È stata la seconda volta di Outtara in Vaticano, che era stato in visita da Benedetto XVI nel 2012.
Costa d’ Avorio e Santa Sede intrattengono relazioni diplomatiche dal 26 ottobre 1970. Due gli accordi di cooperazione: il primo, firmato il 19 agosto 1989, riguarda la creazione di stazioni radio cattoliche, mentre il secondo, del 22 maggio 1992, ha portato alla restituzione alla Santa Sede della Basilica di Nostra Signora della Pace a Yamoussoukro, offerta dal presidente Félix Houphuët-Boigny.
Questi, primo presidente ivoriano, ha stabilito delle ottime relazioni con la Santa Sede che sono poi proseguite nel tempo. Ouattara è stato eletto presidente della Costa d’Avorio nel 2010, e ha chiesto ai suoi ambasciatori presso la Santa Sede di “preservare ed espandere” la cooperazione bilaterale, come ha spiegato l’ambasciatore Louis Léon Bogui Boni a La Croix Africa.
Se i rapporti diplomatici sono buoni, diversa è stata la situazione a livello locale, dove si sono anche create delle tensioni tra episcopato e governo. In particolare, nel 2020, i vescovi e il Cardinale Kutwa avevano fatto delle dichiarazioni sulla detenzione dei prigionieri politici o di opinione, sulla sorte del lavoro delle istituzioni preposte alla riconciliazione e sul risarcimento delle vittime e il dialogo politico. Il portavoce del governo aveva reagito con dichiarazioni pubbliche di rimprovero, e successivamente una delegazione dei vescovi era stata ricevuta dal presidente Ouattara.
Inoltre, mercoledì 2 settembre, una delegazione di ministri e dirigenti del partito al governo si è recata nella cattedrale di Saint Paul ad Abidjan per rispondere al cardinale Jean Pierre Kutwa che aveva parlato della decisione del presidente Alassane.Ouattara di candidarsi per un terzo mandato e le violenze che hanno fatto seguito a questo annuncio.
FOCUS UCRAINA
Crisi ucraina, il ruolo degli Stati Uniti
Parlando con l’agenzia governativa russa TASS, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha sottolineato che “tutte le parti, inclusi gli Stati Uniti” sono importanti per risolvere il conflitto ucraino, e “siamo in contatto con loro su questo tema. Gli Stati Uniti possono svolgere un ruolo importante in questa situazione, essendo una superpotenza, e stiamo lavorando anche con loro”.
Il Cardinale Parolin ha anche sottolineato che la Santa Sede cerca di evitare di dare responsabilità ad una sola parte, perché “ognuno sulla scena internazionale ha un ruolo maggiore o minore e diversi gradi di responsabilità. Riteniamo che sia necessario contattare tutte le parti per risolvere i problemi. Oggi qui [al VII Congresso dei Leader Religiosi Mondiali e Tradizionali] abbiamo parlato di problemi globali e soluzioni globali, e tutte le superpotenze devono essere coinvolte”, ha detto il porporato.
Alla domanda se il Vaticano stia cercando di influenzare Washington per persuadere l'amministrazione statunitense a facilitare il processo negoziale, il cardinale ha risposto che “la persuasione è sempre difficile perché bisogna essere aperti ad essa”, ma che la Santa Sede sta “lavorando su tutti i fronti, contattando tutti coloro che possono aiutare a porre fine a questo conflitto, ottenere una tregua, avviare trattative che portino alla pace”.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Iran, una morsa contro i cristiani
L’agenzia del Dicastero per l’Evangelizzazione dei Popoli Fides ha messo in luce in un recente rapporto che in Iran non si placa la morsa contro i cristiani, dove c’è stata una escalation di arresti e pene carcerarie nell’ultimo anno.
In particolare, nel 2022 sono state emesse 25 condanne (nel 2021 erano15), mentre nei primi sei mesi dell’anno sono stati operati 58 arresti contro i 72 dello scorso anno. Colpiti, con accuse di violazioni alla sicurezza nazionale e spionaggio, soprattutto i convertiti dall’Islam e di lingua persiana.
Article 18, portale specializzato nel documentare casi di violazione di libertà religiosa in Iran, ha sottolineato che nell’ultimo decennio il governo ha chiuso quasi tutte le chiese di lingua persiana, e che quelle rimaste devono provare che “i loro membri erano cristiani prima della rivoluzione del 1979”, mentre sono “strettamente proibiti gli ingressi di nuovi fedeli.
Gli ultimi casi documentati riguardano un 63enne arrestato a metà agosto (assieme alla moglie), malato di Parkinson in stadio avanzato, e di altre due persone di 58 e 48 anni a inizio settembre, tutti rinchiusi nella famigerata prigione di Evin, alle porte della capitale, tutti fermati perché si professano cristiani. Ma solo uno di loro è considerato “di etnia cristiana”, e cioè il 58enne di origine armena Joseph Shahbazian, mentre gli altri, Homayoun Zhaveh, la moglie Sara e Malihe Nazari, sono persiani, nati musulmani e quindi non considerati cristiani nonostante la conversione.
Gli iraniani di origine armena e assira possono così celebrare parzialmente nei riti della loro fede in chiesa, ma non possono insegnare nella lingua locale e accogliere nella comunità convertiti dall’Islam, con una repressione che ha allarmato la comunità internazionale.
È anche difficile valutare le statistiche delle conversioni. Si parla di un milione di musulmani che hanno abbracciato il cristianesimo, che però non possono riunirsi e che spesso si riuniscono in abitazioni private, le cosiddette “Chiese domestiche” che sono sovente oggetto di raid da parte della polizia, e definite dal leader supremo Alì Khamenei come “false scuole di misticismo” che vanno colpite e perseguitate perché “nemiche dell’Islam con l’obiettivo di minare la religione nella società.
FOCUS VIAGGI
Verso un viaggio di Papa Francesco in Ungheria?
Tornando dal Kazakhstan, Papa Francesco ha fatto sapere di pensare di recuperare il viaggio “ecumenico” in Sud Sudan con il primate della Chiesa anglicana e il Moderatore della Chiesa di Scozia a febbraio, e nel caso di recuperare anche il viaggio annunciato per inizio luglio in Repubblica Democratica del Congo, che è stato poi annullato. Ed è venuta fuori anche l’idea di un viaggio in Bahrein, allo studio per novembre, lì dove il compianto vescovo Ballin aveva avviato la costruzione della Basilica di Nostra Signora di Arabia, ormai completata, e dove si chiuderebbe anche il centro dei rapporti con l’Islam sciita. Dopo uno sbilanciamento in favore dell’Islam sunnita, con il quale Papa Francesco aveva studiato e firmato la Dichiarazione della Fraternità Umana, c’era infatti la necessità di guardare anche all’Islam sciita, e già il viaggio in Iraq, con l’incontro con l’ayatollah al Sistani, andava in quel senso. Ora, il fatto che il Papa possa andare in Bahrein risponde ad un invito che era presente da tempo, e che era stato messo da parte nel 2019 quando il Papa decise, quasi all’improvviso, di recarsi negli Emirati Arabi Uniti.
Ma c’è un altro viaggio che Papa Francesco ha promesso, ed è quello in Ungheria. Si pensava addirittura che in Ungheria, durante questo anno, magari all’abbazia di Pannonhalma che già era candidata per un evento simile negli anni Novanta, ci sarebbe stato l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill.
Di certo, la visita è stata promessa dal Papa anche alla presidente Katalin Novak, quando chiesta è andata in udienza lo scorso mese. Secondo la stampa ungherese, la preparazione della prossima visita di Papa Francesco in Ungheria è stata affidata a Zsolt Semjén, Vice Primo Ministro del governo di Viktor Orbán e presidente del Partito popolare democratico cristiano.
Anche senza ufficialità del viaggio, il governo dell'Ungheria ha sentito la necessità di anticipare i tempi e di procedere alla nomina di un responsabile della visita, secondo fonti vicine al governo.
"Il Governo nomina il Vice Primo Ministro responsabile della preparazione e dell'attuazione della visita di Sua Santità Papa Francesco in Ungheria, prevista per il 2023", si legge in un comunicato del governo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Nonostante Novak abbia fatto sapere che il Papa ha intenzione di visitare il Paese nel 2023, non c’è stata conferma ufficiale del viaggio e Papa Francesco non ha menzionato l’eventualità nella conferenza stampa di ritorno dal Kazakhstan il 15 settembre.
Il cardinale Parolin sul viaggio del Papa in Kazakhstan
Parlando con i media vaticani alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Kazakhstan, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aveva parlato anche della questione della pace, tema centrale del viaggio e del Congresso delle Religioni Mondiali e Tradizionali.
“La guerra – aveva detto il Cardinale - non è mai un evento ineluttabile. Essa ha le sue radici nel cuore dell’uomo, che si lascia guidare dalla vanagloria, dall’orgoglio, dalla superbia e dall’avarizia, come dicevano i Padri della Chiesa. Un cuore così è un cuore indurito, incapace di aprirsi agli altri. La guerra si può evitare facendo un passo indietro, deponendo le accuse, le minacce, le cause della reciproca diffidenza”.
Per il Segretario di Stato, si sono comunque “ridotti a tutti i livelli la capacità di mettersi in ascolto e lo sforzo di comprendere le ragioni di chi la pensa diversamente da noi”.
Il Cardinale ha definito anche “frequenti e fruttuose” le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la repubblica del Kazakhstan, certificata anche dalla partecipazione costante della Santa Sede al Congresso sin dalla sua costituzione, e dal fato che “durante la recente visita in Vaticano del Vice-Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri SE Mukhtar Tileuberdi, sono stati firmati un Memorandum of Understanding tra il Centro Medico Universitario del Kazakhstan e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, e un Memorandum of Understanding tra l’Istituto di Studi Orientali R.B. Suleimenov e la Biblioteca e l’Archivio Vaticano”.
FOCUS AMBASCIATE
Presenta le credenziali il nuovo ambasciatore di Austria presso la Santa Sede
Il 16 settembre, Marcus Bergmann, ambasciatore di Austria presso la Santa Sede, ha presentato le sue lettere credenziali.
Classe 1964, giurista, Bergman ha cominciato a collaborare con il ministero degli Affari Esteri nell’ufficio del consigliere legale nel 1996. Da lì, una rapida carriera, che lo ha portato anche a Ginevra, e poi ad incarichi come quello di negoziatore Capo per i Trattati bilaterali di investimenti, Diritto economico internazionale (2006-2011); Membro della Divisione di Ricorsi in materia di diritto disciplinare presso la Cancelleria Federale (2006-2014); Docente di Diritto economico internazionale ed istituzioni presso l’Accademia Diplomatica (2008-2012); Direttore della
Cooperazione scientifica e del Dialogo interculturale e interreligioso presso il Ministero per l’Europa, l’Integrazione e gli Affari Esteri (2011 - 2022); Membro del Consiglio di Integrazione
presso il Ministero degli Affari Interni (2014 - 2022); Vice Direttore Generale per gli Affari Culturali Internazionali presso il Ministero degli Affari Europei ed Internazionali, con il rango di Ambasciatore (2019 - 2022).
L’ambasciata del Canada presso la Santa Sede organizza un seminario sulle sponsorizzazioni comunitarie dei profughi
Il prossimo 26 e 27 settembre, a Roma, l’Ambasciata del Canada presso la Santa Sede insieme all’International Catholic Migration Commission organizza un seminario sulle Sponsorizzazioni Comunitarie dei Rifugiati. Il seminario è in collaborazione con l’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede, l’Ambasciata Britannica presso la Santa Sede, l’Ambasciata Tedesca presso la Santa Sede e l’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede.
Il seminario sarà in presenza e on line, e rappresenterà – si legge nell’invito – “una opportunità per la società civile e le organizzazioni religiose, i rappresentanti del governo, le organizzazioni internazionali, i rifugiati e altri attori di condividere sfide e lezioni apprese nel raggiungere programmi di sponsorizzazione comunitaria sostenibili, basati sulla persona e di alta qualità che sviluppino soluzioni durevoli per una inclusione di rifugiati sponsorizzati e per aiutare i partecipanti a considerare come definire come alzare la qualità dei programmi in futuro e adottarli ai propri bisogni”.
Il concept paper dell’evento sottolinea che “la società civile, comprese le organizzazioni religiose, stanno svolgendo un ruolo chiave nel sostenere i rifugiati appena arrivati nei vari Paesi del mondo. Negli ultimi 40 anni, un processo deliberato per unire comunità e rifugiati chiamato ‘Sponsorizzazione comunitaria’, che fornisce ai nuovi arrivati un aiuto finanziario, morale e pratico all'arrivo, è stato sperimentato in Canada e ora viene implementato in quasi 20 Paesi su quattro continenti. Questo seminario, svolto su due pomeriggi, sarà un'opportunità di scambio tra coloro che lavorano alla base e con i governi e le organizzazioni internazionali che aiutano a concretizzare questi sforzi.”
Il seminario si svolgerà in due giornate distinte. Il primo giorno saranno ascoltati cinque differenti gruppi della società civile, quasi tutti di tipo religioso, che condivideranno le loro esperienze da cinque nazioni diverse dove le sponsorizzazioni comunitarie sono attive a differenti livelli di sviluppo e implementazione. Il secondo giorno sarà un dialogo con i rappresentanti del governo, le organizzazioni internazionali e i rifugiati.