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Diplomazia pontificia, la Santa Sede al tempo del coronavirus

L’Iran chiede alla Santa Sede di mediare con gli Stati Uniti per fermare l’embargo e aiutare il Paese a superare l’emergenza coronavirus. I viaggi di Papa Francesco verso l’annullamento

Papa Francesco | Papa Francesco durante un volo papale | Edward Pentin / ACI Group Papa Francesco | Papa Francesco durante un volo papale | Edward Pentin / ACI Group

C’è persino la possibilità che non ci sia nemmeno un viaggio internazionale di Papa Francesco durante quest’anno. L’unico annunciato è quello a Malta per Pentecoste, ma appare essere troppo vicino nel tempo perché possa essere confermato. Mentre nessun altro viaggio era annunciato ufficialmente, e anche i preparativi si sono fermati.

Al tempo del coronavirus, si è fermata un po’ tutta l’attività diplomatica. Ridotti al minimo gli incontri, chiuse di fatto le assemblee del multilaterale. Eppure la Santa Sede continua ad avere una forza di attrazione molto forte come mediatore. Tanto che l’Iran ne ha chiesto l’aiuto perché gli Stati Uniti sospendano l’embargo e permettano così da fare arrivare gli aiuti, necessari in un Paese che ha quasi superato il tetto dei 13 mila contagi.

                                                FOCUS CORONAVIRUS

Un anno senza viaggi papali?

Si prospetta un anno senza viaggi papali per Papa Francesco? Fino ad oggi, era stato annunciato solo il viaggio a Malta del 31 maggio, il giorno di Pentecoste, che rischia però essere troppo vicino alla fine delle crisi coronavirus, o forse ancora all’interno della crisi, per poter essere effettuato.

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Altri viaggi papali non erano stati annunciati. Si sa, da autorità indonesiane, che Papa Francesco sarebbe andato in Indonesia, Timor Est, Papua Nuova Guinea tra il 2 e il 9 settembre, e si parlava di un viaggio ecumenico in Montenegro, Grecia e Cipro per la fine di novembre. Restava aperto, ma improbabile, lo scenario di un viaggio in Iraq, voluto da Papa Francesco ma reso difficile dalle evoluzioni sociali che hanno portato a varie proteste. E poi, c’era il sogno di un viaggio del Papa in Sud Sudan, che tutti aspettavano per quest’anno, magari passando attraverso l’Etiopia.

Resta l’idea di un viaggio in Ungheria a settembre, per concludere il Congresso Eucaristico Internazionale. Lo scorso 14 febbraio, Janos Ader, presidente di Ungheria, è stato in udienza da Papa Francesco. Commentando con la stampa ungherese i temi dell’incontro, il presidente ha sottolineato di aver presentato a Papa Francesco anche il programma del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale. Il presidente Ader è infatti anche presidente del comitato d’onore del Congresso, e ha esteso al Papa l’invito per partecipare.

Lo scorso 19 febbraio, poi, il Cardinale Petr Erdo, arcivescovo di Esztergom – Budapest, è stato in udienza privata da Papa Francesco, e nell’occasione ha descritto a Papa Francesco i preparativi per il 52esimo Congresso Internazionale. In particolare – ha spiegato il Cardinale Erdo – “gli ho presentato con piacere l’edizione italiana del documento teologico del Congresso, che reca sulla copertina una bella immagine panoramica di Budapest”.

Negli scorsi giorni, l’ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede ha pubblicato alcuni passaggi di una lettera indirizzata a Papa Francesco dal presidente Ader il 26 febbraio, in vista dei festeggiamenti per il settimo anniversario del pontificato.

Come ho avuto modo di accennare durante l’udienza – ha scritto il presidente - quest’anno ricorre il centenario dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche tra l’Ungheria e la Santa Sede, nonché il 30° anniversario del ristabilimento delle medesime. Tali ricorrenze hanno rafforzato in me la consapevolezza che lo stretto legame tra la Nazione ungherese e il Vaticano ha una storia millenaria, e che il rafforzamento di tale partenariato di grande valore storico rappresenta uno dei miei più importanti compiti come capo di stato”.

Per questo, aggiungeva Ader, “mi potrà essere di grande aiuto il Congresso Eucaristico Internazionale, da celebrarsi a Budapest nel settembre prossimo. Tale raduno mondiale della Chiesa Cattolica si preannuncia come un evento eccezionale non solo per i fedeli ma anche per ogni ungherese”.

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Per il presidente, la partecipazione del Papa all’evento “potrebbe altresì contribuire a sanare le ferite spirituali dei popoli dell’Europa Centrale nonché a promuovere la riconciliazione di tali Nazioni nello spirito del messaggio proferito da Vostra Santità al Santuario mariano di Csíksomlyó (Şumuleu Ciuc)”.

Il Papa potrebbe essere a Budapest il 20 settembre, per la conclusione del Congresso Eucaristico.

Il viaggio a Malta il 31 maggio era già stato annunciato, ma ora gira voce che ci sarà una possibile cancellazione, sebbene dalla Curia maltese non si sia ricevuta alcuna informazione riguardo una possibile cancellazione. Di certo, per ragioni logistiche, il viaggio sarebbe stato eventualmente esteso a due giorni, considerando la volontà di Papa Francesco di visitare anche il santuario di Ta’ Pinu a Gozo. Così, il Papa sarebbe arrivato nella sera del 30 maggio e avrebbe trascorso l’intera giornata del 31 a Malta prima di ripartire.

È praticamente sicuro che Papa Francesco non farà tappa a Timor Est. Lo ha dichiarato Monsignor Marco Sprizzi, che serve nella nunziatura di Dilli. Il motivo, ha detto monsignor Sprizzi, è che “il Papa non vuole causare folle che poi andranno a diffondere la pandemia”. Questo andrà anche ad influire sul viaggio in Indonesia, e già i cattolici indonesiani hanno chiesto alla Santa Sede di pensare altre date per il viaggio.

Tuttavia, il Cardinale Ignatius Suharyo Hadjoatmodjo, arcivescovo di Jakarta e presidente della Conferenza Episcopale Indonesiana, non ha voluto dare conferma né smentita sulla cancellazione di un viaggio che ancora non è ufficiale.

Sul possibile viaggio in Montenegro, Grecia e Cipro, c’erano state soprattutto voci, ma senza conferme, anche se voci ben fondate. Questo avrebbe comunque luogo a novembre. Sarà da vedere se l’organizzazione andrà avanti.

Coronavirus, Teheran chiede l’aiuto di Papa Francesco

La Santa Sede faccia una mediazione per mettere fine alle sanzioni USA contro l’Iran, perché queste impediscono a Teheran di affrontare in modo adeguato la pandemia del COVID-19: lo ha chiesto direttamente a Papa Francesco il leader sciita Sayyed Mostafa Mohaghegh Damad, direttore del Centro di Studi Islamici di Teheran e molto conosciuto in Vaticano per le sue iniziative di dialogo.

La lettera è stata recapitata al viceministro degli Esteri Abbasa Arakchi, il quale la ha inviata a Seyed Taha Hashemi, ambasciatore di Iran presso la Santa Sede, con il compito di inoltrarla alle autorità vaticane.

Ne ha dato notizia l’agenzia iraniana IRNA. Nella lettera, Damad sottolinea quanto il popolo iraniano stia soffrendo per la pandemia del coronavirus, e afferma che le sofferenze sono aggravate dalla sanzioni degli Stati Uniti che “incidono direttamente sul benessere e sulla vita del popolo iraniano, privato dei suoi diritti naturali.

Damad si riferisce all’embargo USA applicato sull’Iran sino dal 1979, rafforzate nel 2013.

Dopo il cosiddetto Iran Deal, ovvero l’accordo sulla non proliferazione nucleare della nazione, le sanzioni non erano state sollevate, cosa che l’Iran aveva denunciato come lesiva dello stesso accordo. L’amministrazione Trump ha quindi ristabilito tutte le sanzioni, e affermato che chiunque facesse affari con l’Iran non poteva fare affari con gli Stati Uniti, e nel 2019 gli Stati Uniti hanno anche minacciato sanzioni contro le nazioni che avessero continuato a comprare petrolio dall’Iran.

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Il processo di beatificazione del Cardinale Ignatius Kung Pin-mei non viene avviato per ragioni diplomatiche

Il processo di beatificazione del Cardinale Ignazio Kung Pin-Mei è in fase di stallo per motivi di sensibilità diplomatiche tra Cina e Santa Sede.

Kung Pin-mei ha trascorso venti anni in prigione. Era cardinale in pectore di San Giovanni Paolo II nel concistoro del 30 giugno 1979, e il suo nome fu poi pubblicato nel concistoro del 28 giugno 1991. Lo scorso 12 marzo, è stato il ventesimo anniversario della sua morte, un evento che in Cina è passato quasi inosservato. È da considerare che nel 1998 al cardinale Kung fu ritirato il passaporto, cosa che ne fece un esiliato.

Parlando con il portale di informazioni asiatico UCA News, padre Zhu Lide, che ha trascorso 27 anni in prigione e ora vive a Taiwan, ha sottolineato che “al governo cinese non piace il cardinale Kung, e perciò non c’è stata Messa pubblica per lui.

Nel 1951, il governo cinese aveva chiuso le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, e quattro anni dopo il Cardinale Kung fu arrestato come parte della campagna contro la Chiesa leale al Vaticano e al Papa.

Rimase 30 anni in prigione, emergendo come un simbolo della lealtà della Chiesa sotterranea al Vaticano e alla resistenza contro il comunismo. Rilasciato nel 1986, Kung rimase agli arresti domiciliari per altri due anni, senza mai sapere della sua elevazione in pectore al cardinalato. Incontrò Giovanni Paolo II in Vaticano nel 1988.

Sebbene sia considerato un santo da tutti, la comunità della diocesi di Shanghai, che è sotto il controllo del governo, ha ovviamente difficoltà ad avviare il processo di canonizzazione. Il processo di canonizzazione potrebbe però iniziare in Connecticut, dove il cardinale è morto a causa di un cancro allo stomaco, e dunque si potrebbe fare una eccezione.

Il Cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong e particolarmente critico con la linea vaticana sulla Cina, ha detto che il Vaticano è riluttante perché “non vuole offendere la Cina”.

Posticipata l’ordinazione di Ante Jozic. Il futuro nunzio ancora senza incarico

Nel febbraio 2019, Papa Francesco aveva nominato monsignor Ante Jozic nunzio in Costa d’Avorio. Vittima di un incidente stradale alla viglia dell’ordinazione episcopale, monsignor Jozic è rimasto in ospedale a lungo. Nel frattempo, Papa Francesco ha nominato monsignor Paolo Borgia nunzio in Costa d’Avorio. Monsignor Jozic era rimasto “Nunzio eletto”, ma ancora senza incarico. Ora, dopo essersi completamente ristabilito, la sua ordinazione episcopale era prevista per il 21 marzo. Sarà posticipata a causa della pandemia COVID-19.

Prima di essere nominato nunzio, il 53enne prelato croato era stato nella Missione di Studio della Santa Sede ad Hong Kong. La missione di studio è dedicata allo studio degli affari cinesi.

Monsignor Jozic aveva trascorso 10 anni in Cina, e fu tra quanti lavorarono per mettere allo stesso tavolo Santa Sede e Cina. I dialoghi portarono all’accordo provvisorio Cina-Vaticano sulla nomina dei vescovi, firmato il 22 settembre 2018.

Tuttora, non c’è un nuovo capo della missione di studio ad Hong Kong. Il punto di riferimento della missione è monsignor Javier Herrera Corona.

Tra i precedenti incarichi di monsignor Jozic, quella nelle nunziature di Mosca e Manila.

Coronavirus, i vescovi del Nicaragua contro l’inazione di Ortega

In Nicaragua si vive una crisi senza fine, e il regime di Daniel Ortega è accusato di non lavorare adeguatamente per accaparrarsi i presidi sanitari che possano prevenire la diffusione del contagio. La Chiesa, al contrario, sta mettendo in campo una serie di iniziative, incluse decisioni sulla celebrazioni delle Messe per diradare la partecipazione di fedeli alla Settimana Santa.

Il vescovo Silvio Baez, ausiliare di Managua che fu richiamato a Roma perché si era molto esposto nelle critiche al governo, ha attaccato duramente via twitter il governo Ortega per il fatto di aver convocato manifestazioni pro-governo mentre il mondo si trovava a combattere il COVID 19 e proteggere la popolazione.

“È in quietante – ha detto il vescovo Baez – quello che sta succedendo in Nicaragua di fronte alla minaccia del coronavirus. Quelli che sono al potere stanno male informando la popolazione e non offrono alcuna credibilità di essere preparati in campo medico, esponendo le persone al pericolo organizzando marce ed eventi pubblici.

                                                FOCUS AMBASCIATE

Traffico di esseri umani, la collaborazione tra l’ambasciata UK presso la Santa Sede e Talitha Kum

Talitha Kum è un network internazionale di suore che combatte il traffico di esseri umani, e che ha ricevuto diversi premi internazionali, anche dal governo statunitense. Tra le varie collaborazioni, c’è quella messa su dall’ambasciata del Regno Unito presso la Santa Sede, che ha finanziato una serie di workshop di Talitha Kum in Etiopia.

Parlando con Vatican News, suor Gabriella Bottani, coordinatore del network, ha spiegato che l’Etiopia è uno dei luoghi più colpi dal traffico di esseri umani, che ha luogo sia internamente da aree urbane e rurali, ma anche a livello internazionale, dato che ci sono molti gruppi vulnerabili di persone in movimento, con migranti e rifugiati che arrivano nella nazione.

Talitha Kum è presente in quasi 100 nazioni diffuse nei cinque continenti, e l’Etiopia è, insieme al Mozambico, l’ultimo acquisto del network, che in Africa conta 11 nazioni.

Spiegando il motivo della collaborazione, l’ambasciatore Sally Axworthy ha sottolineato che le suore “sono presenti nel territorio con le vittime, spesso sono loro a identificarle e da loro ricevono fiducia, cosa molto difficile per officiali governativi e di polizia”.

Un nuovo ambascitore di Costa d'Avorio presso la Santa Sede

Papa Francesco ha ricevuto il 21 marzo Louis Leon Boguy Bony, nuovo ambasciatore di Costa d'Avorio presso la Santa Sede, per la presentazione delle lettere credenziali. Nato a Parigi, con studi in diritto e storia alle sue spalle, Boguy Bony è stato docente all'Université de Paris 1, collaboratore presso la Commissione Internazionale per la Storia dell'Umanità dell'UNESCO e saggista per Jeune Afrique, Jeune Afrique Economique, Télex confidentiel

Ha ricoperto vari incarichi al ministero degli Affari esteri,ed è stato ambasciatore in Canada dal maggio 2008 al maggio 2010. L'ultimo incarico è stato quello di direttore generale della cooperazione bilaterale.