.
Macron ha affrontato il tema dell’odio antireligiosa. Dal gennaio 2021 in Francia si sono registrati quasi 1400 atti anti-religiosi, un dato in calo del 17 per cento dell’anno precedente.
Va ricordato che gli atti anticristiani sono i più rappresentati con 686 registrati nel 2021 contro i 921 del 2019, con un calo del 25%. Poi arrivano gli atti antisemiti con 523 quest'anno contro i 617 del 2019, con un calo del 25%. Infine, se gli atti anti-musulmani sono meno numerosi (171 nel 2021), hanno registrato un aumento significativo del 32% rispetto al 2019.
Macron ha sottolineato che i rappresentanti di ogni religione si incontreranno nelle prossime settimane con i deputati responsabili di una missione sugli atti anti religiosi Ludovic Mendes e Isabelle Florennes”.
Il presidente ha lodato le religioni per il loro lavoro durante la pandemia. In aggiunta, ha ringraziato la Chiesa cattolica per aver commissionato il rapporto CIASE sugli abusi sessuali nella Chiesa. Un rapporto, a dire la verità, basato su stime, e da leggere con le dovute cautele.
Infine, il presidente ha confermato la creazione di un Forum de l'islam de France (Forif), una forma di rappresentanza dell'Islam basata su attori dipartimentali e non più sotto la supervisione di federazioni di moschee affiliate ai paesi (Marocco, Turchia, Algeria).
Secondo i partecipanti, la questione delle elezioni presidenziali non è stata sollevata. Su questo tema, la Conferenza episcopale di Francia pubblicherà il 18 gennaio, un testo in cui richiamerà “i suoi punti di attenzione per le elezioni”. Mentre la Federazione protestante di Francia pubblicherà da parte sua il 1° febbraio un "discorso ai candidati" con dieci importanti interrogativi negli occhi (accoglienza dei profughi, educazione, povertà, razzismo, laicità...).
FOCUS ASIA
Incontro tra i vescovi cinesi con i vescovi di Hong Kong
Lo scorso 30 dicembre, la Reuters ha riportato di un incontro che sarebbe avvenuto tra diversi vescovi ed officiali dell’Associazione Patriottica (l’associazione cui sono obbligati a iscriversi tutti i vescovi cinesi) con quattro sacerdoti della diocesi di Hong Kong per spiegare loro il concetto di sinizzazione, la campagna del governo che punta ad avere tutte le religioni nella sua visione di cultura, società e politica.
Parlando con la Reuters, uno dei sacerdoti di Hong Kong ha detto che tutti sanno che la “sinizzazione porta una agenda politica con sé, e loro non hanno dovuto spiegarlo”.
L’incontro sarebbe avvenuto il 31 ottobre. Secondo l’Hong Kong Liaison Office, che rappresenta il governo cinese nella speciale regione amministrativa, a paretcipare all’incontro erano tre vescovi e circa 15 “personaggi religiosi” dell’Associazione Patriottica, mentre ci sarebbero stati 15 sacerdoti della diocesi di Hong Kong dall’altro lato. Secondo le fonti della Reuters, gli officiali dell’Associazione Patriottica hanno sottolineato che la sinizzazione e l’inculturazione sono compatibili, e che questo è stato presumibilmente il primo passo di una serie di altri incontri.
Secondo le fonti Reuters, il vescovo Stephen Chow Sau-yan, di Hong Kong, ha preso parte all’incontro per poco tempo.
L’incontro testimonia la pressione delle autorità cinesi sui membri della Chiesa che sembrano più resistenti al concetto di sinizzazione. Il tema è stato sollevato anche in occasione dell’accordo tra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi, a seguito del quale sono state riportate diverse pressioni delle autorità cinesi ai vescovi cattolici perché si iscrivessero all’Associazione Patriottica, aderendo così ai suoi principi.
La diocesi di Hong Kong, negli scorsi anni, stata divisa sulle reazioni ai movimenti che protestano contro il crescente controllo della Cina sulla regione ad amministrazione speciale.
Per quanto riguarda la Santa Sede, una posizione sulla sinizzazione è stata data da padre Benoit Vermander, un sacerdote gesuita che si trova in Cina, e che nel marzo 2018 ha scritto sulla Civiltà Cattolica (le cui bozze sono riviste in Segreteria di Stato) che ci sono “rischi evidenti” nel seguire una politica dall’alto verso il basso che “può portare una sostanziale perdita di identità”, ma che allo stesso tempo “i cattolici non dovrebbero evitare la sinizzazione solo perché sostenuta dal governo”.
Anzi, aveva affermato padre Vermander, i cristiani dovrebbero ascoltare l’appello del governo, “esaminando quale tipo di cambiamenti la sinicizzazione potrebbe apportare”.
In maggio 2019, il Cardinale Piero Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha detto che inculturazione e sinizzazione possono essere “complementari” e possono aprire “strade di dialogo” in una intervista con il giornale cinese di lingua inglese Global Times.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Il “ministro degli Esteri” vaticano Gallagher in Libano
Con l’occasione del convegno “Giovanni Paolo II e il Libano”, che si terrà il 2 e il 3 febbraio presso l’Université du Saint-Esprit dell’Ordine Maronita Libanese a Kaslik (Nord di Beirut), l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, sarà in viaggio in Libano all’inizio di febbraio. Sarà anche l’occasione per verificare la situazione del Paese, che Papa Francesco vorrebbe visitare.
L’arcivescovo Gallagher terrà la relazione introduttiva del convegno ed avrà anche una serie di incontri bilaterali.
Fu Giovanni Paolo II a definire il Libano “più di un Paese, un messaggio di pluralismo e tolleranza per l’Oriente e l’Occidente” in un appello rivolto ai vescovi di tutto il mondo il 7 settembre 1989.
Il convegno è stato organizzato da Farid el-Khazen, ambasciatore del Libano presso la Santa Sede, e dall’Universitè Saint Esprit, secondo una idea del 2020. Il convegno inizialmente avrebbe dovuto commemorare il 25esimo anniversario dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi dedicata al Sinodo (1995) e il viaggio che Giovanni Paolo II compì nel maggio 1997, per consegnare alla Chiesa locale l’esortazione apostolica post-sinodale. Il convegno è stato rimandato a causa della pandemia e dovrebbe svolgersi, salvo sorprese, ad inizio di febbraio di quest’anno.
Il viaggio di Papa Francesco potrebbe invece tenersi tra le due elezioni previste quest’anno, quelle legislative di maggio e quelle presidenziali di ottobre, ma niente è certo, anche perché ci vogliono particolari condizioni di stabilità politica e sicurezza.
Il Simposio di Kaslik consisterà in una parte storica e da sezioni dedicate alle relazioni islamo-cristiane, alla convivenza, all’educazione, alla cultura e alla libertà, nonché al Documento sulla Fratellanza Umana di Abu Dhabi e alla vocazione storica del Libano.
Libano, il Cardinale Rai chiede un dialogo gestito dalle Nazioni Unite
Durante l’omelia di inizio anno, il Cardinale Bechara Rai, patriarca dei Maroniti, è tornato a parlare della situazione politica, lodando la proposta di un dialogo nazionale lanciata dal presidente Michel Aoun, e definendo come “promettente” il passo del presidente, del Primo Ministro e del Ministro degli Interni di “fissare la data delle elezioni parlamentari”.
Ma, ha aggiunto, se ci fossero buone intenzioni, “il tempo che resta sarebbe abbastanza per ravvivare il lavoro governativo, terminare i dialoghi con le istituzioni finanziarie internazionali, controllare i confini, riparare i legami con le nazioni del Golfo e rettificare la posizione del Libano”, muovendo da un “allineamento alla neutralità e dalla politica degli assi della politica del bilancio”.
In questo modo, ha aggiunto il Patriarca, il Libano “potrebbe fornire l’atmosfera appropriata per lanciare nel futuro un dialogo nazionale sponsorizzato dalle Nazioni Unite come parte di una conferenza internazionale che darebbe al dialogo un meccanismo di garanzia stabilito dall’ONU”.
Il Cardinale ha lamentato che “i dialoghi domestici sono rimasti senza implementazione, e alcune delle parti li hanno disattesi”. La posizione del Cardinale Rai è quella di portare il Libano ad uno status di cosiddetta “neutralità attiva” per ridefinire anche la posizione del Paese nella regione.
FOCUS AFRICA
Il nuovo ambasciatore di Egitto presso la Santa Sede presenta le credenziali
Mahmoud Talaat, nuovo ambasciatore di Egitto presso la Santa Sede, ha presentato al Papa le sue lettere credenziali l'8 gennaio. Laureato in Economia presso la American University del Cairo, dopo un biennio alla Commercial International Bank ha cominciato il suo lavoro diplomatico, prima nel dipartimento per l'Africa del Ministero degli Affari Esteri, quindi in Tanzania, di nuovo al ministero nel Dipartimento per il Nilo, e poi Polonia, Ucraina, Portogallo, intervallati da ritorni al ministero agli affari economici internazionali e al desk dell'Europa Est e Sud e Balcani.
Vice ministro per le relazioni economiche e regionali, Talaat è stato Ambasciatore di Egitto in Kenya e rappresentante all'UNEP dal 2014 al 2018 e quindi, fino ad oggi, viceministrto per le Relazioni Culturali e Internazionali.
I vescovi dell’Africa del Sud chiedono lo status di Osservatore al SADC
Il SADC è la “Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale”, un organismo intergovernativo nato 30 anni fa (nel 1992) con lo scopo di migliorare la cooperazione regionale e l’integrazione tra i Paesi di quell’area. Ora, i vescovi che sono parte dell’Incontro Interregionale dei vescovi dell’Africa Meridionale (IMBISA) hanno chiesto di essere ammessi nella SADC con lo status di osservatore.
I vescovi rappresentano Angola, Botswana, Eswatini, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sao Ttomé e Principe, Sudafrica e Zimbabwe. Nella loro richiesta, hanno sottolineato come la loro partecipazione potrebbe portare a successo molteplici iniziative.
L’arcivescovo Chrisophe Ndlovu di Harare (Zimbabwe) ha sottolineato che questo “permetterà alla Chiesa Cattolica di partecipare alle attività della SADC”, facendo sì che anche la Chiesa “possa contribuire in modo significativo alle politiche e alle attività di interesse comune”.
I vescovi della regione hanno inoltrato la richiesta di ammissione sin dal 2019, mettendo in luce gli interventi fatti nell’Africa Meridionale, il ruolo della Chiesa alle Nazioni Unite e la presenza della Santa Sede all’Unione Africana.
Una delegazione permanente della Chiesa nel SADC, ha detto l’arcivescovo Ndlovu, assicurerà “una liaison ra il SADC e la Chiesa”. La richiesta è stata avanzata considerando la presenza della Chiesa come una eccezione, perché il SADC non ha finora avuto organizzazioni come osservatori.