Advertisement

Diplomazia pontificia, la prima volta del nuovo sottosegretario per il multilaterale

Dagli interventi a Vienna ai Patti Lateranensi fino alla Cina, i temi della diplomazia pontificia della settimana

Bandiera della Santa Sede | La bandiera della Santa Sede con sullo sfondo la Basilica di  San Pietro | Bohumil Petrik / CNA Bandiera della Santa Sede | La bandiera della Santa Sede con sullo sfondo la Basilica di San Pietro | Bohumil Petrik / CNA

Per la prima volta, Francesca Di Giovanni prende la parola ad un consesso internazionale nel suo nuovo ruolo di “viceministro degli Esteri” vaticano sul tema del multilaterale. È successo a Vienna, dove Di Giovanni ha parlato a nome dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati.

Il Comitato per l’implementazione della dichiarazione di Abu Dhabi si è intanto arricchito di un nuovo membro, mentre è arrivato il placet per il nuovo ambasciatore argentino presso la Santa Sede. Alle celebrazioni dei Patti Lateranensi si è parlato di molti temi, ma è rimasta sullo sfondo la questione del riconoscimento dei titoli di studio tra Italia e Santa Sede, firmata lo scorso anno.

                                    FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Vienna, la prima volta del sottosegretario per il multilaterale

Per la prima volta, Francesca Di Giovanni, sottosegretario della Segreteria di Stato vaticana per il multilaterale, pronuncia un intervento nella sua nuova funzione ufficiale. È successo lo scorso 10 febbraio, alla Conferenza Internazionale sulla Sicurezza Nucleare dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Agenzia, è bene ricordare, di cui la Santa Sede è membro fondatore.

Advertisement

Di Giovanni ha sottolineato nel suo intervento che la Santa Sede “chiede un impegno collettivo per migliorare la sicurezza nucleare a livelli nazionali, regionali e globali”, rimanendo sempre vigili “sulle minacce alla sicurezza nucleare” e mettendo in atto “misucre concrete per proteggersi da atti maliziosi che coinvolgono materiale nucleare e radioattivo”, rimanendo consapevoli “della necessità di supportare il ruolo centrale dell’AIEA.

La Santa Sede loda gli sforzi dell’agenzia che hanno portato a un miglioramento delle condizioni di sicurezza sul nucleare, e chiede che gli sforzi “continuino, perché la promozione della sicurezza nucleare affronta sfide significative, incluse le azioni limitate, insufficienti e spesso in fase di stallo per evitare la proliferazione nucleare e muoversi verso un mondo libero dalle armi nucleari”.

Di Giovanni nota che sia la non proliferazione nucleare che l’obiettivo finale, ovvero il disarmo nucleare, dipendono entrambi dal successo delle strategie AIEA, e per questo “La Santa Sede supporta i pazienti e continui sforzi della comunità internazionale per promuovere pace e sicurezza e aiutare a costruire un clima di confidenza in luogo delle mutue recriminazioni”.

Di Giovanni ricorda che la Santa Sede ha firmato e ratificato il Trattato sulla Proibizioni delle Armi Nucleari “con lo scopo di muoversi oltre la deterrenza nucleare, verso un mondo totalmente libero dalle armi nucleari”.

La Santa Sede supporta gli strumenti internazionali di sicurezza nucleare e lo sviluppo del Piano Integrato di Supporto per la Sicurezza Nucleare.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

More in Mondo

Un nuovo membro per il comitato di implementazione della Dichiarazione di Abu Dhabi

L’Alto Comitato per la Fraternità Umana stabilito per implementare i temi della Dichiarazione di Abu Dhabi ha annunciato di aver accolto tra i suoi membri il premio Nobel Leymah Roberta Gbowee.

Il giudice Mohammed Mahmoud Abdel Salam, segretario generale del Comitato, ha sottlineato che “uno degli obiettivi centrale del Comitato è di diffondere comprensione e dialogo per stabilire una pacifica coesistenza per tutti. Per questo, è importante che ci assicuriamo di avere diversi rappresentanti”.

Nata nella Liberia centrale, Ghowee ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2011 per il suo lavoro come leader di un movimento pacifista femminile che ha posto fine alla Seconda Guerra Civile liberiana nel 2003. È la fondatrice e presidente della Ghowee Peace Fondation Africa, basata in Liberia, che fornisce opportunità di educazione e leadership a ragazze, donne e giovani nell’Ovest dell’Africa.

Con la fondazione, Leymah lavoro per creare maggiore inclusione delle donne come leaders e agenti di cambiamento in Africa.

L’Alto Comitato ora include 10 membri, che provengono da Emirati Arabi Uniti, Spagna, Italia, Egitto, Stati Uniti, Bulgaria e Liberia. Il comitato è presieduto dal Cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per Il Dialogo Interreligioso.

Tra i progetti del Comitato, quello della fondazione di un Abrahamic Center ad Abu Dhabi.

Il Cardinale Zenari sulla situazione in Siria

In una recente intervista ad Asia News, il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, rilancia un grido di allarme sulla situazione nel Paese, sottolineando che è ancora grave il rischio di “una catastrofe umanitaria”, rimarcando il fatto che i dati delle Nazioni Unite hanno contato in 700 mila i nuovi sfollati causati dall’offensiva su Idlib.

Idlib è considerata l’ultima roccaforte ancora nelle mani dei gruppi ribelli e di movimenti jihadisti, e lì si è concentrata l’offensiva dell’esercito governativo per liberare la città.

Due volte Papa Francesco negli ultimi giorni ha lanciato appelli per la Siria.

Il cardinale Zenari ha detto che “poveri, malati e affamati bussano alle nostre porte”, e che agli ultimi sfollati si sommano i 13 milioni di persone colpite dalla guerra che necessitano di assistenza umanitaria.

Advertisement

La Chiesa siriana ha lanciato da tre anni il progetto “Ospedali aperti”, che coinvolge due strutture a Damasco e una ad Aleppo, per far fronte alle enormi richieste. L’assistenza dei tre ospedali cattolici è fondamentale in Siria, dove otto persone su dieci vivono al di sotto della soglia di povertà.

                                                FOCUS AMERICA LATINA

Nuovo ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede, è arrivato il placet vaticano

La Santa Sede ha dato il placet per la nomina di Maria Fernanda Silva come ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede. La conferma è arrivata al governo argentino dalla nunziatura apostolica di Buenos Aires.

Silva potrà così cominciare la sua missione a Roma quando sarà emesso il decreto presidenziale. Sostituirà l’ambasciatore Rogelio Pfirter, che era anche amico di Papa Francesco.

Silva sarà così la prima donna a lavorare come ambasciatore argentino presso la Santa Sede, dove ha già lavorato in passato come numero 2, fino al 2015.

Laureata in Scienze politiche con specializzazione in Relazioni Internazionali nella Pontificia Università Cattolica Argentina, è nel servizio diplomatico argentino dal 1993. Ha lavorato nell’ufficio di Arbitrato Internazionale Argentina / Cile a Laguna del Desierto; alla direzione dell’America del Sud nella segreteria dell’ambasciata argentina a Santiago di Cile; come rappresentante argentina alla Commissione Economica per l’America Latina; come prima segretaria nella direzione dell’Europa Occidentale e consigliera nel gabinetto di Rafael Bielsa quando questi era cancelliere nel governo di Nestor Kirchner.

Il Cardinal Dolan in visita a Cuba

Il Cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, ha trascorso la scorsa settimana a Cuba su invito della Conferenza Episcopale di Cuba e della presidenza, durante la quale ha anche avuto degli incontri istituzionali. Martedì 11 febbraio, il Cardinale Dolan è stato ricevuto dal presidente di Cuba, Miguel Diaz Canel Bermudez. Insieme al Cardinale Dolan, c’erano all’incontro anche il vescovo Octavio Cisneros, ausiliare di New York; e il vescovo Emilio Aranguren Echevarria, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici di Cuba.

La delegazione del presidente della Repubblica era invece composta dal cancelliere Bruno Rodriguezz Parrilla e da Caridad Diego Bello, capo dell’ufficio di affari religiosi del Comitato Centrale del Partito comunista a Roma.

Tra le tappe del viaggio del Cardinale Dolan, il primo per lui en la isla, anche una visita alla vergine della Caridad del Cobre a Santiago di Cuba.

Da notare che da sempre c’è un forte impegno della Chiesa statunitense nei confronti della Chiesa cubana.

Dopo la revoluciòn, i beni ecclesiastici erano stati confiscati e non era stata data nessuna compensazione alla Chiesa, mentre centinaia di membri del clero stranieri erano stati espulsi da Cuba. L’ateismo di Stato è stata la religione ufficiale di Cuba sino al 1992, quando la Costituzione Cubana sostenne la libertà religiosa, anche se in fondo più che di libertà religiosa si parla di libertà di culto. Ci volle la visita di Giovanni Paolo II per superare il sospetto tributato a quanti andavano a Messa, e per considerare il Natale una festa nazionale Il Venerdì Santo è poi diventato festa nazionale in occasione del viaggio di Benedetto XVI nel 2012. E nel frattempo alcuni gruppi religiosi avevano ottenuto il permesso di importare materiali religiosi e di incontrare i leader delle loro religioni. Di certo, un segno dell’impatto diplomatico della Chiesa Cattolica. Che non riguarda solo la religione cristiana. La visita di Giovanni Paolo II a Cuba portò ad esempio alla concessione per gli ebrei di celebrare i loro riti pubblicamente e di importare materiale religioso e cibo kosher per la Pesach.

L’approccio della Santa Sede al problema Cuba, con due viaggi negli anni Ottanta del Cardinale Roger Etchegaray che di fatto aprono l’isola ad una visita del Papa, era stato sempre coadiuvato dall’impegno della Conferenza Episcopale Statunitense. Da sempre in contatto costante con i vescovi Cubani.

Nel 1972, la Conferenza Episcopale USA appoggiò la richiesta che i vescovi cubani avevano avanzato nel 1969 di porre fine all’embargo USA contro Cuba. Nel 1985, le conferenze episcopali di Cuba e America si scambiarono una visita. E uno dei maggiori supporter di un nuovo legame diplomatico tra Cuba e gli Stati Uniti – e tra i più decisi a criticare l’embargo – fu il Cardinal Bernard Law, all’epoca arcivescovo di Boston, che andò a Cuba nel 1985 e nel 1989 e in entrambe le occasioni si incontrò con Fidel Castro.

Era stato dunque un lungo percorso che aveva portato allo straordinario impatto della prima visita di Etchegaray a Cuba. Dai colloqui con il lider maximo, Etchegaray aveva maturato la convinzione che la Chiesa Cattolica avrebbe potuto giocare anche un ruolo politico importante a Cuba, alla sola condizione che la sua credibilità non fosse mai messa in discussione.

                                                FOCUS ITALIA

Patti Lateranensi, i temi sul tavolo

Come tradizione, si è tenuto presso l’ambasciata di Italia presso la Santa Sede il bilaterale Italia – Santa Sede. Il bilaterale si celebra tra l’anniversario della firma dei Patti Lateranensi, avvenuta l’11 febbraio 1929, e quello della revisione del Concordato, che ha avuto luogo il 18 febbraio 1984.

L’incontro è arrivato alla vigilia del primo anniversario della firma tra Italia e Santa Sede per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio della formazione superiore. Dopo la firma dell’accordo il 13 febbraio 2019, non ci sono più state notizie su un possibile sviluppo o su una sua applicazione, nonostante il governo italiano lo scorso anno avesse annunciato la firma con grande enfasi.

L’allora ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Marco Bussetti, co-firmatario dell’accordo con il Cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, sottolineò che il patto segnava “un ulteriore avanzamento rispetto alla revisione del Concordato del 1984, quando si decise di riconoscere i titoli di studio nelle materie ecclesiastiche” e affermava che l’accordo garantiva “la riconoscibilità e la spendibilità reciproca dei titoli della formazione superiore, anche per coloro che hanno scelto di svolgere il proprio percorso di studi all’interno di Istituzioni accademiche della Santa Sede che si trovano sul territorio nazionale italiano”.

A un anno dall’accordo, non sembra ci sia traccia ufficiale di implementazione, mentre ancora le università italiane chiedono alle istituzioni vaticane “dichiarazioni di valore” al fine di dichiarare i titoli di studio equipollenti. Dichiarazioni di cui, a norma dell’accordo, non ci dovrebbe essere bisogno.

L’accordo infatti prevede il riconoscimento di tutti i titoli universitari rilasciati dalla Santa Sede, così come avviene per qualsiasi altro Stato sovrano, in base ai principi della Convenzione di Lisbona che stabilisce, appunto, il riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella Regione europea.

Fino all’accordo, secondo quanto previsto dalla revisione del Concordato tra Repubblica Italiana e Santa Sede del 1984, venivano pienamente riconosciuti, tramite un apposito Decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, i soli titoli di “Teologia e Sacra scrittura”, mentre gli altri titoli non avevano un riconoscimento uniforme.

Un anno dopo l’accordo, sembra ancora lunga la strada della piena riconoscibilità dei titoli degli atenei cattolici.

Molti i temi sul tavolo di questo incontro. Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha sottolineato al termine dell’incontro che “c’è una attenzione specifica del governo italiano, soprattutto per quella in difficoltà”. Il Cardinale ha poi aggiunto che “tra Italia e Santa Sede c’è grande convergenza sulla politica estera, perché per entrambi è importante il multilateralismo come metodo per affrontare e risolvere i conflitti che ci sono”. Il capo della diplomazia vaticana ha poi sottolineato che la parola d’ordine è “convergenza”, prendendo atto della disponibilità del governo ad ascoltare la voce della Chiesa.

Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha sottolineato che “tra Italia e Santa Sede il dialogo è continuo, e c’è grande consonanza perché lo Stato italiano apprezza il contributo della Santa Sede in fatto di tutela dei diritti umani, equità, e giustizia sociale”.

Il Cardinale Parolin spiegato che tra i temi dell’incontro, oltre a quello della famiglia, c’è stato anche quella disabilità, del fine vita e delle cure palliative e soprattutto dell’importanza di lavorare per queste ultime. Tema, questo, particolarmente cruciale, considerando che c’è una proposta di legge in Italia sul fine vita. La Santa Sede ha mostrato concretamente supporto sulla questione delle cure palliative con vari eventi organizzati dalla Pontificia Accademia per la Vita.

Nel bilaterale si sono toccati temi di politica internazionale, a partire dalla delicata situazione della Libia, ma anche – ha aggiunto Conte – dalle situazioni in Libia, Siria, Iraq, Corno d’Africa, Mediterraneo. Nello stesso giorno del ricevimento, la Conferenza Episcopale Italiana ha annunciato la presenza del presidente Mattarella all’incontro sul Mediterraneo promosso dai vescovi. Un incontro la cui idea nacque proprio due anni fa, ad un ricevimento dei Patti Lateranensi, annunciato dal Cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI. Al termine dell’incontro, il Cardinale Bassetti si è limitato a rispondere con un laconico “è andato tutto molto bene, molto bene”.

Il vescovo Stefano Russo, segretario generale della CEI, ha quindi aggiunto che si è ovviamente parlato dell’incontro di Bari, in programma dal 19 al 23 febbraio, cui interverrà anche il premier.

La delegazione della Santa Sede era composta dal Cardinale Pietro Parolin, dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, dall’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato vaticana.

Il governo italiano era invece rappresentao dal premier Conte e dai ministri Luigi Di Maio, Luciana Lamorgese, Alfonso Bonafede, Dario Franceschini, Roberto Gualtieri, Riccardo Fraccaro, Roberto Speranza.

All’atto celebrativo, erano presenti inoltre il presidente Mattarella, la presidente del Senato Elisabetta Casellati, la vicepresidente della Camera Mara Carfagna, la presidente della Consulta Marta Cartabia.

                                                FOCUS CINA

Mentre si fanno sempre più insistenti le voci per la nomina del successore del deceduto vescovo Michael Yeung Ming-cheung, la Santa Sede ha annunciato nella tarda serata del 14 febbraio un bilaterale con la Cina, il primo da quando c’è stato l’accordo provvisorio per la nomina dei vescovi.

Il bilaterale ha avuto luogo a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco 2020, con protagonisti l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, e Sua Eccellenza il Signor Wang Yi, Consigliere di Stato e Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese. Si legge nel testo del comunicato della Segreteria di Stato vaticana che “nel corso del colloquio, svoltosi in un clima cordiale, sono stati evocati i contatti fra le due Parti, sviluppatisi positivamente nel tempo” e si è in particolare “evidenziata l’importanza dell’Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi, firmato il 22 settembre 2018, rinnovando altresì la volontà di proseguire il dialogo istituzionale a livello bilaterale per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese” . Si è anche auspicata cooperazione internazionale per “promuovere la convivenza civile e la pace nel mondo”, e si è parlato di dialogo interculturale e diritti umani, e si è parlato del Corona Virus.

Dall’accordo provvisorio per la nomina dei vescovi con il governo cinese, ne sono stati nominati solo due. 

Come sempre, nei rapporti con la Cina, si fanno sempre un passo avanti e uno indietro.Per esempio, la Santa Sede ha potuto inviare uno stand nell’Expo di Pechino sull’Orticoltura, ma non ha avuto l’autorizzazione dalla Cina di stampare e distribuire copie della Laudato Si a coloro che vi partecipavano. I Musei Vaticani hanno potuto esporre le loro opere nella Città Proibita di Pechino, però non ha mai avuto luogo l’esposizione di opere cinesi in Vaticano che pure era già annunciata.

Di fatto, però, il primo bilaterale arriva in un momento particolare, mentre la Santa Sede sta per nominare il nuovo vescovo di Hong Kong. Secondo indiscrezioni, questo dovrebbe essere Peter Choy Wai-man, attuale vicario della diocesi, che non dispiace a Pechino. La scelta sarebbe caduta su di lui e non sull’ausiliare Joseph Ha Chi-shing perché questi è più vicino alle posizioni del cardinale Zen, che non ha mancato di criticare con forza l’accordo a più riprese.

Alla Conferenza di Monaco, l'arcivescovo Gallagher ha avuto anche un bilaterale con l'ambasciatore Kelly Craft, che rappresenta gli Stati Uniti presso le Nazioni Unite. Craft ne ha dato la notizia in un tweet, il "ministro degli Esteri" vaticano "è una voce potente per la libertà religiosa, la tolleranza e la santità di vita - valori che condividiamo e per i quali dobbiamo lavorare ogni giorno, per proteggerli e promuoverli".