La Santa Sede – ha detto – supporta l’implementazione degli accordi, e non intende “accusare nessuna delle parti coinvolte”, cosa che “non significa che la Santa Sede accetti la loro interpretazione”.
L’arcivescovo Gallagher ha voluto sottolineare che la Santa Sede valorizza ogni tentativo di raggiungere la pace, secondo un modo di fare che “intende incoraggiare e ispirare diverse parti coinvolte nel processo di pace di mettere in atto tutti gli sforzi per velocizzare un ritorno alla tanto desiderata pace”.
Il Cardinale Parolin alle Nazioni Unite: “Nessuna nazione può affrontare il COVID da sola”
Ci vuole una risposta globale alla pandemia, che dia maggiore attenzione a poveri e più vulnerabili con accresciuta cooperazione. Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lo ha detto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 3 dicembre, in un videomessaggio registrato appositamente per la sessione speciale sulla pandemia, che ha avuto luogo tra il 3 e il 4 dicembre.
“Le sfide di questa crisi – ha detto il Cardinale – devono essere affrontati con spirito di corresponsabilità e con il contributo di tutti”.
Il cardinale ha affermato che le Nazioni Unite devono ricordare della speranza che le persone hanno in loro, perché “nessuno Stato è in grado di risolvere la pandemia da soli”, e che dunque ci vuole solidarietà globale per garantire “appropriate cure mediche e vaccini efficaci”.
Per la Santa Sede, è particolarmente importante che, nell’affrontare la pandemia, sia data priorità a poveri, malati, migranti, bambini e altre persone vulnerabili. Allo stesso tempo, il Cardinale Parolin ha notato che ci sono molti problemi cronici che rischiano di peggiorare a causa della pandemia, come la fame, lo sfruttamento, la povertà, l’isolamento degli anziani e dei disabili.
In particolare, il COVID 19 “sta colpendo indiscriminatamente i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati”, mettendo a rischio “percorsi di reinsediamento sicuro e la sicurezza sanitaria di quanti sono in campi sovraffollati”.
Per questo, è tempo di “rifiutare un modello economico basato esclusivamente sul profitto”, e di riconsiderare se “i fondi spesi nello stoccaggio e modernizzazione di armi non siano più saggiamente investiti nel progresso dello sviluppo umano integrale”.
FOCUS NUNZIATURE
Il nunzio Bettencourt in Armenia per portare la benedizione di Papa Francesco
L’arcivescovo José Avelino Bettencourt, nunzio apostolico in Georgia ed Armenia, sarà dal 5 al 9 dicembre in Armenia per portare la vicinanza, la solidarietà, la presenza spirituale e la benedizione apostolica di Papa Francesco.
Il nunzio, che risiede a Tbilisi, si reca in Armenia anche a seguito del conflitto con il Nagorno Karabakh, il cui accordo ha lasciato sgomenta la comunità armena e creato anche il rischio di un “genocidio culturale” nelle zone del Nagorno Karabakh cedute all’Azerbaijan.
L’arcivescovo Bettencourt trascorrerà un periodo al Tiramayr Narek Hospital, conosciuto come “l’ospedale del Papa in Armenia”. L’ospedale fu fondato nel 1991 su iniziativa della Caritas a seguito del terremoto che devastò l’Armenia causando – si stima – circa 25 mila morti. Ora l’ospedale è gestito dai Camilliani. L’epicentro del terremoto fu a Spitak, e proprio lì c’è una Casa delle Suore di Carità: l’arcivescovo Bettencourt sarà lì.
Il 6 dicembre, l’arcivescovo Bettencourt parteciperà alla Divina Liturgia presso la Cattedrale Armena Cattolica dei Santi Martiri a Gyumri, incontrerà profughi e feriti dal conflitto del Nagorno Karabakh e visiterà la Caritas Armena.
A Yerevan, capitale dell’Armenia, è previsto un incontro del nunzio con l’arcivescovo Raphael Minassian, ordinario per i cattolici di rito armeno dell’Europa dell’Est. Il 7 dicembre, l’arcivescovo Bettencourt sarà ricevuto dal Katholikos Karekin II, mentre l’8 dicembre celebrerà la Messa con la comunità delle suore della Carità. Le suore rinnoveranno i loro voti religiosi.
Sempre l’8 dicembre, l’“ambasciatore del Papa” incontrerà anche Avet Adonts, sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri, e Armen Sargsyan, presidente della Republicca armena.
Cardinale Zenari: “Per la Siria, nessuna luce in fondo al tunnel”
Mentre a Ginevra c’è stata la settimana di colloqui inter-siriani mediati dalle Nazioni Unite per la modifica della costituzione, il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, in un video dell’organizzazione AVSI ha descritto in maniera eloquente la situazione: “Noi siriani siamo morti sotto ogni tipo di bombe e di torture, ma la cosa più grave da accettare è quella di morire dimenticati”.
Il Cardinale Zenari ha sottolineato che “dopo dieci anni di guerra, la Siria non vede nessuna luce in fondo al tunnel. Il Paese è sempre più povero e ammalato. Basta vedere le lunghe code di persone che attendono di comperare il pane presso i panifici a prezzo sovvenzionato dal Governo e i tanti feriti di guerra e malati che portano le conseguenze di 10 anni di esplosivi e bombe di ogni genere che hanno inquinato l’ambiente. Basta vedere il numero crescente di persone malate di cancro, compresi i bambini. A queste malattie si è aggiunto anche, seppure in maniera ancora contenuta, la pandemia del Covid”.
Ancora più grave, la “bomba della povertà” che sta colpendo l’83 per cento della popolazione siriana. Molte le attività della Chiesa. Tra queste, il progetto “Ospedali Aperti”, lanciato proprio con AVSI, per assicurare cure mediche gratuite coinvolgendo tre ospedali cattolici no profit e vari donatori, tra cui la CEI. Il progetto ha portato fino ad ora ad assistere circa 40 mila malati.
La pandemia di certa non aiuta, e in Siria tutto è molto più difficile, perché mancano posti letto e reparti di isolamento e terapia intensiva, cosa che aumenta il tasso di mortalità del virus.
Il Cardinale Zenari è comunque soddisfatto dell’andamento di “Ospedali aperti”, sulla base di due criteri. “Il primo: - spiega - curare la salute di questa povera gente. Il secondo: cercare di ricucire il tessuto sociale accettando qualsiasi ammalato di al di là di ogni appartenenza etnico-religiosa. Tante di queste persone che vengono nei nostri ospedali non sono cristiane e sono tra le più riconoscenti. Si dicono sorpresi di ricevere questa assistenza gratuita da ospedale cattolici”.
Serve ora aiuto per continuare questo progetto.
Il nunzio in Bielorussia in visita dal metropolita ortodosso
L’arcivescovo Ante Jozic, nunzio apostolico in Bielorussia, ha fatto visita il 20 novembre al metropolita Benjamin di Minsk e Zaslavl, esarca patriarcale di tutta la Bielorussia. Benjamin ha preso il posto del metropolita Pavel, trasferito subito dopo l’inizio delle proteste a seguito delle elezioni presidenziali.
L’incontro è servito per prendere conoscenza l’uno dell’altro, e la nunziatura apostolica ha fatto sapere che si è trattata di una delle prime e più importanti visite del rappresentante del Papa in Bielorussia.
I due hanno discusso di una serie di questioni di reciproco interesse. In particolare, si sono soffermati sulla comprensione spirituale degli eventi in Bielorussia e nel mondo, sulla conservazione della pace interreligiosa e dei valori cristiani tradizionali, sullo sviluppo dell’educazione spirituale e dell’educazione antireligiosa.
Arrivato a Manila il nunzio nelle Filippine
L’arcivescovo Charles J. Brown, nunzio apostolico nelle Filippine, è arrivato a Manila lo scorso 29 novembre. Al suo arrivo, il governo delle Filippine ha fatto sapere di voler promuovere relazioni “produttive e collaborative” con la Santa Sede.
Il segretario delle Comunicazioni Presidenziali Martin Andanar ha accolto l’arcivescovo all’aeroporto insieme a due prelati. “Auguriamo all’arcivescovo Brown un impegno produttivo e collaborativo, non solo con la comunità cattolica, ma anche con il governo delle Filippine per arricchire la fede della nazione e il suo impegno a prosperare tutti insieme”.
Partendo dall’aeroporto, il nunzio è voluto subito andare alla chiesa parrocchiale di Maria Madre di Dio per una preghiera.
L’arcivescovo Brown è stato nominato nunzio nelle Filippine a settembre, dopo aver servito come nunzio in Albania negli ultimi tre anni e prima ancora come nunzio in Irlanda. L’arcivescovo Brown ha preso il posto dell’arcivescovo Gabriele Caccia, che è stato invece nominato osservatore permanente presso le Nazioni Unite.
Il nunzio in Gabon in visita dal presidente Ondimba
L’arcivescovo Francisco Escalante Molina, nunzio apostolico in Gabon, è stato il 3 dicembre in visita al capo di Stato Alì Bongo Ondimba. L’incontro è avvenuto a un mese dalle tensioni tra governo e Chiesa Cattolica, che aveva aperto tutte le parrocchie chiuse da marzo per frenare la pandemia.
A fine ottobre, la polizia aveva anche attaccato i fedeli arrivati davanti le chiese per esercitare il loro diritto di pregare. Lo scontro era anche tra governo ed episcopato: il governo aveva posto la questione sanitaria, mentre i vescovi hanno sottolineato che, mentre le chiese sono rimaste chiuse per sette mesi, altri settori erano stati aperti.
Dopo l’incontro con il nunzio, il presidente Ondimba ha twittato che “le relazioni tra il Gabon, Paese di grande tolleranza, il Vaticano, rappresentante della Chiesa Cattolica, sono sempre state intrise di fiducia e di profondo rispetto”.
I disordini si sono fermati il 30 ottobre, quando il governo ha autorizzato la riapertura dei luoghi di culto, seppur con delle restrizioni per meglio circoscrivere il contagio del coronavirus.
Durante l'incontro nel palazzo presidenziale, il Nunzio Apostolico ha informato il Presidente Ali Bongo Ondimba che presto sarà organizzata una cerimonia ufficiale per insediare il nuovo Arcivescovo di Libreville Iba Ba con la consegna del Pallio.
FOCUS AMBASCIATE
Nuovi ambasciatori presso la Santa Sede
Il 4 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto le lettere credenziali degli ambasciatori presso la Santa Sede di Giordania, Kazakhstan, Zambia, Mauritania, Uzbekistan, Madagascar, Estonia, Ruanda, Danimarca e India.
Durante la settimana, è stata anche annunciata la nomina del nuovo ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede: sarà Chris Trott, 54 anni, proveniente dalla posizione di rappresentante speciale del Regno Unito in Sud Sudan e con il compito di sviluppare ulteriormente la cooperazione con la Santa Sede riguardo la situazione di Juba. Non va dimenticato che, prima della pandemia, era nei piani di Papa Francesco un viaggio in Sud Sudan con l’arcivescovo Justin Welby, primate della Chiesa anglicana, e al reverendo John Chalmers, già moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia. A prova di ciò, anche un messaggio di auguri natalizio firmato dai tre lo scorso anno e indirizzato al popolo del Sud Sudan.
L’ambasciatore Trott prenderà il posto di Sally Axworthy, che guidava l’ambasciata del Regno Unito presso la Santa Sede dal 2016, e che ha avuto un grande ruolo nel portare all’attenzione vari temi, dal lavoro delle religiose contro le schiavitù all’impegno del governo britannico per difendere la libertà religiosa nel mondo.
Il nuovo ambasciatore Trott prenderà servizio dall’estate del 2021. Dal 2019, è rappresentante speciale del Regno Unito in Sud e Sud Sudan. Prima, è stato ambasciatore in Senegal, Mali, Capo Verde e Guinea Bissau. È stato anche per quattro anni console generale a Città del Capo, in Sudafrica.
Trott è dunque un esperto del continente africano, e sarà probabilmente quello il tema di maggiore cooperazione per la Santa Sede.
L’ambasciatore ha dichiarato: “Avendo lavorato a contatto con il Vaticano nella sua agenda africana negli ultimi anni, non vedo l’ora di espandere il mio impegno per andare a coprire la vastità di temi che colpiscono i popoli del mondo – dalla povertà al conflitto, dalla giustizia al cambiamento climatico. Papa Francesco è uno dei più influenti leader mondiali, e sono ansioso di avere l’opportunità di lavorare con il Vaticano in tutte le sfide che il mondo sta affrontando oggi.
Diplomatico dal 1991, Trott ha anche servito nelle rappresentanze di Birmania, Giappone, Afghanistan e Pacifico del Sud.
FOCUS UNIONE EUROPEA
Un documento congiunto di FAFCE e COMECE sugli anziani
La Federazione delle Associazioni Familiari in Europa (FAFCE) e la Commissione delle Conferenze Episcopali Europee (COMECE) hanno lanciato lo scorso 3 dicembre una riflessione sul ruolo degli anziani in tempo di cambiamento demografico.
“Gli anziani – si legge nel documento – sono un dono e una risorsa. Non possono essere visti come separati dalle comunità. Trasformiamo la crisi del COVID 19 in una opportunità per un cambio di paradigma e per rigenerare il nostro modo di pensare sugli anziani”.
Il documento è stato pubblicato lo scorso 3 dicembre, e ha come titolo “Gli anziani e il futuro di Europa: solidarietà intergenerazionale e cura in tempi di crisi demografica”.
Nel documento, si chiede all’Unione Europee e anche a i politici nazionali di sviluppare un cambio di paradigma per quanto riguarda gli anziani.
Durante la pandemia, tra l’altro, gli anziani sono stati quelli più marginalizzati. In Belgio, addirittura, si è parlato di una eutanasia nascosta degli anziani.
Il documento COMECE – FAFCE fa seguito alla pubblicazione del “Rapporto sull’Impatto del Cambiamento Demografico” appena pubblicato dalla Commissione Europea e oggetto del colloquio tra il Cardinale Pietro Parolin e il commissario Dubravka Suica lo scorso 29 ottobre. Il documento è anche un contributo al “Libro Verde sull’Invecchiamento” che sarà pubblicato nel 2021.
Si stima che entro il 2070 il 30% delle persone in Europa avrà un’età pari o superiore a 65 anni. Dal 2019 al 2070, si prevede che la quota di persone di età pari o superiore a 80 anni sarà più del doppio, raggiungendo il 13%.
FAFCE e COMECE sottolineano che “gli anziani sono parte integrale della famiglia, fonte di supporto e incoraggiamento per le giovani generazioni. Non possono essere separati dalla società e dai network di relazioni”.
È dunque tempo di “riconoscere il ruolo cruciale degli anziani”, e per questo il documento raccomanda ai governi nazionali di usare le risorse del Recovery Fund per investire nelle relazioni intergenerazionali e in nuove strutture di solidarietà, incluse le cure informali, il volontariato, e ambienti urbani adatti agli anziani, e per investire anche in politiche demografiche e familiari.
Il documento è stato elaborato in collaborazione con un gruppo ad hoc costituito da FAFCE e COMECE per osservare la situazione degli anziani.
FOCUS MEDIO ORIENTE
I temi dell’incontro tra Papa Francesco e il cardinale Rai
Con l’occasione del concistoro, lo scorso 28 novembre il Cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca dei Maroniti, ha incontrato Papa Francesco. Molti i temi sul tavolo, per un Libano sempre più in crisi che ha nella leadership ecclesiastica un punto di riferimento sicuro.
Dallo scorso luglio, il Cardinale Rai ha messo a punto una proposta per la neutralità attiva del Libano che ha poi perfezionato nei difficili giorni dopo le esplosioni al porto di Beirut del 4 agosto, e ha ovviamente parlato del tema con Papa Francesco.
Secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa libanese ANI, “il capo della Chiesa Maronita ha spiegato al pontefice che la neutralità ripristinerebbe la stabilità politica in Libano, rilancerebbe la sua economia e assicurerebbe la sua apertura verso l’Occidente oltre che l’Oriente”.
Secondo l’agenzia, il Papa e il Cardinale hanno anche parlato dei “pericoli e delle sfide” del Paese, specialmente in vista della formazione del nuovo governo, e il patriarca maronita avrebbe lamentato che le autorità libanesi non abbiano mostrato “né responsabilità né solidarietà” dopo l’esplosione. Nell’ultimo anno, sono stati nominati tre primi ministri in Libano, e l’unico che era riuscito a formare un gabinetto di governo aveva rifiutato un rifiuto interno ed esterno. L’incertezza politica ha causato un’aspra crisi economica, che ha aumentato il tasso di povertà e causato l’esodo della popolazione.
Lo scorso settembre, Papa Francesco aveva inviato il Cardinale Pietro Parolin, suo segretario di Stato, in Libano mentre era stata proclamata per il Paese una giornata di digiuno e di preghiera.
Il Cardinale Rai ha rinnovato al Papa l’invito ad andare in Libano. In fondo, c’era già l’idea che il Papa partecipasse al grande incontro di dialogo cattolico islamico che doveva essere organizzata dalla Lega Musulmana Mondiale a Beirut durante quest’anno. Il COVID ha bloccato ogni iniziativa.
Georgia, il vescovo Pasotto scrive al viceprimo ministro
In Georgia, le norme anti-Covid permettono agli ortodossi di celebrare Messa nella notte di Natale, ma non alla piccola comunità cattolica. Il vescovo Giuseppe Pasotto, amministratore del Caucaso dei Latini, ha inviato al vice Primo Ministro Maia Zikitishvili una lettera per contestare le decisioni del governo.
Nella lettera, il vescovo Pasotto sottolinea che “diversi gruppi religiosi le hanno scritto esprimendole il forte dissenso per le decisioni che lei, a nome del governo, ha annunciato a riguardo alle prossime feste religiose legate alla nascita di Gesù Salvatore”, e che i gruppi sottolineano “in modo chiaro che queste decisioni sono apparse discriminatorie e che hanno privilegiato una maggioranza a discapito di coloro che avevano l’uguale diritto a esprimere la loro fede pubblica in data diversa, ma con fondamenti altrettanto validi e quindi da rispettare e da tenere presenti”.
Il vescovo Pasotto fa sapere di non aver sottoscritto la lettera, ma di condividerne il senso, perché “queste vostre decisioni contengono in sé una chiara discriminazione”.
Riconoscendo la difficoltà di prendere decisioni per chi governa, il vescovo Pasotto ha anche notato che no, non è un problema “per nessuna confessione religiosa cristiana cambiare l’ora delle celebrazioni del Natale adattandole alle decisioni governative”, ma si è persa comunque una occasione di “camminare con i gruppi minoritari”.
Chiede il vescovo Pasotto: “Non ha mai pensato quando sarebbe stato bello averci riuniti tutti insieme e aver chiesto il nostro parere e anche il nostro aiuto dopo averci messo davanti le vostre preoccupazioni? Non ha mai pensato quanto sarebbe stato un segno di rispetto e stima per ogni confessione e per ogni cittadino che e’ membro di essa? Non ha mai pensato che il leader religioso ha il compito di cercare, il bene comune, la crescita della società fondandola sui valori piu’ genuini, come lo ha colui che governa?”
Secondo il vescovo, si è persa dunque una chance di far vedere una stima per tutti, mentre ora tanti “si sono sentiti trattati come un piccolo e insignificante numero”.