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Diplomazia pontificia, il viaggio del Cardinale Parolin in Ucraina

Cinque giorni del Cardinale Parolin in Ucraina. Le condoglianze del Papa al segretario generale del Partito Comunista di Vietnam.

Cardinale Parolin, Zelensky | Il cardinale ParoIin nel bilaterale con il presidente ucraino Zelensky, 22 luglio 2024 | X @TerzaLoggia Cardinale Parolin, Zelensky | Il cardinale ParoIin nel bilaterale con il presidente ucraino Zelensky, 22 luglio 2024 | X @TerzaLoggia

I cinque giorni del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, in Ucraina rappresentano la notizia di maggior rilievo della settimana diplomatica. Il cardinale Parolin è tornato per la prima volta in Ucraina dall’inizio dell’aggressione su larga scala della Federazione Russa (vi era stato l’ultima volta nell’agosto 2021, per il trentennale dell’indipendenza ucraina) e ha potuto toccare con mano la realtà del conflitto, senza notizie mediate da varie opinioni personali.

Altro tema di grande interesse: la morte dell’ex segretario generale del Partito Comunista del Vietnam Phu Throng, uno dei fautori del riavvicinamento tra Hanoi e la Santa Sede, che ha meritato un telegramma di condoglianze del Papa – firmato come di consueto dal Segretario di Stato – denso di significato.

                                                           FOCUS UCRAINA

Il Cardinale Parolin in Ucraina, l’incontro con Zelensky

Nell’ultimo giorno della sua visita in Ucraina, il 22 luglio, il Cardinale Pietro Parolin ha avuto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha anche decorato il capo della diplomazia vaticana con l’Ordine al Merito, motivato con il ruolo eccezionale del cardinale nello sviluppo delle relazioni bilaterali e nel supporto all’Ucraina durante l’aggressione russa.

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Durante l’incontro tra i due – riporta il sito della presidenza ucrainaZelensky ha anche ringraziato per la visita del cardinale, che ha toccato più città ucraine (da Leopoli ad Odessa, passando per il santuario mariano di Berdychev e arrivando infine a Kyiv) e per la partecipazione della Santa Sede ai colloqui di pace in Svizzera. “Questo – avrebbe detto il presidente – è il primo passo verso la pace. Tutti i passi sono preziosi. È importante che vengano supportati. Comprendiamo tutti che dobbiamo terminare questo percorso al più presto possibile per non perdere vite umane”.

Durante i colloqui – riporta ancora il comunicato ufficiale – Zelensky e Parolin hanno parlato anche del ruolo della Santa Sede nello stabilire una pace giusta e sostenibile per l’Ucraina, soffermandosi anche sull’incontro dello stesso presidente Zelensky con Papa Francesco a margine del G7 di Borgo Egnazia.

Il presidente Zelensky ha anche ringraziato la Santa Sede per il lavoro di mediazione che portato al ritorno a casa di alcuni prigionieri, inclusi due sacerdoti greco-cattolici ucraini da quasi due anni nelle mani dei russi, con uno scambio che è avvenuto a fine giugno.

Sempre secondo il sito della presidenza, il presidente ucraino e il Segretario di Stato vaticano hanno anche discusso in dettaglio delle conseguenze dell’aggressione russa contro l’Ucraina e del costante terrore aereo, toccando anche la questione dell’attacco missilistico russo all’ospedale pediatrico di Okhmaydt e della difficile situazione umanitaria nel Paese.

Il Cardinale Parolin incontra l’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina

Il 21 luglio, il Cardinale Pietro Parolin è stato in visita presso la Cattedrale della Resurrezione della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, dove ha avuto un lungo colloquio con Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, e dove ha anche visitato il rifugio anti-aereo della cattedrale, ancora utilizzato, che all’inizio del conflitto era diventato un rifugio per molti.
Parlando poi con il Dipartimento di Informazione della sua Chiesa, Sua Beatitudine Shevchuk ha sottolineato che la visita del Cardinale “non è solo un modo per dimostrare la solidarietà di Papa Francesco nei confronti del popolo ucraino, ma anche un messaggio per la comunità internazionale”.

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Secondo Sua Beatitudine, il Cardinale Parolin ha sottolineato che la Santa Sede ha una triplice missione riguardo la guerra in Ucraina. La prima è che questa non diventi una guerra dimenticata. La seconda è una missione umanitaria, che include non solo aiuti umanitari, ma anche di iniziative ad ampio raggio che puntano ad aiutare i bisognosi con medicine, cibo, supporti di vario genere.

La terza missione è diplomatica, e in particolare secondo lo scopo della diplomazia della Santa Sede, che è quello di promuovere una pace giusta e prevenire le guerre.

Parolin ha anche detto a Sua Beatitudine di sapere che in Ucraina si sta aspettando l’arrivo del Papa, ed ha espresso l’intenzione di incontrare il Consiglio Panucraino delle Chiese nella sua prossima visita.

Il Consiglio, che rappresenta il 95 per cento delle confessioni religiose in Ucraina e che da tempo si è costituito in una Onlus che aiuta le popolazioni in zona di conflitto da ben prima dell’aggressione russa su larga scala, è stato a Roma in occasione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani nel gennaio 2023.

Il Cardinale ha anche pregato davanti la tomba del Cardinale Lubomyr Husar, il cui processo di beatificazione è iniziato nel febbraio 2024. Parlando con la stampa a margine della visita, il Segretario di Stato vaticano ha sottolineato di essere felice di essere tornato nella cattedrale, dove ha assistito a “progressi significativi” nonostante la sua visita “non cada in un momento gioioso”, e ha affermato che “la Chiesa deve svolgere un ruolo profetico, pregare per la pace, il cui punto di partenza dovrebbe essere una grande convinzione che con Dio tutto è possibile, e anche se le nostre speranze sono sempre finite e limitate, sappiamo che Dio è più grande di noi e dele nostre capacità”.

La visita del Cardinale Parolin nella chiesa di San Nicola a Kyiv

Il 22 luglio, il Cardinale Parolin ha visitato la chiesa di San Nicola a Kyiv. La chiesa è una delle chiese che dovrebbe essere restituita alla Chiesa Cattolica Ucraina. Per decenni, la Chiesa è stata amministrata dallo Stato, e si era inizialmente fissata la restituzione alla parrocchia al giugno 2022. Ma questa restituzione non è ancora stata finalizzata.

Il cardinale ha avuto un dialogo aperto con il clero e i fedeli riuniti nella chiesa, e l’ufficio parrocchiale ha sottolineato che la visita è un auspicio perché trovi un risultato positivo la questione riguardante la chiesa.

La chiesa di San Nicola è stata anche centro di distribuzione di aiuti per la popolazione ucraina dall’inizio dell’invasione su larga scala. Da più di 30 anni, la comunità cattolica si batte perché la chiesa di San Nicola sia restituita ai fedeli e perché sia ripristinata come parrocchia. Né il memorandum del 5 novembre 2021, in cui il Ministero della Cultura e della Politica dell'Informazione dell'Ucraina si è impegnato a restituire la chiesa alla comunità cattolica entro il 1° giugno 2022, né l'addendum del 4 dicembre 2023 riguardante la restituzione definitiva della chiesa parrocchiale entro l’1 maggio 2024, sono ancora stati rispettati.

Padre Paolo Vyshkovsky, rettore della Chiesa, ha sottolineato che “è triste constatare l’inerzia delle autorità. Lo Stato si è è impegnato a restituire la chiesa, ma il governo non fa nulla al riguardo. Il Ministero della Cultura fa riferimento ai progetti di legge non adottati dalla Verkhovna Rada, la cui assenza rende impossibile il processo di trasferimento. Come se non fossero puntuali adesso. Ma allo stesso tempo viene adottata la legge che annulla il passaggio all'ora ‘estiva’ e ‘invernale’ e viene adottato il progetto di legge sull'attenuazione della pena per corruzione. E dove sono le leggi che ristabiliscono la giustizia in tutto questo? Ma continueremo a lottare per questa giustizia. La chiesa deve essere restituita alla parrocchia e salvata dalla distruzione".

La chiesa di San Nicola, costruita in stile neogotico dal 1899 al 1909 su progetto dell'architetto Wladyslaw Horodecki, ha due torri a sesto acuto alte 62 metri ed è la seconda chiesa cattolica più antica di Kiev dopo la Chiesa di Alessandro. 

Servì al suo scopo originale solo per un breve periodo, poiché la chiesa fu chiusa dal regime comunista negli anni Trenta del Secolo scorso. È stata poi un magazzino ed è stata gravemente danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale. Parzialmente ristrutturata nel Dopoguerra, la cattedrale ha ospitato l’archivio della regione e la Casa dell’organo e della Musica da Camera.

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Nel 1992, la Chiesa cattolica è stata autorizzata a tenere funzioni religiose nella cattedrale, così come concerti. L’ostacolo più grande è stato il trasporto dell’organo in un altro edificio, dato che era stato costruito per la sala da concerto della Casa dell’Organo e della Musica da Camera. Il 3 settembre 2021, lo strumento è stato comunque distrutto da un incendio causato da un difetto tecnico dell’organo, che ha anche danneggiato parti interne della cattedrale.

Il cardinale Parolin incontra il primo ministro ucraino Shmyhal

Il 22 luglio, il cardinale Parolin ha incontrato a Kyiv il primo ministro ucraino Denys Shmyhal. Secondo un post Telegram dello stesso Shmyhal, ripreso da Ukrinform, Parolin e il Primo Ministro di Kyiv hanno discusso “dell’instaurazione di una pace giusta per l’Ucraina, di sicurezza alimentare, del ritorno dei prigionieri e dei bambini ucraini”.

Il primo ministro ha anche “ringraziato la Santa Sede per aver partecipato al Primo Vertice di pace e aver sostenuto le sue decisioni”, e ha sottolineato che l’Ucraina “apprezza molto anche la fornitura di aiuti umanitari da parte della Santa Sede, nonché la partecipazione attiva al processo di ritorno dei bambini e dei prigionieri ucraini deportati”. Il meccanismo per una procedura del ritorno dei bambini in Ucraina (deportati secondo gli ucraini, rimasti in Russia nell’ambito delle operazioni militari secondo i russi) è stata messa a punto durante la missione del Cardinale Matteo Zuppi in Russia e Ucraina.

Shmyhal ha non solo ringraziato per questa operazione, ma ha anche sottolineato di contare “sulla partecipazione e sull’aiuto della Santa Sede per ripristinare le infrastrutture mediche in Ucraina”.

Il Cardinale Parolin a Kyiv, la visita al santuario di Berdychev

Il 21 luglio, il Cardinale Parolin ha celebrato come legato pontificio la Messa che ha terminato il pellegrinaggio nazionale al monastero carmelitano di Berdychev, recando con sé il decreto che faceva del santuario una basilica minore.

Nella celebrazione, il vescovo di Kyiv-Zhytomyr Vitaly Kryvytskyi ha sottolineato che queste celebrazioni sottolineano l'unità della Chiesa, sia in Ucraina, perché qui si sono riuniti cattolici di diverse tradizioni con i loro vescovi, sia a livello universale. Ha letto anche il decreto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Santi Sacramenti sulla concessione al tempio locale dello status di basilica minore e ha informato sulle festività concesse ai partecipanti al servizio.

Il Cardinale Parolin ha sottolineato nell’omelia di essere “felice di essere presente come legato pontificio”, e ha ricordato che il Papa lo ha inviato “per assicurarvi che porta nel cuore la vostra amata patria e condivide il vostro dolore, per testimoniarvi la sua speciale vicinanza e anche per trasmettervi il suo premuroso abbraccio paterno e la sua benedizione.

Il Segretario di Stato vaticano ha anche osservato che il santuario di Berdychev, insieme al santuario di Zarvanytsia, è ormai “uno dei centri spirituali della comunità cattolica ucraina”, dove non solo si chiedono grazie, ma si chiede ormai “ciò che agli occhi di molti può sembrare impossibile: un miracolo, un miracolo di una pace tanto sospirata”.

Al termine della celebrazione, è stato letto l’atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, e il Cardinale Parolin ha donato a padre Vitaly Kozak, abate del santuario, un rosario del Santo Padre, che rimarrà in ricordo della celebrazione. Il cardinale ha anche benedetto le figure di San Michele arcangelo, patrono di Kyiv, consacrate durate il pellegrinaggio al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano del vescovo Vitaly Skomarovsky di Lutsk, presidente della Conferenza Episcopale Ucraina, che ha avuto luogo l’8 giugno 2024. Le immagini sono state consegnate solennemente ai rappresentanti di ciascuna diocesi ucraina.

Dopo aver letto la preghiera per San Michele Arcangelo, il cardinale Parolin ha esortato: “Che queste statue benedetto del Sant’Arcangelo Michele vadano in goni diocesi per chiedere il dono della pace per l’Ucraina in una grande preghiera nazionale. Lascia che la pace regni in te, affinché regni nella tua patria. Dio Onnipotente, benedici l’Ucraina e concedile la pace”.

Il cardinale Parolin tra Leopoli e Odessa

Il Cardinale Parolin era arrivato il 19 luglio in Ucraina, e si era prima di tutto fermato a Leopoli (Lviv), accolto dall’arcivescovo Mieczyslaw Mokrzycki insieme ai suoi ausiliari, e al vescovo assistente dall’arcidiocesi di Lviv appartenente alla Chiesa Greco Cattolica Ucraina.

Nei suoi primi commenti, il Cardinale Parolin ha sottolineato che il motivo della visita è “legato alle celebrazioni nel santuario mariano di Berdychev”, ma che c’era anche la possibilità di “incontrare le autorità del Paese, con il presidente”, per parlare “delle possibile trattative di pace”.

In particolare, il Cardinale ha sottolineato che “fin dall’inizio, Papa Francesco ha cercato il modo di porre fine alla guerra, fino a quella che recentemente è stata definita una pace giusta”.

Il 20 luglio, il Cardinale Parolin ha visitato Odessa, dove ha potuto vedere la devastazione causata dagli attacchi russi, e in particolare la Cattedrale della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, gravemente danneggiata da un razzo il 23 luglio dello scorso anno, nonché i locali distrutti di un albergo e la stazione portuale. Il cardinale ha potuto anche conoscere il lavoro del corridoio del grano ucraino.

Oltre a visitare gli oggetti distrutti dai missili russi, oggi, durante il suo soggiorno a Odessa, il cardinale Parolin ha offerto speciali preghiere per una pace giusta per l'Ucraina nelle due principali chiese cattoliche della città: la Cattedrale latina dell'Assunzione della Beata Vergine Maria e la Cattedrale Chiesa greco-cattolica di San Michele Arcangelo.

Il Cardinale Parolin in Ucraina, un primo bilancio

Parlando con i media vaticani mentre la missione in Ucraina volgeva al termine, il Cardinale Parolin ha parlato in primo luogo del suo incontro con le mamme ucraine, un incontro che “è uno strazio, uno strazio veramente”, perché “pensare che una mamma ancora giovane abbia perso un figlio di 25 anni, non si sa cosa dire”. La tragedia, aggiunge, è quello “dei tantissimi morti, di cui per moltissimi i cadaveri non sono stati neppure recuperati”, mentre “è il dovere umano e il senso cristiano che ci impone di dare una degna sepoltura ai morti”. Inoltre, ci sono “moltissimi feriti, mutilati, invalidi”, che testimonia come la guerra lasci “delle tracce nefaste nella vita e nel corpo della società”.

Il cardinale Parolin ha sottolineato la necessità di continuare ad assicurare aiuto umanitario all’Ucraina, e ha predicato creatività nel percorso diplomatico, perché l’impressione è quella che si sia “abbastanza lontani da una soluzione negoziata”.

Il Cardinale ha ricordato che la Santa Sede ha appoggiato sin dall’inizio la Formula di Pace proposta dal presidente ucraino Zelensky, definita “un tentativo di pace”, che però aveva una sua debolezza nel fatto che la Russia non era stata coinvolta.

                                                           FOCUS VIETNAM

Papa Francesco invia le condoglianze per la morte del segretario generale del Partito Comunista del Vietnam

È un telegramma denso di significati, quello inviato a nome del Papa dal Cardinale Pietro Parolin per la morte di Nguyen Phu Trong, segretario generale del Partito Comunista Vietnamita ed ex presidente del Vietnam. Phu Trong fu a capo di una delle delegazioni che andarono in Vaticano nel 2013, incontrando Benedetto XVI pochi giorni prima della sua storica rinuncia, segnando la continuità di un disgelo dei rapporti tra Santa Sede ed Hanoi che ha portato lo scorso dicembre alla nomina di un rappresentante residente della Santa Sede in Vietnam, ad un passo dallo stabilimento di formali e piene relazioni diplomatiche.

Nel telegramma, Papa Francesco invia “condoglianze a tutti quelli che piangono la sua perdita, specialmente la sua famiglia”, e sottolinea “un particolare apprezzamento per il suo ruolo nello sviluppare e promuovere il positivo sviluppo delle relazioni tra Vietnam e Santa Sede”.

Phu Trong è morto lo scorso 19 luglio, all’età di 80 anni. Dal 2011, come segretario generale del Partito Comunista, è stato la figura al vertice della gerarchia politica del Paese. Fu lui a definire la cosiddetta “politica del bambù”, una politica di distensione internazionale che ha riguardato anche i rapporti con la Santa Sede.

C’è ora molta attenzione per la successione a Phu Throng, che si inserisce nell’ambito di una seria di scontri interni al partito. Infatti, l’ex ministro della Sicurezza pubblica To Lam ha guadagnato terreno a seguito delle “dimissioni” di molti altri leader di spicco travolti dalle campagne anticorruzione, tra cui lo stesso ex presidente Vo Vhan Tuong, con cui la Santa Sede aveva firmato gli accordi lo scorso luglio. L’auspicio è evidentemente che non vi siano cambiamenti di rotta nel percorso verso il ristabilimento di relazioni diplomatiche piene e l’auspicata visita del papa, che è già stato invitato ufficialmente da Hanoi lo scorso mese di dicembre. Un percorso più volte indicato come un modello della via che il Vaticano vorrebbe imboccare anche nelle relazioni con Pechino.

Dopo il viaggio compiuto ad aprile dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, entro la fine dell’anno era atteso in Vietnam anche il cardinale Parolin. Un’agenda che andrà ora verificata alla luce degli sviluppi interni della situazione ad Hanoi.

                                                           FOCUS NUNZIATURE

Papa Francesco nomina il nunzio apostolico nello Yemen e il delegato apostolico nella Penisola arabica

Il 23 luglio, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Christophe Zakhia El-Kassis, nunzio negli Emirati Arabi Uniti, come nunzio apostolico nello Yemen e delegato apostolico nella penisola arabica. L’incarico è collegato alla nunziatura negli Emirati Arabi Uniti, cui l’arcivescovo el Khassis è stato destinato ad inizio del 2024.

Nato a Beirut, in Libano, il 24 agosto 1968, l’arcivescovo El-Kassis è stato ordinato sacerdote il 21 maggio 1994. È entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il 19 giugno 2000 e ha prestato la propria opera nelle nunziature apostoliche in Indonesia, Sudan, Turchia e nella sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Conosce diverse lingue: l’arabo, il francese, l’italiano, l’inglese, l’indonesiano, lo spagnolo e il tedesco.

La nunziatura apostolica negli Emirati Arabi Uniti è la rappresentanza diplomatica della Santa Sede nel Golfo Persico. La nunziatura è stata costituita, separandola dalla delegazione apostolica nella Penisola Arabica, dopo aver stabilito le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e gli Emirati Arabi, il 31 maggio 2007. Il nunzio apostolico risiedeva in Kuwait ma, nel 2022, è stata aperta anche una sede diplomatica ad Abu Dhabi. 

Papa Francesco nomina il nunzio in Nuova Zelanda

Il 26 luglio, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Gabor Pinter nunzio in Nuova Zelanda. Dal 2019 era nunzio in Ecuador, dove aveva appena celebrato la riapertura della nunziatura. Ma il nunzio aveva aperto un’altra nunziatura, quella in Belarus, nella sua precedente posizione. Classe 1964, sacerdote dal 1988, è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1996. Ha prestato servizio nelle nunziature di Haiti, Bolivia, Svezia, Francia, Filippine ed Austria, prima di essere nominato nunzio in Bielorussia. Poliglotta, è conosciuto per essere molto abile nel districarsi tra i problemi.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra, verso la revisione del trattato di non proliferazione nucleare

Lo scorso 23 luglio, si è tenuto a Ginevra il secondo comitato preparatorio della Conferenza di Revisione sul Trattato di Non Proliferazione delle Armi nucleari, che avrà luogo nel 2026.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Balestrero ha notato che la Santa Sede è “profondamente preoccupata dalla minaccia esistenziale che la proliferazione nucleare e quella delle armi nucleari continuano a porre”, una minaccia “esacerbata dall’ambiente strategico teso e l’attuale modernizzazione ed espansione degli arsenali nucleari”, che rende “la pratica della deterrenza nucleare meno stabile e sempre più preoccupante”.

Secondo la Santa Sede, è “imperativo riconoscere che gli arsenali nucleari come strumenti di strategia militare portano anche una attiva disposizione per il loro uso”, e per questo ricorda che il Papa ha dichiarato immorale anche il solo possesso delle armi nucleari, mentre preoccupa non solo la crescita delle spese militari riguardanti le armi nucleari, ma anche la crescita retorica riguardo la minaccia del loro possibile uso”. Minacce, sottolinea Balestrero, che sono considerate “un affronto all’intera umanità, perché una guerra nucleare potrebbe indubitabilmente avere un impatto devastante e irreparabile, con una perdita di vite umane non comparabile”.

I conflitti in corso, a partire dalla guerra in Ucraina – afferma la Santa Sede – sono “un ulteriore segnale che la ricerca di dialogo deve essere senza sosta”.

La Santa Sede propone tre aree di riflessione. La prima: considerare che la non proliferazione e il disarmo non sono solo obblighi legali, ma anche responsabilità etiche, e dunque possono essere raggiunti “solo sulla base di una etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro definito dall’interdipendenza e dalla responsabilità condivisa della intera famiglia umana di oggi e domani”.

La seconda: alla luce delle tensioni attuali e dalla crescente minaccia nucleare, è “urgente ripristinare un dialogo sincero con la visione di stabilire limitazioni vincolanti su tutte le armi nucleari e i loro sistemi di distribuzione su larga scala”, e per questo la Santa Sede “chiede a tutti gli Stati in possesso di armi nucleari di impegnarsi nei negoziati con l’obiettivo di ridurre il materiale di stoccaggio secondo gli obblighi” del trattato, considerando che l’inazione “ha il potenziale di crescere i rischi associati alla proliferazione”, considerando che le nuove cybertecnologie usate per i sistemi nucleari li rende anche vulnerabili.

Infine, la Santa Sede nota gli enormi costi associati alle armi nucleari che colpiscono il bene comune globale, e ribadisce la proposta di stabilire un fondo globale, finanziato con porzioni del denaro speso in armi e militare con lo scopo di sradicare la fame e promuovere lo sviluppo nelle nazioni più povere – la proposta fu lanciata da Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio.

Inoltre, la Santa Sede chiede anche di esplorare come rinforzare il Trattato Sulla Proibizione delle Armi Nucleari e il Trattato di non proliferazione, specie nelle aree della verifica del disarmo nucleare, e chiede spirito di collaborazione tra Stati nucleari e Stati non nucleari.

                                                                       FOCUS AFRICA

Africa, il Cardinale Ambongo chiede riconciliazione

Il Cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, ha sottolineato che “il continente africano è pieno di problemi: povertà reale, instabilità politica, conflitti etnici e religiosi, guerre, terrorismo, migrazione e rifugiati, cattivo governo, corruzione, degrado ambientale, traffico di armi, droghe e persino persone”. Insomma, c’è “disperazione e una cattiva gestione delle risorse naturali”.

Le dichiarazioni del cardinale sono state diffuse alla vigilia delle celebrazioni per il 55esimo anniversario del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar, il SECAM.

Nella sua dichiarazione, il cardinale ha chiesto alla Chiesa di “proclamare la buona novella di Gesù Cristo, che è speranza, pace, gioia, armonia, amore e unità”, e questo perché “il continente è ancora affamato di Gesù Cristo, che è la sola fonte di vera riconciliazione”.

Secondo l’arcivescovo di Kinshasa, la vera riconciliazione “ha a che fare con la giustizia e la pace”, due valori che sono “parte integrante dell’evangelizzazione”.

Il cardinale Ambongo ha sottolineato che “ogni membro della Chiesa- Famiglia di Dio in Africa è chiamato a proclamare il Vangelo di speranza dovunque essi siano”, anche nell’economia,  assumendosi le proprie responsabilità e diventando il “lievito che trasforma le istituzioni e la società dall’interno, facendo scomparire le strutture di peccato, la violenza, la corruzione e l’ingiustizia”.